Il giorno dopo la bufera che lo ha risucchiato al centro del nuovo scandalo Calcioscommesse, Cristiano Doni rompe il silenzio per gridare ai tifosi dell’ Atalanta, ancora sotto choc, che lui con le partite truccate non c’entra nulla. Lo fa con le poche righe di uno scarno comunicato stampa, redatto insieme ai suoi avvocati, in cui il capitano nerazzurro parla in terza persona per garantire a tutti di aver sempre agito nel rispetto delle regole, e per esprimere fiducia negli organi di giustizia sportiva e ordinaria, certo che appureranno la sua estraneità a ogni fatto contestato: “Alla luce delle notizie di stampa relative ad un suo coinvolgimento nelle indagini di Cremona, Cristiano Doni, nella certezza di aver sempre agito nel rispetto delle regole, ripone la massima fiducia negli organi di giustizia ordinaria e sportiva che è certo appureranno la sua assoluta estraneità a ogni fatto in contestazione”. Dietro queste frasi ben ponderate si nasconde un momento di profonda sofferenza. Quei titoloni ‘Doni indagato, l’Atalanta rischià spuntati nelle locandine delle edicole di tutta Bergamo devono avergli fatto male. Di qui la decisione di mettere fuori la testa per professare la sua innocenza e per difendere la sua immagine infangata dalle intercettazioni di personaggi che lo tirano in ballo più di una volta. Lui, l’eroe nerazzurro, il simbolo indiscusso che a Bergamo ha scritto pagine indimenticabili della sua carriera, si è visto mettere di colpo alla berlina solo tre giorni dopo aver alzato la coppa riservata ai vincitori del campionato di serie B. Un trofeo che, se le accuse saranno provate e la giustizia sportiva adotterà sanzioni, l’Atalanta dovrà restituire. La gente stenta a credere che il capitano si sia prestato ai giochini dei furbetti del botteghino, però qualche malumore inizia a serpeggiare. Qualche tifoso si sente preso in giro: se la giustizia sportiva e ordinaria accerteranno le sue responsabilità, per Bergamo si tratterà di un tradimento imperdonabile, e non solo perché potrebbe comportare un altro anno in serie B. La tifoseria si identifica con il suo capitano: il legame con gli ultrà è fortissimo, tanto che alcuni mesi fa la procura di Bergamo lo aveva sentito come persona informata dei fatti nell’ambito di un’indagine sui capi della curva, accusati di associazione per delinquere. Doni ha 38 anni, e in questi giorni stava decidendo se continuare un altro anno in serie A. La società aveva immaginato per lui un ruolo part time: importante averlo in campo, ancora di più nello spogliatoio. Per lui si prospettava un’altra stagione da leader indiscusso, con la garanzia di un posto in società a fine carriera. Nel frattempo, era già stato scelto come testimonial del marketing nerazzurro. Inevitabile, visto che Doni e Atalanta sono ormai praticamente la stessa cosa. Ora tutto questo potrebbe crollare, il futuro è un rebus. Doni rischia infatti di concludere la sua luminosa carriera nel modo più buio. Il capitano adesso è in ferie, in questi giorni raggiungerà il ‘buen retiro’ di Cervia. Ma non sarà una vacanza serena. Ci sarà un processo sportivo da affrontare, con tutte le incognite del caso. La speranza è di continuare ad esultare a testa alta, ma la grande paura è di dover uscire di scena a capo chino.
Calcioscommesse: Doni si difende, io non c’entro
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