Figlio di un magnate delle costruzioni di origine yemenita (Mohammed Awad Bin Laden) e di una donna di origine siriana, Osama nasce il 10 marzo 1957 a Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita. All’età di 13 anni perde il padre. A 17 si sposa con la prima delle tre mogli, una ragazza siriana, sua parente. Il matrimonio a una così giovane età fa parte – per il suo carattere di protezione dalla corruzione e dall’immoralità – della rigida educazione religiosa che gli viene impartita. Compie tutti i suoi studi nelle scuole della città di Gedda, fino a conseguire la laurea in Management ed Economia all’università Re Abdul Aziz.
In questo periodo si accosta al movimento della “Fratellanza musulmana” e, negli anni che seguono, inizia a stringere sempre più stretti contatti con numerosi gruppi di integralisti islamici. Oltre che ad accumulare una discreta fortuna occupandosi della gestione dell’impresa paterna. Abbandonerà tale attività nel 1979 quando, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan da parte di truppe sovietiche, si dedicherà ad aiutare i fratelli musulmani contro i “senzadio” comunisti. Inizia infatti ad investire le proprie ricchezze per reclutare volontari, e, in seguito, per addestrarli e per fornirgli le armi necessarie per combattere al fianco dei mujaheddin afgani. Crea così il gruppo del “Fronte di salvezza islamico”, potendo tra l’altro contare, oltre che sui propri fondi, anche sull’aiuto economico proveniente dagli Stati Uniti e sul appoggio della Cia (vedi sotto “Blowback”).
Vinta la battaglia contro l’Unione Sovietica, nel 1991 fa ritorno in Arabia Saudita. Vi trova stanziate le forze armate statunitensi impiegate nella prima guerra contro l’Iraq. Questo fatto lo colpisce profondamente, ritenendo un’ingiustizia la presenza di truppe infedeli sul sacro suolo del Profeta Maometto. Si convince così che è arrivato il momento di combattere l’altra superpotenza infedele, quegli stessi Stati Uniti che lo avevano in precedenza sostenuto e finanziato. Fonda così Al Qaeda (la Base), un’organizzazione del terrorismo integralista islamico che compirà attentati tanto all’interno quanto all’esterno dei confini statunitensi.
Fra gli altri si ritiene siano opera di tale organizzazione l’attentato dell’ottobre 2000 contro l’incrociatore statunitense Cole, nei mari dello Yemen (in cui persero la vita 17 marinai americani) e i due attentati dell’agosto 1998 contro le ambasciate Usa di Nairobi, in Kenya, e di Dar-es Salaam, in Tanzania, che provocarono la morte di 224 persone. Cacciato dal Sudan nel 1996, dov’era stato ospitato per alcuni anni, trova rifugio nell’Afghanistan del talebani, dove rimane fino all’attacco americano successivo alle stragi dell’11 settembre, di cui è ritenuto il mandante.
Da allora è scomparso nel nulla, anche se i servizi segreti Usa ritengono si nasconda sulle montagne al confine tra Afghanistan e Pakistan assieme al suo braccio destro, il medico egiziano Ayman al-Zawahiri. Vivrebbe protetto dai talebani in caverne naturali attrezzate però con le più moderne e sofisticate apparecchiature tecnologiche. le sue condizioni di salute sembra siano tutt’altro che buone.
“E’ difficile immaginare che la Cia corra per reclamare il suo credito per un Frankenstein come questo” scriveva circa tre anni prima del disastro di New York e Washington, Michael Moran, direttore dell’Informazione Internazionale della catena giornalistica americana Msnbc in merito al più “illustre” alunno della Cia, Osama Bin Laden. In questo articolo premonitore pubblicato il 24 agosto 1998 con il titolo “Bin Laden and his Cia Connections Come Home to Roost” il giornalista spiegava perché e come il dirigente fondamentalista arrivò ad essere il più “fidato” discepolo della Cia in Afganistan e anche perché e come sfuggì al controllo dell’Agenzia di spionaggio trasformandosi nel suo più temibile nemico.
Nella Cia questo capita abbastanza frequentemente tanto da avere un nome in codice: blowback. In poche parole questo è il termine che descrive un agente o un’operazione che si è rivoltata contro il suo creatore. Osama, il nemico pubblico numero uno, è la personificazione di un blowback. Se Bin Laden si è trasformato in un blowback è proprio colpa della Cia crive Moran: “Armare una coalizione multinazionale di estremisti islamici in Afganistan negli anni 80 – molto dopo della distruzione delle caserme dei marines a Beirut o del dirottamento del volo 847 della Twa – fu un errore storico”.
Il giornalista prosegue con la biografia di Bin Laden come risulta in vari documenti che ha potuto ottenere dalla Cia o da altre fonti. Così si apprende che ereditò un’immensa fortuna ma nel ’79 lasciò la sua terra natale, l’Arabia Saudita, per andare a combattere i sovietici in Afganistan. Nel ’84 Bin Laden dirigeva un’organizzazione di facciata, Maktab al-Khidamar (Mak) che raccoglieva denaro, armi e combattenti per il conflitto afgano. Ciò che la Cia non rileva, scrive il giornalista di Msnbc, è che la Mak fu “creata dai servizi segreti del Pakistan (Isi) il canale per eccellenza usato dalla Cia per la guerra nascosta contro i sovietici in territorio afgano”.
Secondo Moran, la Cia, preoccupata per il tradizionale frazionismo degli afgani era giunta alla conclusione che i combattenti fondamentalisti arabi che accorrevano in Afganistan erano più facilmente manovrabili che gli afgani immersi nelle loro complesse rivalità tribali. Così Bin Laden, con un gruppo di militanti islamici proveniente da Egitto, Pakistan, Libano, Siria e dai campi profughi palestinesi, diventò il socio di “fiducia” della Cia nella guerra nascosta contro l’URSS.
Con la conclusione della guerra, nel 1989, Bin Laden era “considerato per la Cia come una specie di dilettante -un ricco ragazzotto saudita che era andato alla guerra ed era stato accolto come un eroe dalla monarchia saudita che lui odiava-. Nel mentre aveva abbandonato il Mak per fondare un nuovo gruppo, al-Qaeda (La Base), che raccoglieva i membri più estremisti del Mak conosciuti in Afganistan. Il giornalista aggiunge:”Chi ha preso la decisione di dare ai ribelli afgani una fortuna in finanziamenti coperti e armi del migliore livello giustifica la decisione con le esigenze della guerra fredda”.
Scrive Moran che il senatore Orrin Hatch, un repubblicano del Comitato di Sicurezza e uno dei responsabili di questa decisione, ha confidato ad un giornalista che avrebbe adottato la stessa decisione oggi pur sapendo ciò che Bin Laden avrebbe fatto in seguito. “Ne valeva la pena” ha detto l’uomo politico che si giustifica dicendo: “la guerra in Afganistan ha giocato un ruolo importante nel crollo dell’URSS”.
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