Gli scienziati concordano sul fatto che l’apprendimento è dovuto ai cambiamenti nelle connessioni sinaptiche, alcuni delle quali si rafforzano mentre altre si indeboliscono. Nel corso della memoria a lungo termine, nuove connessioni sinaptiche crescono tra il neurone sensitivo e il neurone motore. Quando il nostro cervello non riesce a recuperare un’informazione, significa che questa non è stata trasmessa dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. A sua volta il recupero di un’informazione che è immagazzinata nella memoria a lungo termine può alcune volte fallire perchè non ci sono sufficienti punti di repere per metterla a fuoco. Ciò spiega il perchè alcuni ricordi appaiono come rimossi dalla nostra memoria, essi appaiono inaccessibili, perchè la presenza di questi sarebbe inaccettabile a causa dell’ansia o dei sensi di colpa che alcuni ricordi potrebbero attivare. Ma attenzione, questi ricordi non sono scomparsi, anzi sono attivamente presenti, ma il nostro subconscio, evita che avvenga il recupero e quindi il blocca il ricordo. Un recentissimo studio olandese, poi, pubblicato su “Nature neuroscience”, dimostra che per riposare il cervello e salvare i ricordi, non basta solo dormire. Importante non è solo il numero di ore che si passano a letto a dormire, ma anche e soprattutto la qualità delle ore che noi passiamo a dormire. Quindi è fondamentale la profondità del sonno, perchè se non riusciamo a dormire in mdo tranquillo e prolungato, ne risentono anche i nostri ricordi, la nostra memoria. Questa subisce infatti un effetto negativo dal mal riposo, quindi viene intaccata e nel corso degli anni perde sempre più di efficacia ed efficienza. I film di fantascienza hanno giocato molto sulle possibilità di agire sulla mente umana per togliere o inserire ricordi a piacimento, con tutti i dilemmi etici e morali che questo comporta. Ma se questa nuova ricerca dovesse avere un seguito, eliminare i ricordi traumatici potrebbe diventare realtà. Un anno fa, Glanzman, un neuroscienziato cellulare e i suoi colleghi, hanno scritto di aver eliminato, o almeno notevolmente indebolito, la memoria a lungo termine sia nella lumaca marina Aplysia, sia nei neuroni in una capsula di Petri, scoprendo che la memoria a lungo termine della lumaca marina può essere cancellata inibendo l’attività di una proteina chinasi specifica chiamata PKM (proteina chinasi M), un membro della classe nota come proteina chinasi C (PKC), che è associato con la memoria. Oggi, poi, un nuovo studio ci dice che troppi ricordi rischiano di mandare in tilt il cervello e impediscono il normale funzionamento delle attività cognitive: meglio quindi concentrarci su ciò che è realmente importante e incamerare dati passati e presenti solo se strettamente necessario. E’ quanto emerge da una sperimentazione canadese, condotta da un team di ricercatori dell’Università Concordia di Montréal e pubblicata sulla rivista scientifica Quarterly Journal of Experimental Psychology. Pare infatti che si debba limitare il traffico delle informazioni nel cervello e prediligere solo i ricordi veramente importanti, se vogliamo evitare in futuro amnesie e ritardi o problemi di ragionamento: “Abbiamo constatato che gli anziani hanno più difficoltà a sbarazzarsi delle informazioni precedenti e memorizzare quelle ‘fresche’“, spiega il coordinatore della ricerca Mervin Blair, e questo accade non solo per effetto dell’invecchiamento cerebrale ma anche, e soprattutto, per la difficoltà di eliminare i vecchi ricordi. Qualche mese fa è apparsa sulla rivista Nature, la notizia della scoperta, da parte di un gruppo di ricercatori del Children’s Hospital di Boston, coordinati da Micheal Greenberg, che la capacità di ricordare un evento piuttosto che un altro dipende da una semplice molecola, in grado di selezionare le esperienze che entreranno a far parte del nostro fardello di ricordi o delle nozioni apprese nel corso degli anni. Dall’osservazione dell’ippocampo dei topi, i ricercatori hanno scoperto un piccolo Rna, chiamato miR-134, che si è scoperto in grado di regolare la “forza” della sinapsi, ossia la formazione di nuovi contatti tra neuroni, che avviene dopo uno stimolo. La molecola può inibire il processo di rafforzamento delle sinapsi, da cui dipende strettamente la nostra capacità di apprendere e ricordare. Quando il cervello è sottoposto a stimoli o informazioni esterne, le reti neurali (il fitto intreccio di ramificazioni formate dai prolungamenti dei neuroni) si modificano, dando vita a un rimaneggiamento dei circiuti nervosi, generalmente nell’ippocampo o in certe aree della corteccia cerebrale. Quindi ha luogo una sinapsi, che può essere più o meno intensa: il nuovo contatto tra neuroni porta inevitabilmente all’eliminazione di altri. Consideriamo l’intensità degli stimoli ai quali rispondiamo nell’arco della giornata: sarebbe impossibile memorizzare tutto, la selezione è vitale. Così, ai nostri ricordi corrispondono quelle sinapsi create e poi rinforzate, e quindi rese stabili. Non lasceranno traccia, invece, le informazioni che corrispondono a sinapsi labili. In questo processo la molecola miR-134, molto simile a un frammento cortissimo di Dna, agisce da protagonista: il suo ruolo specifico è quello di indebolire le sinapsi destinate ad avere vita breve. Il microRNA blocca infatti la crescita dei dendriti, un tipo di prolungamenti dei neuroni. Il team di Greenberg ha anche provato, con successo, a contrastare il suo potere, iniettando un fattore di crescita naturale. Chissà che questo non apra la strada a rimedi contro i brutti ricordi, anche se, anche questi, fanno parte di noi e cancellandoli, cancelleremo una parte di noi stessi. Infatti, anche se me esistono di belli e di brutti, se a volte ci tormentano, molto spesso ci aiutano a vivere, ci danno gioia, alleviano le nostre sofferenze. I ricordi sono il nostro passato e il nostro presente e anche se, a volte, cerchiamo di dimenticarli perchè ci fanno male, sono sempre con noi e ci accompagnano nel nostro cammino, distinguendoci da tutti gli altri.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento