Ha dedicato l’intera mattinata del 29 aprile il regista Daniele Segre agli studenti delle scuole superiori cittadine, in un incontro dibattito sul dramma delle morti sul lavoro, tenutosi all’auditorium “Sericchi” della Cassa di Risparmio dell’Aquila, seguito alla proiezione del lungometraggio “Morire di lavoro”, il suo film denuncia di forte impatto emotivo. In questo modo l’Istituto Cinematografico dell’Aquila “La Lanterna Magica”, in collaborazione con l’Accademia dell’Immagine, ha voluto chiamare i giovani a riflettere sul più drammatico aspetto dei problemi del lavoro, nell’imminenza della celebrazione del 1° Maggio. Il cinema, dunque, si conferma come uno straordinario medium capace non solo d’emozionare, ma sopra tutto prezioso nel catalizzare l’attenzione sui temi sociali di più scottante attualità. Com’è il caso presente, un icastico esempio, dove viene stimolata la riflessione su una tematica sociale tristemente attuale come quella delle morti bianche, che intreccia il problema del rispetto della legalità e alla sicurezza nel lavoro. E questo film di Segre, in particolare, è davvero una denuncia netta, autentica e diretta nella sua lucidità, con testimonianze non mediate, che finalmente spazzano via omertà, reticenze ed eufemismi su un grave problema sociale che per essere debellato deve essere conosciuto ed affrontato in tutta la sua drammaticità. “Morire di lavoro“, infatti, è un film documentario che indaga la realtà del settore delle costruzioni in Italia, protagonisti i lavoratori e i familiari di lavoratori morti sul lavoro. La trama narrativa si sviluppa attraverso i racconti e le testimonianze dei protagonisti, ripresi in primo piano, che guardano in macchina. Altro elemento espressivo sono le voci di tre attori, due italiani e un senegalese, che interpretano ciascuno il ruolo di un lavoratore morto in cantiere. Nel film si parla di incidenti mortali nei cantieri edili, dell’orgoglio del lavoro, di come si è appreso il mestiere, della sicurezza e della sua mancanza, di lavoro nero, di caporalato. Uno spaccato completo su una grave questione sociale nella cui lotta molto incide una coscienza civile diffusa. E’ un viaggio difficile e doloroso, ma necessario, per testimoniare e provocare ancor più l’attenzione sul mondo del lavoro italiano dove ogni giorno muoiono 4 lavoratori, oltre alle migliaia che rimangono lesi da incidenti sui luoghi di lavoro, per non parlare delle vedove e degli orfani “da lavoro”. Nel febbraio del 2008 il film “Morire di lavoro” fu presentato in anteprima a Roma, alla Camera dei Deputati, e un mese dopo al Parlamento Europeo, a Strasburgo. Da quel momento “Morire di lavoro” intraprende un lungo tour di presentazioni in tutta Italia, riscuotendo grande attenzione da giornali, televisioni e radio nazionali, richiamando anzi tutto l’interesse e la riflessione su un grave tema sociale che alla presa di coscienza impone, per i suoi risvolti, misure sempre più stringenti di prevenzione e controllo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di repressione degli abusi nei cantieri. A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, in seno al movimento operaio italiano, si è diffuso il termine omicidi del lavoro per indicare con nettezza le responsabilità dirette dei sistemi di produzione delle economie industrializzate rispetto alle scarse condizioni di sicurezza dei luoghi di lavoro, causa diretta di migliaia di morti che si verificano ogni anno nel mondo, specialmente nel settore edile, nelle miniere e nel settore siderurgico.
Negli ultimi anni, sui mezzi d’informazione e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, per definire il fenomeno sono stati sempre più frequentemente usati i termini di morti bianche e omicidi bianchi, dove l’attributo “bianco” allude all’assenza d’una mano direttamente responsabile dell’incidente. Ma la recente sentenza della Corte d’Appello di Torino sul caso della ThyssenKrupp (7 operasi morti nell’incidente del dicembre 2007), con pesanti condanne per “omicidio volontario con dolo eventuale” è un fatto storico che, se confermato fino a sentenza definitiva, è destinata a cambiare in modo radicale il trattamento giudiziario degli incidenti del lavoro. Il fenomeno è di assoluta gravità, come più volte sottolineato dal Capo dello Stato. D’altronde i numeri non si possono smentire. Dall’inizio dell’anno al 5 maggio scorso, documenta l’Osservatorio Indipendente di Bologna, ci sono stati 207 morti per infortuni sui luoghi di lavoro, ma si arriva a contarne oltre 400 se si aggiungono i lavoratori deceduti sulle strade e in itinere. Sui luoghi di lavoro erano 155, il 5 maggio 2010, esattamente un anno fa, dunque con un aumento vertiginoso delle vittime, più del 32 per cento. Sui cantieri edili, con 60 vittime, ha registrato dall’inizio dell’anno il 29 per cento sul totale, mentre l’agricoltura con 57 vittime registra il 28. L’industria ha già avuto 22 morti con l’11 per cento, l’autotrasporto 15 con il 7,5 per cento. “…Purtroppo le previsioni – scrive Carlo Soricelli dell’Osservatorio di Bologna – hanno confermato quanto avevamo scritto: la situazione è ancora più drammatica di come l’avevamo prospettata”. Le regioni in testa a questa triste classifica sono la Lombardia con 30 vittime sui luoghi di lavoro (10 in provincia di Milano), l’Emilia Romagna 20 (5 in provincia di Bologna), la Sicilia 20 ( 5 in provincia di Catania). Nonostante la terribile tragedia della Thyssen e dopo un calo costante delle vittime che si registrava da quel tragico evento, anche la provincia di Torino ha già 5 morti nei primi quattro mesi del 2011, e il Piemonte 17, le province di Napoli e Chieti 5, Savona, Messina e Ragusa 4 vittime. Alcune regioni stanno avendo un andamento pessimo – annota l’Osservatorio – altre sembrano avere imboccato un trend positivo.
Ma veniamo all’evento. Una breve presentazione dell’Autore e l’introduzione del responsabile artistico dell’Istituto, Piercesare Stagni, hanno preparato alla visione del film gli studenti ed i loro insegnanti, in una sala piena in ogni ordine di posti e molto attenta. A proiezione conclusa – 88 minuti di forte denuncia nelle testimonianze dei familiari delle vittime o dalle esperienze vissute dei lavoratori che raccontano le condizioni dei cantieri, l’elusione delle norme di sicurezza e dell’assicurazione dei lavoratori, i ricatti e le vessazioni dei datori di lavoro sul trattamento economico, il lavoro nero – molto intenso è stato il dibattito e gli approfondimenti sul tema, cui Daniele Segre ha risposto con chiarezza e competenza su un dramma sociale che egli ha scandagliato in ogni aspetto, ascoltando in giro per l’Italia i problemi dalla viva voce dei protagonisti. Noi, che abbiamo avuto l’opportunità di parlare con il regista in tutta tranquillità la sera precedente, poi nel corso dell’evento, lo abbiamo scoperto come professionista scrupoloso e di grande sensibilità, anche per il bagaglio morale, oltre che intellettuale, di cui dispone. Una bella persona, senza dubbio, ricca interiormente con cui è assai gradevole conversare, aperta e disponibile, per quanto il carattere appaia riservato. La semplicità, che di solito accompagna le persone di grande valore, è uno dei tratti distintivi di Daniele Segre. Tanto ci consente di rivolgergli qualche domanda.
Daniele Segre, regista documentarista, dagli inizi degli anni Settanta ha legato i suoi lavori alle trasformazioni del mondo del lavoro, alle problematiche complesse dell’universo giovanile e all’emarginazione. Può spiegare le ragioni di una scelta artistica così difficile e coraggiosa?
“Ho sempre cercato di analizzare le situazioni complesse che con il passare degli anni la società attuale proponeva ed ho avuto spunti assolutamente interessanti per comprendere meglio le varie realtà legate al mondo del lavoro, dei giovani e delle fasce più sociali più deboli”.
Lo scorso 9 aprile, la sua società di produzione “I Cammelli” ha compiuto trent’anni di attività. Può parlarci di questa esperienza?
“E’ un’esperienza difficile, lunga e complessa, perché fuori dai grandi canali di distribuzione. Ma ricca e densa di soddisfazioni, perché abbiamo ottenuto risultati assolutamente significativi, inserendo decine di giovani nel mondo dell’audiovisivo e quindi del lavoro”.
“Morire di lavoro” è un docu-film che lei ha girato nel 2007 e che si cala perfettamente nell’attuale realtà dell’Aquila e del suo comprensorio. Nella città devastata dal terremoto, quali sono le sue impressioni?
“E’ un film che denuncia il malaffare, una cultura diffusa in gran parte della nostra società. La logica del profitto e del benessere personale che prevale su tutto. La mia riflessione principale è destinata alle giovani generazioni che oggi ho il piacere d’incontrare qui a L’Aquila, in una città bellissima ferita da una terribile calamità naturale. Siate liberi di pensare e lottate sempre per la giustizia e per la legalità. E’ proprio in questo modo che avrete la sensazione di cambiare qualcosa in voi stessi, negli altri e nella società”.
Accanto al regista c’è il presidente dell’Istituto Cinematografico dell’Aquila, Carlo Di Stanislao. Anche a lui qualche domanda.
Presidente, lei è alla guida dell’Istituto Cinematografico dal 2009. Possiamo fare un consuntivo di questi primi due anni e, sopra tutto, quali sono le prospettive per il futuro?
“Un bilancio direi senz’altro positivo. Dopo un primo periodo di fermo forzato, derivato dai tragici eventi del terremoto e dai gravi danni che il sisma ha inferto alle nostre strutture, la Lanterna Magica ha ripreso le attività compatibili con la limitatezza degli spazi agibili, seguendo la sua naturale vocazione nella diffusione e promozione della cultura cinematografica, proponendo rassegne, incontri, allacciando rapporti con realtà regionali e nazionali. Particolarmente rivolgendo l’attenzione ai giovani, con proposte culturali formative, come è il caso dell’evento con Daniele Segre. Il futuro dell’Istituto potrà certamente essere promettente, se la Regione tornerà a destinare risorse alle istituzioni cinematografiche, dopo due anni di completo azzeramento del contributo previsto dalla legge regionale di settore. D’altra parte si può fare affidamento sull’entusiasmo e sulla professionalità dei dipendenti dell’Istituto, come sul grande patrimonio di memoria, grazie ai nostri Archivi ed alla preziosa nostra Cineteca, tra le più prestigiose d’Italia. Questa è lo stato attuale, nonostante le difficoltà logistiche dovute all’inagibilità di tutte le nostre strutture”.
Perché l’invito a Daniele Segre?
“Daniele Segre è uno dei registi più appartati e seri che ci siano nel nostro Paese, che con le sue opere, da Testadura sino al cinefilico Je m’appelle Morando. Alfabeto Morandini, ha dimostrato come si può davvero realizzare un cinema della realtà, ma con uno sguardo autoriale. Naturalmente, è superfluo ricordare l’importanza dell’evento odierno in concomitanza del 1° Maggio, Festa dei lavoratori. E’ stato un privilegio averlo con noi, ma non sarà questa l’unica occasione. Ieri (28 aprile, ndr) Daniele Segre ha visitato con me L’Aquila. E’ rimasto fortemente colpito dalle ferite profonde che il terremoto ha lasciato sul suo prezioso patrimonio architettonico. Lo ha molto impressionato il silenzio e la desolazione di un centro storico tra i più belli d’Italia. E’ necessario che torni a rivivere presto, e con esso la comunità aquilana, ricca della sua storia e della sua coscienza civile ”.
Appuntamento, dunque, alla prossima occasione, come il presidente della Lanterna Magica già prevede. E c’è da credergli a Carlo Di Stanislao, medico stimato ed affermato, che all’impegno professionale presso l’ospedale civile aquilano associa molteplici altri interessi culturali, sinologo con una conoscenza profonda delle culture orientali, giornalista e scrittore, infine grande appassionato della settima arte e raffinato cinefilo.
* Daniele Segre, nato ad Alessandria nel 1952, è autore di “cinema della realtà”, di film di finzione e di spettacoli teatrali. Ha esordito come fotografo della realtà a Torino, e realizza film e video fin dalla metà degli anni Settanta. I suoi primi lavori si sono focalizzati su problemi delle realtà giovanili disagiate (Perché droga, 1976; Il potere dev’essere bianconero, 1978) e sulla dignità e umanità di vite sofferte e difficili (Vite di ballatoio, 1984). Nel 1980 ha pubblicato il libro fotografico Ragazzi di stadio (Mazzotta, Milano). Ha fondato nel 1981 la società di produzione “I Cammelli” e, nel 1989, l’omonima “Scuola video di documentazione sociale”, che negli anni successivi, anche col sostegno di Unione Europea e Ministero del Lavoro, ha avviato decine di giovani alla delicata e difficile attività di autore ( o altro professionista) audiovisivo nel sociale. Nel 1983 ha realizzato il lungometraggio Testadura, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, finzione sulla realtà di un microcosmo giovanile fatto di scelte ostinate, di quotidianità faticose e di complicati rapporti interpersonali. Fra i suoi film documentari, quello sui delegati sindacali della CGIL (Partitura per volti e voci, 1991), sui minatori del Sulcis (Dinamite, 1994), i sieropositivi e malati di AIDS (Come prima, più di prima, t’amerò, 1995). Nel suo secondo lungometraggio (Manila Paloma Blanca, 1992) Segre ha indagato l’universo esistenziale di un attore emarginato, utilizzando anche inserti video da Tempo di riposo, interpretato, come il film, dall’attore Carlo Colnaghi. Nel 1995 ha anche debuttato nella regia teatrale con Week-end di Annibale Ruccello. Opere come Non ti scordar di me (1995) e Paréven furmìghi (1997) sono incentrate sul fascino del set e dell’immaginario cinematografico, sulla costruzione (reale) di un cinema e la ricostruzione della realtà che il cinema consente. Le sue opere sono quasi sempre trasmesse dalle reti pubbliche e da molti anni presentate alla Mostra del Cinema di Venezia e in vari festival internazionali. Ha ricevuto vari premi in festival nazionali e internazionali. Fra le opere più recenti Sto lavorando?, 1998 (sull’inserimento lavorativo di un giovane con gravi problemi psichici) e A proposito di sentimenti, sull’affettività nei giovani colpiti da sindrome di Down, 1999; Protagonisti. I diritti del Novecento, e Via Due Macelli, Italia. La sinistra senza Unità, 2000 (che ha anticipato il dibattito autocritico sulla sinistra italiana), Asuba de su serbatoiu, 2001, sulla chiusura di una fabbrica in Sardegna, Tempo vero, 2001, sui problemi dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie.
Daniele Segre è docente di regia (corso “Cinema e realtà”) alla Scuola Nazionale di Cinema (Roma) e dal 2002 è co-direttore del Bellaria Film Festival. Nel 2003, 2004, 2005, 2006 ha tenuto corsi per l’Università di Pisa e nel 2003 a Terni, per l’Università di Perugia.Nel 2002 ha realizzato il film Vecchie, con Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin, che ha ricevuto vari premi e riconoscimenti e che è divenuto uno spettacolo teatrale, Vecchie. Vacanze al mare, prodotto dall’ Associazione Teatrale Pistoiese -Teatro del Tempo Presente, in scena al Piccolo Eliseo di Roma nel gennaio 2003 e successivamente in altri teatri italiani. Nella stagione 2004 è andato ancora in scena e lo sarà anche nella stagione 2005, sempre con l’Associazione Teatrale Pistoiese. Nel 2003 ha realizzato la serie di sei film documentari Volti – Viaggio nel futuro d’Italia, mandata in onda da RAI 3 (produttrice della serie) a partire dal gennaio 2004. Nel giugno 2004 ha realizzato il film lungometraggio Mitraglia e il Verme, interpretato da Antonello Fassari e Stefano Corsi, e nel 2005 un video in alta definizione sulla collezione d’Arte Moderna e Contemporanea della Fondazione CRT di Torino, progetto che si è sviluppato nel 2006 con la realizzazione di tre video: sulla collezione della Fondazione CRT, sul Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli e sulla Galleria d’Arte Moderna di Torino. Nel 2006 ha realizzato alla Cavallerizza di Torino la video installazione Tappati la bocca per il Teatro Stabile di Torino, interpreti gli allievi della scuola per attori del Teatro Stabile di Torino diretta da Mauro Avogadro.
Nel 2006 Mitraglia e il verme ottiene il premio qualità da parte del Ministero per i beni e le attività culturali. Nel 2006, in collaborazione con l’IRRE Marche e l’Assessorato Formazione e Lavoro della Provincia di Macerata, ha attivato un laboratorio video a Recanati e Macerata, L’amorosa visione, con studenti delle scuole medie superiori, dell’accademia e dell’università. Il laboratorio terminato nel marzo 2007 ha prodotto un film e successivamente l’edizione del libro Un’Amorosa visione, il cinema fatto da ragazze e ragazzi a cura di Angela Gregoriani. Sempre nel 2006 cura la regia del documentario Conversazione a Porto realizzato a Porto (Portogallo) sul regista Manoel de Oliveira e sulla scrittrice Agustina Bessa Luis. Nel giugno 2007 ha condotto il laboratorio Interpretazione cinematografica con gli allievi attori del 1° anno della Scuola della Fondazione del Teatro Stabile di Torino diretta da Mauro Avogadro; il laboratorio di interpretazione cinematografica ha prodotto un video Dimmi la verità, terminato nel 2008. Ha curato la realizzazione dei contenuti filmati dello spettacolo Dossier Ifigenia per la regia di Elie Malka, produzione Fondazione Teatro Stabile di Torino, andato in scena nel novembre 2007 al Teatro Astra di Torino. Nel giugno 2007 ha iniziato le riprese del film Morire di lavoro, sugli incidenti nel mondo dell’edilizia in Italia. Il film è prodotto dalla Società I Cammelli con la collaborazione della FILLEA CGIL e con il sostegno del Piemonte Doc Film Fund. Nell’autunno 2010 gira Lisetta Carmi, un’anima in cammino, film documentario sulla fotografa genovese degli anni Sessanta e Settanta che vedrà la luce alla fine dell’autunno.
Goffredo Palmerini
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