Primo Global Day of Action , il 12 aprile in oltre 35 paesi contro le spese militari

Martedì 12 aprile in oltre 35 paesi si terrà il primo Global Day of Action contro le spese militari. Ci sarà una protesta davanti alla Casa Bianca, una a San Francisco, e poi a New York, Boston, San Juan e Honolulu, una presso gli uffici delle Nazioni Unite a Ginevra e altrove. L’Institute for Policy […]

Martedì 12 aprile in oltre 35 paesi si terrà il primo Global Day of Action contro le spese militari. Ci sarà una protesta davanti alla Casa Bianca, una a San Francisco, e poi a New York, Boston, San Juan e Honolulu, una presso gli uffici delle Nazioni Unite a Ginevra e altrove.
L’Institute for Policy Studies di Washington e l’International Peace Bureau di Ginevra in Svizzera sono co-organizzatori dell’evento insieme a più di 100 organizzazioni. Questa azione globale avviene il giorno dopo l’uscita della relazione sulle spese militari globali dello Stockholm International Peace Research Institute, in cui si rileva che anche nel bel mezzo di una crisi economica globale, la spesa militare è aumentata. Gli Stati Uniti sono i responsabili di quasi la metà di tutte le spese che è arrivata alla cifra di 1.500 miliardi dollari (2009). John Feffer dell’Institute for Policy Studies, uno degli organizzatori di Global Day, ha affermato che il governo degli Stati Uniti, in piena crisi di bilancio, dovrebbe spostare gli investimenti dal militare al civile. “Altre crisi hanno messo a dura prova le risorse del mondo, i cambiamenti climatici, terremoti, povertà globale, proliferazione nucleare, minaccia di pandemie sempre maggiori, per cui ci sarebbe necessario trovare fondi per ricostruire le società danneggiate dalle guerre e dai conflitti, compresa la Libia”.

L’azione alla Casa Bianca, che si svolgerà a mezzogiorno, sarà caratterizzata dalla rappresentazione grafica delle spese militari. I rappresentanti mostreranno che i dollari spesi sul militare possono essere utilizzati diversamente per creare posti di lavoro, affrontare il cambiamento climatico, e ridurre la povertà. Il legame tra sottosviluppo ed insicurezza è incontestabile, questi due elementi si rafforzano reciprocamente, troppo spesso il trasferimento di armamenti fa prevalere le considerazioni economiche e geostrategiche a scapito dello sviluppo duraturo. L’impatto della violenza armata sullo sviluppo umano è oggi ben noto. La questione dei trasferimenti internazionali di armamenti con destinazione i paesi in via di sviluppo, è strettamente legata a questa problematica.

Cambiano le società e le alleanze, ma le armi trovano sempre acquirenti.
La no-fly zone in Libia è diventata una vetrina privilegiata per potenziali clienti di armi, sottolineando la potenza dei caccia da combattimento occidentali e delle bombe intelligenti, o al contrario ricordando i potenziali acquirenti i sistemi difensivi necessari per respingerle.

fiera delle armi di Abu Dhabi

“Sta diventando il modo migliore di far conoscere le armi. Più ancora che in Iraq nel 2003”, dichiara Francesco Tusa, direttore della sede di Analisi Difesa del Regno Unito. Si stanno vedendo per la prima volta in azione il Typhoon e il Rafale uno contro l’altro, ed entrambi i paesi vogliono porre l’accento sulle esportazioni.

L’operazione in Libia coincide con una nuova corsa agli armamenti, un aumento della domanda nel mercato dei combattenti a livello mondiale, e con l’arrivo di una nuova generazione di apparecchiature in aria e in mare.

http://books.sipri.org/files/FS/SIPRIFS1103a.pdf

 Rossana De Simone-Peacelink

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