Un sogno che rischia di infrangersi

Prima è capitolata Ras Lanuf e, questa mattina, anche Brega. Ora Bengasi, la capitale della Cirenaica da cui è partita la rivolta popolare trasformatasi in guerra, si prepara all’assedio. In sole 36 ore il sogno di una Libia libera dalla dittatura di Gheddafi sembra inesorabilmente sfumare. Sedici giorni fa, diecimila persone celebravano, nella piazza principale […]

Prima è capitolata Ras Lanuf e, questa mattina, anche Brega. Ora Bengasi, la capitale della Cirenaica da cui è partita la rivolta popolare trasformatasi in guerra, si prepara all’assedio. In sole 36 ore il sogno di una Libia libera dalla dittatura di Gheddafi sembra inesorabilmente sfumare. Sedici giorni fa, diecimila persone celebravano, nella piazza principale di Bengasi, l’inarrestabile avanzata degli insorti ed anche i più cauti erano convinti che la caduta del Rais, al potere in Libia da 42 anni, fosse questione di giorni. Ora, invece, la linea del fuoco arretra giorno dopo giorno ed è del tutto evidente il tracollo della anarchica armata dei rivoltosi, incalzati sempre più dall’esercito e dai mercenari messi in campo dal Rais. La tv di Stato libica ha annunciato che la città di Brega, nell’est, è stata “ripulita delle bande armate” e, oggi, tutte le comunicazioni dei telefoni cellulari si sono interrotte a Bengasi, estrema roccaforte dell’insurrezione, mentre le forze fedeli al colonnello stanno avanzando. I ‘lealisti’ continuano ad avanzare verso Est, costringendo gli insorti alla ritirata con bombardamenti e attacchi con missili e mortai. Seif al-Islam, il figlio più guerrafondaio di Gheddafi, ha promesso “una guerra ad oltranza”, affermando che i governativi hanno gia’ ripreso “il 90% del Paese”. E’ stavolta è vero e non solo propaganda di stato. Ma se il terreno sta per ora favorendo il colonnello, il suo isolamento internazionale è pressoché completo. Oggi anche la Russia lo mette al bando. Il presidente Dmitri Medvedev ha annunciato che il leader libico e la sua famiglia non potranno entrare nel Paese e che sarà bandita la possibilità di condurre operazioni finanziarie libiche in territorio russo. E alla Libia sarà dedicata in larga parte la riunione dei ministri degli Esteri del G8, oggi e domani a Parigi. La Francia intende premere affinché sia varata al più presto una no-fly zone sul Paese a fonte del rapido avanzare delle truppe del raìs. Alla riunione è prevista anche la partecipazione del segretario di Stato americano, Hillary Clinton. La Francia per ora è l’unico Paese occidentale ad aver apertamente riconosciuto come organo legittimo il Consiglio di transizione dei ribelli. Una delegazione del Consiglio è stata anche ricevuta dal presidente Nicolas Sarkozy. Con l’eccezione della Cina, sono presenti a Parigi, tutti i ministri degli Esteri dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cioè coloro che possono effettivamente decidere se varare il divieto di sorvolo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Russia. Ci sarà anche l’Italia, che si dice pronta a seguire ogni decisione europea purché condivisa. Presenti anche Germania – cruciale per ogni decisione a livello Ue – Canada e Giappone. I crimini e le gravi violazioni commessi contro il popolo libico dal suo governo privano Gheddafi di legittimità, e per questo i ministri degli Esteri arabi hanno chiesto all’Onu di assumersi le proprie responsabilità e di decidere immediatamente l’istituzione di una zona di esclusione aerea sulla Libia. Nello stesso tempo hanno deciso di avviare “canali di contatto” con il Consiglio Nazionale Transitorio libico di Bengasi per portare aiuto al popolo. Questo a conclusione di una riunione straordinaria di 21 ministri degli esteri dei paesi della Lega Araba, durante la quale, da indiscrezioni trapelate , tre soli Paesi si sono detti apertamente contrari alla ‘no fly zone’: Siria, Algeria e Mauritania. L’appoggio arabo soddisfa una delle tre condizioni imposte dalla Nato per portare avanti la sua politica sullo spazio aereo libico. Le altre sono una necessità conclamata e una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma le notizie di intrecciano e contraddicono ed una agenzia di Reuters Italia, ci dice che, pare, che Gheddafi abbia, in queste ore concitate, incontrato gli ambasciatori russi, cinesi e indiani, per chiedere loro di investire nel settore petrolifero libico, che ha subito importanti ritardi dallo scoppio delle rivolte e in seguito alla fuga di decine di migliaia di lavoratori del settore. Dopo aver usato le minacce ora Gheddafi usa il petrolio per tenersi stretti gli ipotetici alleati. Di fatto il tempo lavoro contro i rivoltosi ed a favore di Gheddafi che, resistendo e contrattaccando, è riuscito a mettere in evidenza le debolezze di un fronte internazionale tanto vasto da poterlo schiacciare in un attimo, ma tanto debole da non essere riuscito ad eliminarlo. In effetti, come scrive su Il Tempo Davide Giacalone, ciascuno dei leader politici coinvolti sul piano internazionale, ha pensato d’essere più furbo degli altri, ciascuno di favorire meglio i propri interessi nazionali e tutti sono finiti nella trappola dell’impotenza. La soluzione sarebbe stata a portata di mano, se solo qualcuno avesse potuto disporre di qualcosa di simile a servizi segreti efficienti. Invece è divenuto di moda aspettare, riunirsi e non decidere, spiccare mandati di cattura e chiedere processi, da celebrarsi davanti a improbabili corti. Processi nel corso dei quali le democrazie finiscono con il condannare se stesse e le loro relazioni d’affari, mentre si spengono nel sangue sogni di autentica libertà.

Carlo Di Stanislao

 

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