Il silenzio: tra la gente e nella gente. Nel secondo anniversario del terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo (6 aprile 2009) il fotografo e regista Paolo Pisanelli, con il suo film-documentario ‘Ju tarramutu’ (il terremoto in dialetto aquilano) usa soprattutto la voce del silenzio per tenere vivo il ricordo ma, soprattutto, l’interesse su quel sisma che due anni fa ha cambiato la storia e la vita della città dell’Aquila e del suo circondario. “Un viaggio nei territori della città più mistificata d’Italià, recita il sottotitolo del film che lo stesso regista definisce ‘uno scoppio di passione, di rabbia e d’amore”. “Alla violenza naturale del terremoto – spiega Paolo Pisanelli, che ha presentato oggi a Roma il suo film, nelle sale proprio dal sei aprile, distribuito da ZaLab – si sono sovrapposte la voracità degli interessi, la velocità delle urbanizzazioni, l’impatto violento del Progetto C.A.S.E. che ha sconvolto senza pianificazione un territorio bellissimo. E, nel tempo, lo smarrimento degli abitanti è diventato rabbia, ribellione contro gli sprechi, le carenze organizzative, le speculazioni politiche ed economiche….”. Laureato in architettura e diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, docente di Comunicazione Multimediale alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo e impegnato dal 1996 nella realizzazione di film documentari, Paolo Pisanelli ha usato soprattutto la drammaticità delle immagini per rendere al meglio i sentimenti e gli umori di un comprensorio ferito e di una popolazione che ora si sente abbandonata. “C’é una cosa – insiste ancora il regista – che nessuna tv, nessuna radio può riportare fedelmente: il silenzio. Nei primi giorni dopo il sisma il silenzio era ovunque. Non solo tra le macerie. Le persone andavano in giro come fantasmi. In mezzo alla gente c’era il silenzio, dentro la loro testa c’era il silenzio”. Realizzato in un arco temporale di quindici mesi, il film racconta, ed analizza in modo critico, la città “più ‘mediatizzata’ e mistificata d’Italià, passata dalla rassegnazione alla rivolta attraverso mille trasformazioni, intrecciando storie di persone, luoghi, cantieri, voci e fino alle risate di ‘sciacalli’ imprenditori, intercettate dai Carabinieri e che hanno scatenato la protesta delle carriole, quando ormai il terremoto già non faceva più notizia.
Giancarlo Graziosi
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