La Cina e la sua piu’ grande rivoluzione su rotaia della storia

Da un decennio la Cina punta con grande investimento di risorse sull’ammodernamento della sua rete ferroviaria con la costruzione di nuove linee, soprattutto ad alta velocità. La più famosa (e per certi versi famigerata) è senz’altro la linea ferroviaria che collega la Cina al Tibet, meglio Golmud, città della provincia cinese del Qinghai, con Lhasa, […]

Da un decennio la Cina punta con grande investimento di risorse sull’ammodernamento della sua rete ferroviaria con la costruzione di nuove linee, soprattutto ad alta velocità.

La più famosa (e per certi versi famigerata) è senz’altro la linea ferroviaria che collega la Cina al Tibet, meglio Golmud, città della provincia cinese del Qinghai, con Lhasa, storica capitale tibetana. Ma questo è soltanto l’episodio più eclatante: in questi ultimi anni la Cina ha messo in campo la più grande rivoluzione su rotaia della storia, pari a quella degli albori della ferrovia americana che collegava la costa est a quella ovest dei nascenti Stati Uniti (e oggi sono proprio i cinesi a rammodernare questa linea).

Dal Tibet a Hong Kong, da Pechino alle capitali europee, il governo cinese ha inaugurato un faraonico piano di investimenti che prevede la trasformazione dei trasporti e dei collegamenti soprattutto tra le grandi città. La ferrovia dovrà diventare una reale alternativa al traffico su gomma, sinora completamente privilegiato dalla costruzione di enormi arterie autostradali: un programma che a parole viene promesso in tutti gli stati industrializzati ma che forse in Cina troverà una effettiva concretizzazione. I treni cinesi tuttavia si stanno diffondendo nel mondo dall’Africa all’America Latina, come testimonia il progetto di una linea che dovrebbe attraversare la Colombia per bypassare il Canale di Panama.

Si parla di aumentare la lunghezza della rete ferroviaria interna dai circa 70.000 km odierni ai 100.000 entro il 2020 per un investimento complessivo di centinaia di miliardi di dollari, una cifra approssimativa che pare destinata ad aumentare. È molto difficile però orientarsi in questi dati spesso iperbolici e contrastanti tra di loro. Il fiore all’occhiello di questa trasformazione è rappresentato dai treni ad alta velocità (si passerà dagli attuali 7 mila km di binari a 20.000), una tecnologia dapprima importata da Stati Uniti, Giappone ed Europa, ma oggi quasi del tutto cinese.

La linea ad alta velocità che in meno di 5 ore percorrerà i più di 1400 km che dividono Pechino da Shangai sarà il fiore all’occhiello delle nuove ferrovie cinesi. La “ prima pietra” di questa imponente opera è stata messa il 18 aprile 2008 mentre il 15 novembre è stato posto l’ultimo tratto di rotaia: un tempo di costruzione veramente da record, frutto di un enorme sforzo anche tecnologico. Ora manca soltanto l’inaugurazione e l’avvio del traffico passeggeri che dovrebbe avvenire nei prossimi mesi. I dati forniti dal Ministero cinese delle ferrovie sono trionfali: la velocità massima dei convogli supererà la barriera dei 400 km all’ora (mentre in precedenza si arrivava poco sopra i 200km/h) per non utilizzare terre coltivabili l’80% del tracciato sarà sopraelevato attraverso ponti e viadotti, sono stati rispettati in maniera rigorosa gli standard di sicurezza per i quasi 2 milioni di lavoratori impegnati nel progetto.

Ma non finisce qui. La linea che collega Guangzhou a Hong Kong, anch’essa ad alta velocità, presenta uno dei più lunghi tunnel subacquei del mondo: 10,8 km di galleria sotto l’estuario del Fiume delle perle nella provincia del Guangdong. Questa ferrovia, in costruzione dal novembre 2007, dovrebbe essere operativa entro il 2012.

La priorità riguardo alla rete ferroviaria interna non fa dimenticare al governo nazional comunista l’apertura internazionale. La Cina sarà collegata con una ventina di paesi stranieri attraverso tre direttrici: verso il sud est asiatico, verso l’Europa passando per l’Asia centrale, verso la Siberia e la Russia Europea.

La sfida dell’alta velocità ha costretto la Cina a fare i conti con un delicato settore di innovazione in cui la tecnologia europea e giapponese fino a pochi anni fa era all’avanguardia. Dapprima la dirigenza cinese voleva fare tutto da sé ma dal 2006 si fece strada l’idea di un accordo con aziende leader di questo tipo di trasporto, quali la Alstom (francese, con sedi anche in Italia), la Siemens (tedesca) e la giapponese Mitsubishi-Kawasaki. Contemporaneamente un riassetto interno ha portato alla nascita di China South Locomotive & Rolling Stock (Csr), una nuova società frutto della fusione delle maggiori aziende domestiche del settore con 80mila dipendenti e 5 miliardi di dollari di giro d’affari (dati 2008), che ha concentrato al proprio interno tutte le attività dell’industria ferroviaria: dal recupero e la costruzione delle locomotive, alla realizzazione di vagoni merci e di componentistica.

Proprio la Alstom dovrebbe fornire i convogli per l’alta velocità: treni che parlano anche italiano in quanto sono prodotti negli stabilimenti di Savignano e di Sesto San Giovanni. Tuttavia emerge sempre il rovescio della medaglia: benché la Alstom si prefissi obiettivi di tutela ambientale essa è una delle principali protagoniste del business delle dighe dal Kurdistan al Sudan, progetti che devastano l’ecosistema e minacciano la vita delle popolazioni circostanti.

Dietro ogni progresso tecnologico si celano inevitabili questioni ambientali, economiche e politiche. Purtroppo la Cina ci ha abituato di tener conto solo di quest’ultime anche se non bisogna dimenticare gli sforzi per un’innovazione positiva. Ma il modello di sviluppo non cambia. Così ritorniamo in Tibet, alla progettata linea ferroviaria che dovrebbe portare da Lhasa alle pendici dell’Everest e che avrebbe devastanti conseguenze ambientali. In questo caso però si può proprio dire che il treno cinese non si ferma.

Piergiorgio Cattani – unimondo

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