La problematica dell’ecoturismo trova nel settore dei parchi e delle riserve naturali protette il suo punto di riferimento più significativo e, in prospettiva futura, più ricco di sviluppi e di interventi innovativi, tant’è che il modello di ecosviluppo realizzato dall’ente parco può rappresentare davvero una valida opzione (se non addirittura l’unica soluzione ragionevole) per il futuro delle zone di montagna nel nostro paese, con particolare riguardo all’area del Mezzogiorno. La rilevanza di tale argomento è sottolineata dalla istituzione nel 2003 dell’Osservatorio Permanente sul Turismo Natura, inteso quale strumento funzionale alla realizzazione di studi specifici in grado di fotografare un segmento del fenomeno turistico allo stato attuale in grande crescita, e con interessanti aspettative sia fra i residenti nei parchi che fra i turisti. I parchi nazionali, quelli regionali e tutte le altre forme di protezione ambientale spaziano infatti su di una porzione particolarmente estesa di territorio, pari a circa il 10% di quello nazionale, ed in quanto tali costituiscono da un lato il primo autentico baluardo di difesa dell’ambiente, sottraendolo ad un destino di degrado e sfruttamento cui sarebbe altrimenti condannato, dall’altro possono essere valutati come un poderoso meccanismo di pianificazione e promozione del territorio di riferimento, proiettandolo in nome di una crescita culturale, sociale ed economica verso l’unico obiettivo credibile del turismo ecologico. La perfetta simbiosi tra questa tipologia di turismo ed il settore dei parchi, d’altro canto, può essere desunta da una considerazione di fondo assolutamente logica, giusta la quale se è vero che il parco è un bene appartenente alla collettività, dunque aperto al godimento di tutti, è parimenti evidente che proprio per questo motivo tutti debbono accedervi civilmente, senza arrecare danni all’habitat naturale, e rispettando al contempo cultura, tradizioni ed abitudini delle popolazioni residenti. Si impone così l’esigenza di un turismo di qualità, nell’ambito del quale i visitatori si facciano portatori di un autentico interesse per la natura e, più in generale, per tutto quello che concerne l’area di destinazione. Nell’ottica dell’ecoturismo, l’unica, ribadiamolo, prospettabile e perseguibile, un parco si farà dunque promotore di un programma di intervento, volto a conciliare due elementi apparentemente (e tradizionalmente) ritenuti opposti, la conservazione e lo sviluppo, sostituendo ad una logica di antitesi una filosofia di integrazione e simbiosi, che sia in grado di offrire impulso economico e sociale alle colletività locali. Suddetta filosofia, che a ragione può essere dpinta come la “filosofia dell’ecoturismo”, è a sua volta sintetizzabile nei seguenti punti; – un parco, in nome dei principi di conservazione e sviluppo, deve favorire il recupero dei valori culturali (naturali, storici, artistici, architettonici, archeologici) e, in senso lato, di una qualsivoglia componente in cui si riflettano l’identità del luogo e della sua gente; – un parco può contribuire in modo decisivo a selezionare ed orientare il flusso ecoturistico e ad allungare la stagione turistica, rendendo così tutte le attività ad essa inerenti più efficienti, appetibili e competitive; – il parco, in sostanza, deve diventare l’elemento di raccordo tra la “domanda di natura” espressa dalle zone economicamente (e turisticamente) più evolute e l’”offerta di natura” proveniente dalle zone deboli, traducendosi perciò in una cerniera ideale di collegamento e distribuzione tra domanda ed offerta ecoturistica.
Posto quindi che l’ecoturismo non possa assolutamente prescindere dalla tutela dell’ambiente e delle culture nate e sviluppatesi nel suo ambito, è parimenti indubbio come proprio facendo leva sulle aree naturali protette i flussi turistici ad esso inerenti vadano necessariamente incrementati, attraendo gruppi di viaggiatori numericamente sempre più consistenti, oltre che esigenti in tema di qualità dell’ambiente e di autenticità nei rapporti con i residenti.
Giuseppe Di Braccio
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