Shakespeare in versione Pirandello

 Una notte, una sola notte unisce lui, Víctor Francés, a lei Marta Tellez, moglie di Eduardo, a Londra per lavoro. Un’unica notte su cui si apre il sipario, una cucina, una cena, una camera da letto, una passione non consumata, un letto dove Marta muore rapidamente e nel silenzio dello sconosciuto, rendendo indissolubile il legame […]

 Una notte, una sola notte unisce lui, Víctor Francés, a lei Marta Tellez, moglie di Eduardo, a Londra per lavoro. Un’unica notte su cui si apre il sipario, una cucina, una cena, una camera da letto, una passione non consumata, un letto dove Marta muore rapidamente e nel silenzio dello sconosciuto, rendendo indissolubile il legame con quell’uomo, che altrimenti si sarebbe semplicemente dissolto nel nulla. Shakespeariano nel titolo (preso da una frase del Riccardo III) e pirandelliano nelle movenze, “Domani nella battaglia penserà a me” (edito una prima volta da Einaudi nel 1998, ristampato da poco), di Javier Mariàs,  è la storia, nella Madrid dei nostri giorni,  di uno sceneggiatore per il cinema e la tv,che  vive facendo il “negro”, in proprio o per conto di terzi e che  conosce una donna sposata che gli muore tra le braccia proprio la notte del loro primo convegno amoroso. Victor, lo narrante, fugge, ma resta prigioniero del passato della donna e decide di ricostruirlo, attraverso un viaggio di esplorazione nei misteri del cuore umano, ricco di sorprese, drammi e colpi di scena, impigliato nei fili misteriosi della vita della sua non-amante e nell’inseguimento dei labirintiici segreti, fino a scoprire, a poco a poco, situazioni incredibili e personaggi sfuggenti. Nessuno è quello che sembra, fantasmi e chimere hanno piú consistenza delle persone in carne e ossa. Marías è bravo a disseminare la vicenda di indizi e dettagli come in un giallo e mostrarci l’altra metà della vita, quella nascosta e dissimulata. Raccontandoci l’inganno e svelandone la macchina che esso mette inevitabilmente in moto, Domani nella battaglia pensa a me racconta l’illusoria realtà in cui siamo sprofondati. Come sempre nei romanzi di Marias, lo stile è rapido, la punteggiatura scarseggia, il narrarsi si fa più scorrere di pensieri (di Victor), che racconto vero e proprio. L’ordine è dettato dalla coscienza, le immagini scorrono a raffica una dietro l’altra, offuscando e offuscandosi nel percorso della trama. Marias si conferma un ottimo “scienziato della coscienza” e un maestro nella “verbalizzazione del flusso di pensieri”; che rivela senza mezzi termini nè reticenze i lati oscuri della natura umana, la tragica ironia che a volte prende il sopravvento nel quotidiano,  anche di uomini “normali”, rendendoli casi “eccezionali”, il tutto sospendendo il giudizio, riportandoli semplicemente nella loro essenza. Interessante la presenza di un epilogo dell’autore,dove trovano luce numerosi misteri del romanzo, primo tra tutti il titolo, liberamente tratto, ancora una volta, come nel precedente “Un cuore cosi bianco”, dal maestro Shakespeare. Complessivamente un ottimo romanzo, dallo stile unico nella letteratura contemporanea, quello inimitabile di Javier Marìas, nato a Madrid nel 1951, nipote del cineasta Jesús Franco, figlio del filosofo Julián Marías (discepolo prediletto di José Ortega y Gasset), tradotto in tutto il mondo e vincitore dei più importanti Premi letterari, tra i quali il premio internazionale di letteratura Impac e il Nelly Sachs; ma anche traduttore e saggista. Domani nella battaglia pensa a me ha vinto il premio Rómulo Gallegos e il Prix Femina Etranger e quest’anno ha ricevuto il Premio Nonino. Nel gennaio scorso un suo elzeviro contro Berlusconi a l’acquiescenza italiana ha fatto molto scalpore.  In una società in cui l’impunità diventa la regola, ha detto Marias, i cittadini finiscono per considerarla parte naturale della convivenza civile, sicchè, nel Nostro Paese, con Berlusconi ed il berlusconismo, c’è un senso in cui la tolleranza “cresce in noi giorno dopo giorno”, un senso “scuro” che fa crescere l’inciviltà. Naturalmente è stato tacciato, dopo questo, dalla stampa di destra, di comunismo e nichilismo, senza tener conto che l’intellettuale spagnolo ci inchioda ad una centrale domanda: se davvero i popoli, o almeno la maggioranza votante di essi, accetta i soprusi del potere, con quale strumento democratico si inverte la tendenza? Tornando al romanzo, oltre alla surreale vicenda pirandelliana, vi ho scorto tracce narrative che riportano al film “Professione reporter”:  un giallo che si porta addosso un mistero, con una  ossatura narrativa che si confronta col mestiere di riferire la verità che, comunque, è sempre complessa, imprevista e a volte irriferibile. Come scriveva Franco Zingralli quattro anni fa, il vasto e fertile filone delle presenze pirandelliane nella letteratura contemporanea, ha compreso non solo scrittori italiani (Buzzati e Bonaviri e Landolfi , soprattutto), ma anche molti scrittori stranieri. In questo romanzo di Mariàs, anche le tecniche diegetiche, narratologiche, e sperimentali sono pirandelliane, con procedimenti espositivi e struttura, che riecheggiano i mezzi della composizione della novella di Pirandello, mostrando la natura di una vera e propria favola moderna, con messaggi morali anche di stampo paradossal-umoristico, ma non per questo meno cogenti e centrali.

Carlo Di Stanislao

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