Cemento e inquinamento assediano il mare e le coste italiane. Dall’ennesimo progetto di porto turistico a Montenero di Bisaccia (CB), ai campi da golf di Jesolo (VE), dalle case abusive di Campobello di Mazara (TP) alle inutili e devastanti trivellazioni petrolifere alle Egadi come alle Tremiti, nuovi e antichi nemici continuano a minacciare i paesaggi più preziosi e la biodiversità delle coste e degli ecosistemi marini del Belpaese. Mare Monstrum 2011 di Legambiente illustra le caratteristiche del mare illegale nostrano e denuncia tutte quelle attività che inquinano e deturpano i fragili ecosistemi delle nostre località costiere.
“Vogliamo assegnare ironici Oscar alle peggiori minacce che incombono sulle nostre coste – ha dichiarato Sebastiano Venneri, il vice presidente nazionale di Legambiente, che nel corso della conferenza stampa di lancio di Goletta Verde 2011 ha illustrato il dossier – per segnalare alcune delle situazioni assurde che continuano a ripetersi in Italia a danno dell’ambiente e della collettività, e segnalare invece, in positivo, tutte quelle esperienze di buona governance del territorio condotte nel nome del bene comune, da sindaci, politici, giudici e liberi cittadini che si impegnano attraverso la tutela dell’ambiente per recuperare pezzi del territorio dal degrado e riportare un po’ di legalità e un po’ di bellezza sulle coste del nostro Paese”.
L’Oscar della spudoratezza sarebbe per il Governo italiano e, in particolare, per i Ministri Tremonti e Brambilla, alla cui mente fervida deve essere ricondotto il provvedimento contenuto nel cosiddetto Decreto sviluppo che avrebbe consentito la vendita delle spiagge italiane, con la trovata del “diritto di superficie”, bizzarro escamotage messo a punto per aggirare le norme europee sulle gare, ma soprattutto per permettere sul demanio marittimo quello che nessun condono e nessuna normativa avrebbe mai potuto concedere. Ora il provvedimento spudorato è stato ritirato, ma c’è da scommettere che periodicamente verrà riproposto.
Altrettanto spudorata da meritare un Oscar ex aequo è l’iniziativa della Est Capital, una società padovana che ha voluto spacciare una lottizzazione in grande stile al Lido di Venezia con relativa costruzione di tre torri alte 20 metri, come un progetto di “riqualificazione del Parco della Favorita”, come se un Parco, sia pur malridotto, potesse mai trarre beneficio da una colata di cemento. L’Oscar per la monotonia va al privato che sta realizzando l’ennesimo porto turistico a Montenero di Bisaccia (CB) a ridosso della foce del Trigno e a pochi chilometri da numerosi altri porti turistici per un totale (attuale) di 2.341 posti barca in appena 70 km di litorale, nemmeno fossimo in Liguria!
L’Oscar per la demagogia invece lo daremmo a buon titolo al sindaco di Campobello di Mazara (TP) Ciro Caravà che, meglio di Cetto Laqualunque, ha condotto una campagna elettorale per la sua rielezione prospettando ai concittadini il condono per le loro case abusive sulla costa sulla base di vecchi atti amministrativi senza alcun valore.
Ma a parte l’ironia, l’aggressione alla fascia costiera – considerando tutti i reati relativi a cemento illegale, inquinamento delle acque, pesca di frodo e violazioni al codice della navigazione – quest’anno fa registrare segnali piuttosto allarmanti con un aumento cospicuo delle infrazioni accertate (11.815, pari al +32,2% rispetto all’anno precedente) e le regioni a tradizionale presenza mafiosa saldamente al comando della nostra classifica negativa.
E’ la Campania la leader indiscussa di questo quartetto con ben 4 reati ogni chilometro di costa, contro una media nazionale di 1,6. Dell’impatto del cemento si è già abbondantemente parlato, ma non meno inquietante è il dato relativo ai reati per inquinamento e cattiva depurazione che quest’anno fanno registrare una vera e propria impennata con un +44,3% rispetto all’anno precedente (3.781 nel 2010 contro i 2.621 del 2009). E’ un aumento che si spalma più o meno omogeneamente su tutte le regioni del nostro Paese e che rimanda alla generale inadeguatezza del servizio di depurazione in Italia, un paese che, a dispetto del ruolo che riveste fra i grandi paesi industrializzati del pianeta, fa registrare un inquietante 30% di deficit depurativo, pari a circa 18 milioni di nostri connazionali che scaricano i propri reflui più o meno tal quali, senza un servizio di depurazione appena accettabile. Per questo rischiamo, dopo una serie di procedure d’infrazione, d’essere addirittura deferiti alla Corte di Giustizia Europea. E a far da traino nel record negativo sulla depurazione ci sono anche tante realtà del nord Italia che smentiscono, una volta tanto, il luogo comune che vorrebbe addossare al meridione la responsabilità di trascinare verso il basso il Paese intero. Imperia, Treviso o Trieste sono ai primi posti fra le località con la peggiore efficienza depurativa, per tacere della ricca regione Lombardia che fa registrare ben due milioni di suoi abitanti con depurazione inesistente.
Accanto a inquinamento e cemento, i tradizionali nemici del mare, si fanno strada anche nuove forme di aggressione, prime fra tutte le trivelle delle società petrolifere che, complice un Ministero dell’Ambiente di manica larga nella valutazione degli impatti ambientali, stanno scaldando i motori dai fondali delle Egadi fino a quelli abruzzesi passando per quelli delle isole Tremiti. Il tutto per estrarre, a detta del Ministero dello Sviluppo Economico, il greggio sufficiente a mandare avanti il nostro Paese per venti mesi. Appena venti mesi di autonomia energetica a fronte di un rischio inquinamento enorme che, in caso di disastro ambientale, ipotecherebbe per sempre il futuro delle nostre coste.
A completare il quadro, tra i nuovi nemici del mare non possiamo non citare la plastica, il rifiuto più presente nei nostri mari con percentuali che oscillano fra il 60 e il 95% a seconda delle aree. Secondo l’Arpa Toscana, ad esempio, il materiale plastico tra i rifiuti presenti nelle acque dell’arcipelago toscano prelevati dai pescatori a strascico, è pari al 73%, il tutto in pieno Santuario dei cetacei. Sarebbero invece 500 le tonnellate di rifiuti in plastica che complessivamente galleggiano nel Mediterraneo, mentre secondo l’Istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e l’Università belga di Liegi, nell’estate 2010 la concentrazione più alta di plastica nel Mediterraneo era nel nord del Tirreno e a largo dell’Isola d’Elba con 892.000 frammenti plastici per km2, rispetto ad una media di 115.000. “Alla luce di questi dati – ha sottolineato Venneri – assume ancora più importanza la decisione del nostro Paese di bandire i sacchetti di plastica non biodegradabile che ci facevano registrare consumi record. Basti pensare che l’Italia da sola consumava un quarto dei sacchetti dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Il bando dei sacchetti di plastica è quindi un’ottima notizia per il nostro mare. E questa sarà la prima estate di una nuova era deplastificata”.
Ma Mare Monstrum 2011 registra anche tanti segnali positivi, in particolare il lavoro di tante Procure e amministrazioni locali che hanno saputo invertire la tendenza negativa e trovare gli strumenti giusti per contrastare efficacemente i pirati del mare e della costa. A cominciare dal lavoro della precedente amministrazione comunale di Rossano (CS) che ha demolito metà degli ottanta villini costruiti sul demanio marittimo e ci auguriamo che la nuova amministrazione concluda l’opera. Per continuare con quella di Isola Capo Rizzuto, dove sindaco e prefetto stanno combattendo una dura battaglia contro l’abusivismo in un contesto largamente ostile. E poi ancora con il lavoro della sezione ambientale della Procura di Napoli che dal 2007 al 2010 ha visto diminuire i procedimenti giudiziari a carico di soggetti noti da 15.614 a 10.762 e quelli a carico di ignoti dai 33.215 del 2007 agli 8.650 del 2010. Considerando che per buona parte si tratta di procedimenti per abusi edilizi é fin troppo evidente che questo trend positivo debba essere messo in relazione con una ritrovata coerenza e determinazione nel perseguire gli abusivi.
Sono loro, per Legambiente i veri vincitori a cui andrebbe assegnato l’Oscar del mare.
Ufficio Stampa di Goletta Verde: Laura Binetti 346-4035191
I dieci nemici del mare italiano
1) Gli scarichi fognari non depurati. La copertura del servizio di fognatura in Italia è dell’85%, quella della depurazione arriva al 70,4%, lasciando una ampia parte di popolazione sprovvista di sistemi adeguati di trattamento delle acque. E questo si traduce in inquinamento di origine organica che finisce dei collettori naturali principali, fiumi e laghi, e alla fine in mare. |
2) Il cemento sulla spiaggia. Dall’abusivismo di decine di migliaia di villette per le vacanze, ai tanti attracchi privati e grandi alberghi a picco sul mare che tolgono alla fruizione pubblica spiagge e specchi di mare, mettendo a repentaglio la stabilità della costa. Senza dimenticare la “muraglia cinese” di stabilimenti balneari, ristoranti, discoteche, tutti ovviamente recintati, che rendono inaccessibile la spiaggia se non con il pagamento, illegale, di una sorta di pedaggio per raggiungere il mare. |
3) Le trivellazioni off shore di petrolio. L’Italia, attraverso 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore, movimenta complessivamente oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all’anno a cui vanno aggiunte le quantità di petrolio e affini stoccati in 482 depositi collocati vicino al mare, con una capacità di quasi 18 milioni di metri cubi. Oltre ai 76 pozzi di estrazione già esistenti ci sono nuove aree d’Italia a rischio trivelle. |
4) Il traffico delle petroliere. Ogni giorno le acque del Mediterraneo sono solcate da 2.000 traghetti, 1.500 cargo e 2.000 imbarcazioni commerciali, di cui 300 navi cisterna (il 20% del traffico petrolifero marittimo mondiale) che trasportano ogni anno oltre 340 milioni di tonnellate di greggio, ben 8 milioni di barili al giorno. |
5) I rifiuti plastici in mare. La plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto in mare, costituisce dal 60% all’80% del totale dell’immondizia trovata nelle acque, pari a circa 500 tonnellate di rifiuti che complessivamente galleggiano nel Mediterraneo. Secondo l’Unep e l’Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mammiferi marini, 49 sono a rischio intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento. |
6) La pesca illegale e le spadare. La mancata applicazione di sanzioni efficaci e della sospensione della licenza di pesca rappresentano il nodo principale della questione, misure previste dal Decreto Ministeriale del 14 ottobre 1998, ma disapplicate dalle autorità italiane. Proprio per questo, e per gravi carenze nei controlli, l’Italia ha subito processi di infrazione e accertamenti che hanno comportato la richiesta di restituzione di oltre 7 milioni di euro nel 2008 da parte dalla Commissione Europea al nostro Paese. |
7) Le navi dei veleni. Sono decine le imbarcazioni dal carico sconosciuto che negli anni ‘80 e ‘90 sono partite dai porti italiani e poi sparite nel nulla lungo le coste dell’Italia. Sapere se e dove sono effettivamente affondate queste navi e cosa trasportavano è un diritto dei cittadini e un dovere delle Istituzioni |
8) L’inquinamento industriale. In Italia, infatti, ci sono tuttora grandi impianti industriali che continuano ad emettere inquinanti in aria, acqua e suolo, e ci sono alcuni tratti di costa e di mare nel nostro paese che nel corso di decenni di attività industriale hanno subito danni enormi, di cui ancora oggi si sta pagando il prezzo. |
9) L’erosione costiera. Secondo l’ISPRA, circa il 30% dei litorali italiani è soggetto a intenso arretramento, e il 24% dei litorali sabbiosi ha subito negli ultimi 50 anni arretramenti medi superiori ai 25 metri. Questi dati confermano che il nostro Paese è tra quelli a più alto rischio di erosione in Europa. |
10) Il carbone nelle centrali termoelettriche sulla costa. Negli ultimi anni con l’inaugurazione della nuova centrale a carbone di Civitavecchia e l’autorizzazione dei nuovi gruppi di Fiumesanto in Sardegna e Vado Ligure, il nostro paese ha deciso di rilanciare con forza il combustibile in assoluto più dannoso per l’ambiente. Ma anche altre zone della nostra costa rischiano l’arrivo del combustibile killer del clima, come Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, o Rossano Calabro (Cs) che oggi brucia olio combustibile. |
Il quadro generale del mare illegale in Italia
Cta-Cc | Gdf | Cap. di porto |
Cfs + Cfr
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Totale
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Infrazioni accertate | 1.461 | 2.062 | 7.143 | 1.149 | 11.815 |
Persone denunciate
e arrestate |
1.965 | 3.435 | 6.947 | 1.785 | 14.132 |
Sequestri effettuati | 518 | 2.062 | 764 | 716 | 4.060 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati Forze dell’ordine e Cap. di porto (2010)
La classifica nazionale del mare illegale
Regione | Infrazioni accertate
|
Percentuale
sul totale
|
Persone denunciate
o arrestate
|
Sequestri
Effettuati
|
|
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Campania = | 1.872 | 15,8 | 2.474 | 656 |
|
Sicilia ↑ | 1.813 | 15,3 | 2.216 | 564 |
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Calabria ↑ | 1.747 | 14,8 | 1.854 | 610 |
|
Puglia ↓ | 1.505 | 12,7 | 1.636 | 658 |
|
Sardegna = | 991 | 8,4 | 1.340 | 234 |
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Liguria ↑ | 819 | 6,9 | 849 | 126 |
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Lazio ↓ | 732 | 6,2 | 912 | 405 |
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Toscana ↑ | 613 | 5,2 | 790 | 128 |
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Marche ↓ | 406 | 3,4 | 482 | 187 |
|
Emilia Romagna = | 383 | 3,2 | 458 | 229 |
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Friuli Venezia Giulia ↑ | 306 | 2,6 | 325 | 45 |
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Veneto ↓ | 286 | 2,4 | 301 | 106 |
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Abruzzo ↓ | 237 | 2,0 | 393 | 85 |
|
Molise ↑ | 59 | 0,5 | 50 | 8 |
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Basilicata ↓ | 46 | 0,4 | 52 | 19 |
Totale | 11.815 | 100 | 14.132 | 4.060 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati Forze dell’ordine e Cap. di porto (2010)
I principali reati ai danni del mare
Reato | Infrazioni
accertate
|
% rispetto
al 2009 |
Persone denunciate
e arrestate |
Sequestri
effettuati |
Abusivismo edilizio
sul demanio |
3.495 | -11,6 | 5.044 | 1.635 |
Depuratori, scarichi fognari, inquinamento da idrocarburi | 3.781 | + 44,3 | 3.679 | 1.555 |
Pesca di frodo | 1.748 | + 10,3 | 1.729 | 428 |
Codice della navigazione
e nautica da diporto |
2.791 | + 259,2 | 2.974 | 632 |
Totale | 11.815 | + 32,2 | 14.132 | 4.060 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati Forze dell’ordine e Cap. di porto (2010)
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