Antonio Picasso su Liberal di ieri ha definito quella in Costa D’Avorio, come anche quella dello Yemen, una “crisi marginale”, di cui pochi parlano. Il caso della Costa D’Avorio è tipicamente africano, con un presidente uscente, Laurent Gbagbo, che rifiuta la sconfitta elettorale e un rivale, Alassane Ouattara, che invece reclama il potere, in nome delle scelte che la popolazione avrebbe alle elezioni del 31 ottobre 2010. Entrambi hanno deciso che la soluzione migliore per stabilire chi sia il vero presidente sia quella armata. Ieri, Save the Children, ha diramato una stima in base alla quale si calcola che non meno di un milione di bambini di quella Nazione sono stati colpiti dalle violenze e dai combattimenti, con la meta’, costretta ad abbandonare le proprie abitazioni. “I bambini – riferiscono i cooperanti di Save The Children – sono esposti ad una situazione terribilmente stressante e pericolosa. Si sentono spari dappertutto ed è difficile capire cosa stia succedendo, non abbiamo accesso né ad internet né alla radio”. Intanto, nel nord e nell’ovest del paese è difficile la situazione per le migliaia di sfollati che continuano a temere per le loro vite dal momento che arrivano testimonianze di uccisioni di massa. Agenzie di queste ultime ore ci dicono che le truppe di Alassane Ouattara hanno lanciato l’assalto finale e stanno ”andando a prendere” il loro rivale Laurent Gbagbo, rifugiato in un bunker della sua residenza ad Abidjan e fonti del governo francese hanno riferito che l’offensiva e’ partita dopo il fallimento dei negoziati avviati nei giorni scorsi. Secondo il capo di Stato maggiore francese, l’ammiraglio Edouard Guillaud, la resa del Presidente uscente Laurent Gbagbo, è “una questione di ore”. Nel frattempo il capo di stato maggiore dell’esercito fedele a Gbagbo, il generale Philippe Mangou, ha chiesto un cessate il fuoco al contingente Onu, mentre altri due generali, Dogbo Ble e Konan Boniface appartenenti alle Forze d’Assalto della Marina (FUMACO), stanno trattando la resa. Il gruppo dei fedeli stretti attorno all’ex-presidente chiedono la fine delle ostilità e l’abbandono da parte di Gbagbo del posto di comando a condizione che egli riceva la totale protezione da parte dell’Onu. Il portavoce del suo governo, rimasto ormai senza alcuna legittimità internazionale, Ahoua Don Mello ha infatti confermato che ‘sono in corso trattative dirette che si basano sulle raccomandazioni Unione Africana, secondo la quale il presidente è Alassane Ouattara’. Sempre secondo quanto affermato da De Mello, ‘seguono i negoziati per la sicurezza fisica e giuridica dei sostenitori di Gbagbo e dei suoi parenti’Ieri, la commissaria europea per l’assistenza umanitaria Kristalina Georgieva, ha lanciato un allarme circa il pericoloso stato d’emergenza in cui versa il paese. In un’informativa distribuita ai suoi colleghi, ha sottolineato in particolare la presenza di persone bisognose di assistenza, oggi stimate in un milione, ma che potrebbero ‘rapidamente raddoppiare’. La Georgieva ha parlato di un’emergenza “su larga scala”, alla quale la macchina dell’assistenza umanitaria ‘non è capace di rispondere in maniera adeguata’. Molte delle agenzie impegnate sul terreno ‘non hanno agito in maniera tempestiva per inviare sul posto personale adeguatamente preparato’. Tale situazione è resa più complessa a causa dell’enorme difficoltà di accesso ai territori da parte delle organizzazioni umanitarie, fortemente limitate da minacce e dai combattimenti in atto. La Costa d’Avorio è, dal 1985, una repubblica presidenziale con capitale Yamoussoukro la cui lingua ufficiale è il francese. Un quarto della popolazione vive con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno e nonostante la diffusa corruzione, resta uno degli stati più prosperi dell’Africa occidentale. Fra il 2002 e il 2004 in Costa d’Avorio c’è stata una guerra civile in seguito ad una rivolta nel nord guidata da Guillaume Soro, che accusava il presidente Gbagbo di essere un dittatore. Sono stati inviati 10.000 caschi blu dell’ONUCI (Forza pacifica dell’ONU per la Costa d’Avorio), tra i quali 4.600 francesi. Il 4 marzo 2007 è stata firmata la pace tra le due opposte fazioni. L’accordo è stato raggiunto intorno ai due punti chiave del disarmo e dell’identificazione. Per il primo, la forza d’interposizione ONUCI dovrebbe essere sostituita da un’altra internazionale. Il secondo riguarda il riconoscimento della cittadinanza di milioni di Ivoriani che sono considerati ribelli espulsi e non hanno neppure i documenti. L’accordo tra i due contendenti prevede l’assunzione del ruolo di capo del governo per Soro. Restano tuttora insoluti i dubbi sulla possibilità di tenere presto le elezioni presidenziali previste nel 2005 e già rinviate sei volte. Le elezioni si sono svolte il 31 ottobre 2010, Il secondo turno, col ballottaggio tra il presidente Laurent Gbagbo e il leader dell’opposizione Alassane Ouattara, si è tenuto il 28 novembre 2010. Entrambi però si sono dichiarati vincitori. Il 18 dicembre, Gbagbo ordinò ai peacekeeper delle Nazioni Unite di lasciare il paese ma l’ONU ha rifiutato, e il Consiglio di Sicurezza ha esteso il mandato della missione ONU in Costa d’Avorio fino al 30 giugno 2011. Nel marzo del 2011 l’ONU decide di inviare 2.000 militari che si sommano agli 8.000 esistenti per l’aggravarsi della guerra civile. Il 4 aprile scorso, elicotteri dell’esercito francese hanno lanciato missili e colpito un campo militare dei fedelissimi del presidente uscente Laurent Gbagbo ad Abidjan e le truppe hanno ricevuto dal presidente Nicolas Sarkozy il via libera per ingaggiare le forze rimaste fedeli al’ex-presidente ivoriano. Lo stesso giorno il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha affermato di aver dato disposizione alla missione Onu in Costa d’Avorio (Onuci) “di prendere tutte le misure necessarie per impedire l’uso di armi pesanti contro la popolazione civile, con il supporto delle forze francesi” della missione Liocorno. Ma anche risolto il conflitto, resteranno da risolvere gli innumerevoli problemi economici e sanitari per un paese che deve il suo nome alla numerosa presenza di elefanti cacciati negli scorsi secoli dai colonizzatori europei; un tempo fiorente colonia e che oggi è una delle Nazione più povere al mondo. Jean-Paul Pougala, docente di politica internazionale, ha recentemente avvertito che, al di là delle scelte per l’uno o per l’altro presidente eletto o rieletto, è interessante notare che c’è un’altra battaglia, questa volta a distanza, che sta avendo luogo tra la Cina e l’occidente in Costa d’Avorio. Questo avviene con appoggi militari diretti o indiretti. L’occidente difende una vecchia idea d’Africa in cui controlla tutto tramite i suoi uomini di fiducia e si accomoda di buon grado della miseria di massa. La Cina è quella che vuole cambiare le cose e fare dell’Africa la vetrina della sua potenza economica e militare al di fuori dell’Asia. Un aspetto questo che angoscia terribilmente l’Unione Europa e gli Usa. Lo studioso francese è stato anche molto critico nei confronti del nuovo eletto (e protetto da Parigi e Washington) Alassane Ouattara, colpevole di aver richiesto un intervento militare straniero pur sapendo di mettere a repentaglio la vita del suo popolo. Inoltre, dice lo studioso francese, al solito si applicano pesi e misure diverse circa i regimi, da parte dell’occidente. Il 19 dicembre 2010, si sono tenute le elezioni in Bielorussia, il presidente uscente ha proclamato la sua vittoria ottenuta con il 72% di preferenze e ha subito messo in prigione i dirigenti dell’opposizione. Esiste un solo paese europeo che ha minacciato di usare la forza per sbarazzarsi di Alexander Loukachenko al potere da 16 anni? L’Unione Europea non ha previsto nessun piano militare per far traslocare il dittatore. La ragione è semplice: i 27 paesi dell’Unione Europea hanno a cuore il valore della vita dei loro fratelli e delle loro sorelle della Bielorussia. E’ compito di ciascuno curare i propri interessi e gli europei considerano la vita umana in Bielorussia più importante d’un dittatore che prima o poi se ne andrà. Inoltre e in aggiunta, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, e il rappresentante dell’ONU in Costa d’Avorio Choi, sono entrambi cittadini di un paese diviso in due: la Corea. C’è uno dei due presidenti, Kim Jong-Il, che viene descritto da loro come un pericolo costante per la sua popolazione e per i suoi vicini. Ma nei confronti di Kim, il signor Choi e il signor Ban Ki-Moon hanno sempre e giustamente auspicato una certa cautela che, in Costa D’Avorio, è stata ritenuta evidentemente superflua. In Birmania (Myanmar) nel 2000 la vincitrice delle elezioni presidenziali è stata privata della sua vittoria e, quel che è peggio, è stata privata della sua libertà per 10 anni. La signora Aung San Suu Kyi si è accontentata di un premio Nobel per la pace senza mai esigere un qualsiasi intervento dall’estero per far sloggiare i malfattori al potere. La vittoria della signora Aung San Suu Kyi, convalidata dalla corte costituzionale birmana, è meno importante della disfatta del signor Ouattara dichiarato perdente dal consiglio costituzionale del suo paese? Tornando alla indiretta battaglia Sino-Occidentale, va ricordato che, negli ultimi tempi, i generali dell’esercito cinese stanno girando un po’ dappertutto in Africa, per stringere accordi di cooperazione militare. A Pechino non si nasconde più il fatto che il vero scopo è di neutralizzare tutte le rivolte che l’Europa organizzerà sul suolo africano per frenare e ritardare quest’autonomia. L’arrivo della Cina sulla scena politica, economica e militare africana si sta trasformando in un incubo per l’Europa che perde tutta la sua lucidità. Dal 2007 l’Unione Europea ha fatto di tutto per proporre alla Cina una sorta di triangolare con l’obiettivo di fermare gli enormi investimenti cinesi in Africa. La persona più cercata a Pechino e che causa il mal di testa agli occidentali si chiama: Zhang Ming, il ”signor Africa subsahariana “ del ministero cinese degli affari esteri. Tutti lo odiano e tutti gli fanno la corte. Cosa vogliono da lui gli occidentali? Gli chiedono nè più nè meno di fare finta d’aiutare l’Africa, senza passare davvero all’azione. Gli spiegano che queste sono le regole del gioco da cinque secoli e che ci sono ricavi molto elevati. Cosa risponde? Niet. La Cina non è interessata ad alcun triangolare. L’Africa di cui si parlava una volta come un’area marginale, è adesso rimessa al centro dell’avido desiderio di possesso della Cina. Il presidente cinese ha visitato quasi tutti i paesi africani, di cui alcuni anche 3 o 4 volte, mentre i presidenti americani in 8 anni di presidenza hanno visitato solo 2 o 3 paesi africani. Sui 27 paesi dell’Unione Europea, 21 sono diretti da presidenti che non hanno mai messo piede in Africa. Pertanto la dimenticata guerra ivoriana, sembra proprio il preludio di una più ampia, diffusa e radicale guerra economica e di dominio, fra il vecchio potere occidentale e la rampante Cina, con quest’ultima in netto vantaggio.
Guerra ivoriana e conflitto Sino-Occidentale
Antonio Picasso su Liberal di ieri ha definito quella in Costa D’Avorio, come anche quella dello Yemen, una “crisi marginale”, di cui pochi parlano. Il caso della Costa D’Avorio è tipicamente africano, con un presidente uscente, Laurent Gbagbo, che rifiuta la sconfitta elettorale e un rivale, Alassane Ouattara, che invece reclama il potere, in nome […]
Lascia un commento