Sarà anche “nano”, come ha stabilito nel 2006 l’Unione Astronomica Internazionale, scaraventandolo giù dal piedistallo dei pianeti del nostro Sistema Solare, dove dal 1930 occupava il posto numero nove. Ma Plutone, anche se ora si fa chiamare “pianetino”, non è come gli altri corpi celesti di piccole dimensioni ammassati al di là dell’orbita di Nettuno. È l’unico, per quanto si sappia, ad avere un’atmosfera. E non parliamo di un sottile strato d’atmosfera, ma di una colonna di gas che s’innalza per più di tremila chilometri. Una coltre tossica e asfissiante a causa della presenza di monossido di carbonio, il gas utilizzato nelle stufe o negli scaldabagni.
Come facciamo a saperlo? Ce lo dice una ricerca internazionale durata vent’anni, guidata da Jane Greaves della University of St. Andrews in corso di pubblicazione sui Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Le osservazioni effettuate con il James Clerck Maxwell Telescope delle Hawaii da 15 metri restituiscono un’immagine diversa di questo mondo remoto e semisconosciuto, l’ex pianeta più piccolo e più distante del Sistema Solare. Per prima cosa, il muro di atmosfera che sovrasta Plutone s’innalza oltre il doppio rispetto alle stime fatte da un altro gruppo di ricerca, nel 2000, utilizzando il telescopio da 30 metri IRAM. In più, si è scoperto che l’atmosfera, composta prevalentemente di azoto, è impregnata anche di monossido di carbonio, oltre che di metano, l’altro gas che si sapeva giù aleggiare sopra il pianeta. “I cambiamenti nell’ultimo decennio sono sorprendenti. Pensiamo che le dimensioni dell’atmosfera e l’abbondanza del monossido di carbonio siano cresciute”.
Probabilmente la gelida cappa di gas che avvolge Plutone (-220 °C) è dovuta all’evaporazione della sua superficie ghiacciata nel più recente passaggio ravvicinato intorno al Sole. Su Plutone era l’estate del 1989, l’ultimo “ferragosto” che si ricordi in questo mondo dove il ciclo delle stagioni dura 248 anni. Man mano che Plutone procede lungo la sua orbita fortemente eccentrica, le rigide temperature scendono e l’atmosfera, probabilmente la più fragile del Sistema Solare, cambia, con gli strati più alti che si dissolvono nello spazio.
A differenza dell’anidride carbonica (biossido di carbonio) che sulla Terra è un gas a effetto serra, il monossido di carbonio agisce come un gas di raffreddamento. Al contrario, il metano assorbe la luce solare e produce riscaldamento atmosferico. L’equilibrio tra questi due gas è cruciale per la sorte dell’atmosfera stessa nell’evolversi delle lunghe stagioni. La recente scoperta di monossido di carbonio potrebbe essere la chiave per rallentare la perdita dell’atmosfera – ma se l’effetto del raffreddamento dovesse essere troppo forte, rischierebbe di provocare nevicate di azoto e tutti i gas ghiaccerebbero, cadendo a terra. Insomma, cambiamenti climatici extraterrestri. Chissà come andrà a Plutone.
Daniela Cipolloni-Inaf
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