Anche se, secondo i vari commentatori, sono particolarmente sotto pressione, dopo che la loro coalizione è uscita dal Parlamento della Renania-Palatinato ed ha ottenuto solo il 5,3% nel Baden-Wuerttemberg, né Guido Westerwelle, ledaer dell’Fdp, né la cancelliera Angela Merkel, prevedono rimpasti di governo. La paura del nucleare giapponese ha giocato un ruolo fondamentale nella sconfitta subita alle elezioni regionali dal partito del cancelliere tedesco, ma gli analisti sostengono che il governo, anche se indebolito, andra’ avanti con il suo operato. I Cristiano Democratici (CDU) hanno perso nella regione di Baden-Wuerttemberg, che ha una forza economica pari a quella dell’intero Belgio, dove avevano governato per 58 anni, mentre i Verdi antinuclearist hanno ottenuto un risultato record del 24%, raddoppiando i consensi rispetto al 2006 e i democratici della FDP, formazione alleata sia al governo della regione che a livello nazionale, è uscita malconcia dal confronto con l’opposizione. Sabato scorso, alla vigilia delle elezioni tedesche e mentre in Italia 300 mila scendevano in piazza per ricordare a tutti di votare contro nucleare e privatizzazione dell’acqua il 12 e 13 giugno prossimi, decine di migliaia di tedeschi hanno manifestato nelle piazze di Berlino, Amburgo e Monaco di Baviera chiedendo la chiusura delle centrali nucleari. La Merkel, a ottobre aveva annunciato di voler prolungare l’attività delle 17 centrali nucleari per le quali era stata decretata la chiusura entro il 2021, per 8 o addirittura 14 anni, a seconda della data di entrata in funzione. Un progetto che aveva scatenato le polemiche di cittadini e ambientalisti ma sul quale la Merkel era tornata indietro dopo il terremoto giapponese. All’indomani del disastro di Fukushima, la Merkel aveva infatti comunicato che la Germania aveva bisogno di una nuova valutazione dei rischi sulle centrali attive e che quindi sarebbero state temporaneamente chiuse le sette centrali più vecchie. Ma la sua inversione di marcia è arrivata troppo tardi. Il risultato della consultazione nello stato del sudovest della Germania, che confina con Francia e Svizzera, ha segnato una pesante umiliazione per la Merkel, dopo le sconfitte gia’ subite nel Nord Reno-Westfalia a maggio e ad Amburgo lo scorso febbraio. Sarà molto interessante nelle prossime settimane valutare i cambiamenti che si verificheranno in Germania, già capofila mondiale della riscossa delle energie rinnovabili. Ricordiamo che lo scenario del governo prevedeva che fra vent’anni la metà dell’energia elettrica sarebbe stata verde e che entro il 2050 almeno l’80% della domanda elettrica sarebbe stata coperta dalle rinnovabili. Su La Repubblica già si parla di grigio declino della Merkel, un leader che non riesce ad essere all’altezza del ruolo che la Storia le ha affidato. “Una ragazza viziata, che ha paura della propria ombra”, era stato già anni fa il lapidario commento che Helmut Kohl, suo padrino politico, confessato ad un vecchio amico italiano. L’aspetto paradossale di questa che è stata definita “tragedia del grigiore”, è che tutti i “nein” della Merkel, tutte le sue esitazioni, nascevano dal timore di scontentare l’opinione pubblica tedesca. Ha avuto paura di sfidare l’egoismo dei propri elettori venendo in aiuto della Grecia e degli altri Paesi strangolati dai debiti. Ha avuto paura di seguire la Francia nella sfida a Gheddafi. Ha avuto paura di dare all’Ue un Presidente di alto profilo e un ministro degli esteri autorevole. Ha avuto paura di creare una difesa europea e di dotare l’Europa di un bilancio degno di questo nome. Tutto questo in nome dei sondaggi d’opinione, per inseguire i fantasmi e le fobie del proprio elettorato. Ed ora è proprio questa opinione pubblica che sanziona il declino di una Cancelliera che non ha saputo dare alla Germania la leadership che le spetta in Europa, e all’Europa il ruolo che le spetta nel mondo. Il trionfo dei verdi dimostra che Fukushima fa più paura di Tripoli, di Atene e di Bruxelles. Ma anche sulla questione nucleare Kohl l’aveva ammonita, questa volta pubblicamente, a non inseguire i sondaggi, a dimostrare il coraggio e la coerenza che si richiede ad un vero leader. Angela Merkel non lo ha ascoltato. Da noi intanto, mentre Berlusconi pensa ai suoi guai giudiziari e lascia i suoi ministri nelle pesti della questione libica, mentre, sul nucleare, si annuncia (sempre da parte del ministro e non del leader) una moratoria, che lascia sparare che l’avventura nucleare si sia ormai definitivamente chiusa e che il prossimo referendum non farà che rafforzare questo esito. Il tentativo di rilancio, peraltro, era stato gestito in maniera dilettantesca, con ritardi clamorosi: si pensi all’Autorità per la sicurezza nucleare, che fino alla settimana scorsa si riuniva al bar e che non ha ancora un direttore. Ma era evidente la mancanza di consenso da parte delle istituzioni locali, oltre che nell’opinione pubblica. I costi poi erano molto più alti di quelli dichiarati e il mondo finanziario era assolutamente scettico rispetto alla reintroduzione della tecnologia. Va qui ricordato o che lo scenario del governo prevedeva che fra vent’anni la metà dell’energia elettrica sarebbe stata verde e che entro il 2050 almeno l’80% della domanda elettrica sarebbe stata coperta dalle rinnovabili ed invece, in questi anni, non si è fatto proprio nulla. Gianni Silvestrini, su Energie.it, ci dice che ora, il governo dovrebbe orientare gli sforzi verso una incentivazione del fotovoltaico, verso una riduzione degli sprechi, una forte crescita dei parchi eolici off-shore, il potenziamento della rete con una particolare accento sulle smart grids e, infine un’attenzione alle soluzioni per l’accumulo dell’energia. Ma davvero non so se Berlusconi troverà il tempo per questa ed altre quisquiglie (problema Libia e Nord-Africa in testa), soprattutto ora che, dopo otto anni, cambia strategia e si comporta da imputato modello prendendo parte all’udienza preliminare preliminare di Mediatrade e pronto a recarsi dai giudici il 6 aprile, per l’inizio del caso Ruby. In questo modo l’icona di un premier tutto all’attacco lascia spazio a quella inedita di un imputato modello, ”attento e tranquillo” come lo ha descritto il suo legale, Niccolo’ Ghedini, un Berlusconi rispettoso delle regole e delle procedure, tanto da arrivare perfino a salutare, con tanto di stretta di mano, il pm Fabio De Pasquale. Qualcuno sussurra che tutto dipende dai sondaggi, dai quali emergerebbe che gli stessi sostenitori del Pdl apprezzano maggiormente un premier che si presenta ai processi piuttosto che un Berlusconi pronto a sfruttare il suo status di primo ministro per evitare le aule giudiziarie. E oltr a ragioni di convenienza in termini di consenso elettorale potrebbero aver pesato anche motivi piu’ sottili e tattiche piu’ strettamente processuali. Ma e’ chiaro che se il magistrato inquirente definito dallo stesso premier ”un famigerato”, oggi e’ diventato un uomo meritevole di una stretta di mano e quindi del rispetto dell’imputato, significa che nell’orizzonte di Berlusconi qualcosa e’ davvero cambiato. Comunque sia, sarà sempre più preso dai processi, per presentarsi in aula ed ostacolarmi o svilirli dal Parlamento e sempre meno incline alla risoluzione dei nostri problemi sia interni (lavoro, giovani, cultura), che internazionali. E che sia poco attento o fortemente distratto, lo dimostra il recente, ennesimo strappo tra lui e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla nomina a ministro di Saverio Romano, una vera e propria forzatura poiché il Capo dello Stato aveva già espresso le sue perplessità sulla nomina a ministro di un indagato per mafia. In un precedente incontro aveva infatti consigliato al Cavaliere di attendere il primo aprile per la nomina, il giorno in cui i giudici valuteranno se archiviare o imporre lo svolgimento di nuove indagini su Romano accusato di concorso in associazione mafiosa; ma la “forzatura” di Berlusconi, è apparsa non solo intempestiva, ma anche imprudente nei confronti dell’alleato leghista. Così Umberto Bossi, in una intervista rilasciata a Libero, fa tremare il Cavaliere, con una mezza apertura verso il Pd, contenuta nella affermazione: “con la sinistra c’è un dialogo che va avanti da tanto tempo”. Saverio Romano non sembra un nome particolarmente apprezzato da Bossi, che ammette che, per ottenere gli obiettivi di “dare la terra ai giovani e risolvere il problema delle quote latte”, si sentirebbe più garantito con un leghista al dicastero. Ma Berlusconi da un lato ha molti problemi ad ingombrare la sua mente e dall’altro non ha tempo ed il gruppo dei Responsabili è determinante e perciò lo ricatta. I Responsabili, infatti, rivendicano almeno cinque posti, 4 da sottosegretario e uno da viceministro, sicchè Berlusconi, che non ha tempo da perdere, intende approvare un ddl che avrà una corsia preferenziale e che modificherà la legge Bassanini, ampliando il numero della squadra di governo. Per quanto concerne Scilipodi, che già fa un convengo di partito con il simbolo del Tao, ma avrebbe meglio fatto ad usarne uno più consuno al suo opportunismo, si accontenterà di una legge sull’agopuntura che, comunque, molti agopuntori disprezzano per il prezzo che è costata. Pur concedendo assoluta libertà all’individuo, infatti, il Taoismo vero inchioda ciascuno alle sue scelte etiche e morali e vi sono scelte che non sono barattabile, in nessun caso. Va ricordato a Scilopodi, una più attenta lettura del Dao De Jing, in cui è posto in risalto che la vera virtù e soprattutto coerenza senza utilitarismo, mentre tutte le altre forme sono deteriori e convenzionali.
Carlo Di Stanislao
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