Se non si stringono al più presto nuovi accordi, si prospetta la possibilità che si scateni una vera e propria guerra dell’acqua tra i paesi toccati dal fiume Nilo. A dirlo è il centro studi Bkookings Institute, con sede a Washington, che defnisce “di importanza cruciale” che si sottoscriva un negoziato “in una nuova cornice consensuale sull’utilizzo e sulla gestione” dell’acqua. Il rischio è di violenti scontri e, addirittura, di un possibile “disastro ambientale di proporzioni colossali”.
L’accordo in materia attualmente in vigore è il “Nile Cooperative Framework Agreement” (Cfa), firmato a maggio 2010 dopo dieci anni di controversi e dibattiti. Tale documento ha modificato il trattato coloniale del 1929, che conferiva all’Egitto il diritto di veto su qualsiasi progetto che a suo avviso avesse potuto costituire un’interferenza con il flusso del fiume. Nel 1959 un ulteriore accordo conferì a Egitto e Sudan il controllo effettivo del novanta percento dei seimilaseicento chilometri del fiume, settanta milioni di metri cubi l’anno.
Nell’ottica di una rinegoziazione dei trattati, i vertici politici egiziani hanno visitato l’Uganda e il Sudan per discutere della questione con le autorità locali. Il primo ministro egiziano Essam Abdel-Aziz Sharaf ha voluto anche recarsi a Juba, capitale del nascente stato del Sud Sudan, che potrebbe costituire un ostacolo per la strategia dell’Egitto.(PeaceReporter)
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