Basilicata, Molise, Calabria, Abruzzo, Umbria, Marche, Puglia e Piemonte. E’ in queste otto Regioni, in forte ritardo infrastrutturale, che si gioca la sfida del sesto decreto legislativo del federalismo fiscale, dedicato alle risorse aggiuntive ed agli interventi speciali, necessari per ridurre il gap fra le varie parti del Paese. Ne parla il ‘Sole 24 Ore’ che dedica al tema un ampio servizio, riportando dati elaborati dall’Istituto Tagliacarne che per il Cnel cura il censimento ufficiale della dotazione infrastrutturale. La fotografia viene ricavata utilizzando sia un criterio tradizionale (strade, autostrade, ferrovie, acquedotti), che uno ‘allargato’ (scuole, teatri, biblioteche, dotazioni telematiche) declinato su due versanti: la ‘quantità’, per esempio i chilometri di strade o il consumo di energia elettrica, e la ‘qualità’, indicata ad esempio dal numero di caselli con Telepass e Viacard o dall’intensità della raccolta differenziata, il tutto pesato in rapporto alla popolazione.
Il quadro che emerge non è roseo neanche per le Regioni che sembrerebbero avere una dotazione di infrastrutture nella media. Per esempio il dato del Lazio è influenzato da Roma che riesce da sola ad alzare il dato medio di tutta l’area centrale del Paese; mentre la Liguria è ‘tenuta su’ dal carattere strategico del nodo stradale e ferroviario di Genova (i porti sono esclusi dal calcolo). Quanto al Sud, parecchie difficoltà caratterizzano anche l’Abruzzo, mentre la Campania soffre su energia e ambiente ma si trova in cima alla classifica per dotazione scolastica e reti telematiche.
A questa situazione deve porre rimedio il decreto legislativo, approvato in prima lettura dal consgilio dei ministri del 20 novembre, all’interno del Piano nazionale per il Sud. La ricetta proposta punta sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, che nel nuovo sistema diventa il Fondo per lo sviluppo e la coesione, indirizzato per l’85% al Sud e per il resto al Centro-Nord. Al fondo, oggetto di una programmazione pluriennale a carattere nazionale, avranno accesso i progetti strategici valutati in base agli obiettivi, alle metodologie di analisi degli impatti, alla sostenibilità dei piani di gestione. Le iniziative saranno formalizzate in ‘contratti istituzionali’ chiamati a responsabilizzare i vari livelli di governo coinvolti, sostituiti dal Governo tramite commissari in caso d’inerzia. (gp)
A questa situazione deve porre rimedio il decreto legislativo, approvato in prima lettura dal consgilio dei ministri del 20 novembre, all’interno del Piano nazionale per il Sud. La ricetta proposta punta sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, che nel nuovo sistema diventa il Fondo per lo sviluppo e la coesione, indirizzato per l’85% al Sud e per il resto al Centro-Nord. Al fondo, oggetto di una programmazione pluriennale a carattere nazionale, avranno accesso i progetti strategici valutati in base agli obiettivi, alle metodologie di analisi degli impatti, alla sostenibilità dei piani di gestione. Le iniziative saranno formalizzate in ‘contratti istituzionali’ chiamati a responsabilizzare i vari livelli di governo coinvolti, sostituiti dal Governo tramite commissari in caso d’inerzia. (gp)
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