Il titolo originale, come spesso accade, non c’entra nulla con quello italiano essendo “”Witches season“: La stagione delle streghe. Uscito a gennaio negli USA “L’ultimo dei templari” sarà nelle sale italiane dal 15 giugno, con una storia ambientata nell’Europa del XV secolo e due cavalieri , fedeli a Dio e alla Chiesa, impegnati nella Crociata – non viene precisata quale Crociata, ma nè la geografia nè la precisione storica sembrano essere il carattere dominante del film – che capiscono, in un’epifania dell’orrore di una guerra senz’anima, che non intendono continuare a uccidere nel Nome di Dio e decido di disertare.
Sulla strada verso casa vengono chiamati al cospetto del cardinale D’Ambroise, vecchio e in fin di vita, vittima della peste e che, in cambio del perdono per la diserzione, vuole che i due i portino una donna sospettata di stregoneria e presunta responsabile del diffondersi della Morte Nera, in un villaggio remoto dove sorge un monastero nel quale verrà processata. Interpretato da Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham, Ulrich Thomsen, Stephen Campbell Moore, Robert Sheehan, Claire Foy, Christopher Lee, Matt Devere, Nick Thomas-Webster e Peter Linka, il film, scritto da Bragi F. Schut è stato diretto da Dominic Sena, già noto regista pubblicitario, fra i fondatori della Propaganda Films, per la quale ha realizzato gli spot di note aziende come la Nike e la Apple che gli sono valsi la Palma d’oro al Festival Internazionale della Pubblicità di Cannes, passato poi ai video musicali per cantanti come Sting, David Bowie e Tina Turner ed autore di lungometraggi dal 1993, col primo film “Kalifornia” con Brad Pitt e Juliette Lewis. Per molta critica questo film è l’ennesimo scivolone di Nicolas Cage, non nuovo all’argomento, pure se in ambientazioni e situazioni differenti, nel ruolo del cavaliere di ritorno dalle Crociate, che cerca il proprio riscatto a fronte di un eccidio commisurato solo alla follia umana che lo provoca, considerate soprattutto le motivazioni di natura religiosa che, da santi propositi, conducono all’ingerenza e alla morte. Sena imposta il film sui cardini poco oliati di una condizione storica ecclesiale controversa, focalizza in seguito l’attenzione sul rapporto fra uomo e Fede e sposta l’accento sul dualismo colpa – innocenza, ma l’aspetto della trascendenza scivola nella faciloneria soprannaturale e il meccanismo umano stride in un racconto fantasy di ambientazione medievale, fitto di artificiosità digitali fino alla decenza visiva, mal tollerate oltre il limite del buon gusto e comunque prive del minimo senso di originalità. Eccelsa, invece, la prova-cammeo di Cristopher Lee, entrato di recente nel Guinness dei primati come l’attore vivente più citato sugli schermi e che a quasi 90 anni (è del 1922), mostra ancora una invidiabile tempra interpretativa. Nonostante una carriera molto apprezzata dalla critica, che perdura da circa 60 anni, Lee non è mai stato nominato per un Academy Award e certo questo film non potrà colmare la grave lacuna. Il trailer del film è su www.digitalizzandotv.net. Il titolo scelto per il mercato italiano è identico a quello di un film del 2009 di Jean Marc Pichè, con David Nerman, uscito in DVD nel 2010. Per la precisione ricordiamo, infine, che il fenomeno della caccia alle streghe nacque all’incirca alla fine del XV secolo e perdurò fino all’inizio del XVIII secolo all’interno dell’occidente cristiano. Benché le prime tesi sulla stregoneria vengano fatte risalire alla letteratura cattolica del 1400 circa, fu in particolare nelle regioni protestanti in cui ebbe maggior rilevanza e recrudescenza il fenomeno, soprattutto durante l’Umanesimo e il Rinascimento. In quell’epoca, le streghe, ritenute sospette e pericolose dalle autorità civili e religiose, furono oggetto di persecuzioni che sovente terminavano con la morte. Le presunte streghe (e a volte anche i loro figli, soprattutto se femmine), appartenevano per lo più alle classi sociali inferiori ed erano di solito vedove, prostitute, levatrici ed herbarie. Soltanto una piccola minoranza di loro poteva essere realmente annoverata tra i veri e propri criminali (fu il caso della cosiddetta “Voisin”, per esempio, prestatrice di servizi satanici per le messe nere della Marchesa di Montespan, pure lei criminale, favorita di Luigi XIV di Francia, al fine di assicurasi a lungo i favori del re), colpevoli di omicidi, o di altri gravi reati. La stragrande maggioranza era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso “levatrici” e guaritrici o prostitute, in un tempo in cui decotti ed infusi a base di piante usati dall’empirico sapere tradizionale delle guaritrici risultavano non meno efficaci e sicure di medicine e medici: e, d’altra parte, la popolazione, essenzialmente rurale, non aveva altre possibilità per curarsi del ricorrere ai loro rimedi, meno costosi di quelli dei medici.Veniva considerata “strega” anche chi possedeva gatti neri, aveva i capelli rossi o un neo nell’iride dell’occhio (il cosiddetto “segno del diavolo”). Del fenomeno parla in modo completo ed approfondito lo storico francese Jules Michelet, nel libro, edito il 1° gennaio 1862, “La Strega”, che non è, in senso stretto, né un saggio storico – antropologico, ma neanche un romanzo e che qualcuno definisce un poema in prosa in cui, dalla prima all’ultima parola, si sente lo sdegno, l’incredulità, la rabbia, la tristezza dello scrittore rivolti parallelamente alla condizione miserabile e penosa della donna e contro l’istituzione e i rappresentanti della Chiesa e dei suoi alleati mai come in questo caso così violenti e perversi, che dopo aver inventato l’esistenza del diavolo non potevano non inventare l’esistenza degli adoratori del diavolo e soprattutto delle adoratrici del diavolo. Lo storico commosso ci racconta la drammatica evoluzione di una donna che da sibilla, maga e fata si trasforma lentamente in strega con il potere di guarire e curare ma anche di fare malefici. Michelet era un illuminista romantico che credeva che la scienza, la medicina così avversati dalla Chiesa ci avrebbero infine salvato e i lumi ci avrebbero fatto uscire dal buio delle credenze religiose e delle superstizioni. Non poteva essere che così nel 1862. Altri mostri avrebbero partorito la scienza e la medicina che Michelet non ha fatto in tempo a conoscere. Comunque, se gli autori del film lo avessero letto, intendo Michelet, non ci avrebbero dato un film tanto vuoto e piatto, ma il racconto complesso ed avvincente di una strega per suo volere, per necessità o per ribellione, strega per miseria, solitudine o diventata tale a causa dell’invidia subita, strega per comodità nelle carestie e nei periodi di siccità, strega amante del diavolo, come ribellione alla autorità cristiana ed oppressiva in nome del Signore.
Carlo Di Stanislao
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