Per la Relatività di Einstein lo spazio è continuo. Per le teorie quantistiche è invece granuloso come la sabbia del mare: in pratica, a livello microscopico, non tutte le posizioni dello spazio sono permesse ma solo alcune. A cercare di mettere d’accordo queste due visioni opposte ci sta pensando il satellite INTEGRAL, le cui ultime misure ci danno due possibilità: o questi grani di spazio sono molto più piccoli rispetto a quanto ipotizzato, o le teorie che prevedono l’esistenza di certi effetti dovuti alla granulosità non sono corrette.
La conclusione si basa sull’ipotesi che la granulosità dello spazio ha effetti rilevabili sulla radiazione che lo percorre, effetti tanto più marcati tanto più è intensa la radiazione e tanto maggiore è la distanza che ha percorso. Per questo si sono cercate sorgenti di radiazioni molto lontane e molto energetiche, come nel caso dei Gamma Ray Burst, improvvisi lampi di radiazione gamma spesso prodotti dall’esplosione di stelle al termine della loro evoluzione. Alla fine la scelta è caduta su GRB 041219A, uno dei lampi gamma più intensi mai registrati, distante 300 milioni di anni luce. Per misurane la radiazione gamma si è utilizzato INTEGRAL: il satellite dedicato allo studio dei grandi fenomeni energetici che avvengono nell’Universo garantisce misure 10.000 volte più accurate rispetto ai suoi predecessori, grazie agli strumenti di bordo realizzati dalla collaborazione di Istituti italiani tra i quali l’INAF. La granulosità dello spazio avrebbe dovuto provocare effetti sulla radiazione proveniente da GRB 041219A: in particolare ci si aspettava una variazione nella polarizzazione delle onde elettromagnetiche che costituiscono tale radiazione, ovvero una variazione nella direzione di oscillazione delle onde. Ma non è stato trovato nulla.
“Questo risultato può avere due interpretazioni”, commenta Stefano Covino dell’ INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, tra i ricercatori coinvolti nello studio e uno degli autori del relativo articolo pubblicato su Physical Review. “Prima interpretazione: non abbiamo ancora la tecnologia necessaria per rilevare questi effetti. Il che significa che le dimensioni dei grani di spazio sono molto minori di quanto ipotizzato, inferiori ai 10 alla meno 48 metri. Ciò pone un vincolo molto forte alle teorie che descrivono la granulosità dello spazio, perché in pratica rendono attendibili quelle che prevedono dimensioni inferiori a questo valore mentre obbligano alcune delle altre a una forte revisione”.
C’è però anche una seconda possibilità:”Dobbiamo ricordare che non abbiamo ancora delle teorie universalmente accettate che ci dicono come è quantizzato lo spazio. Il fatto che INTEGRAL non abbia misurato le variazioni nella polarizzazione della radiazione gamma potrebbe anche significare che gli effetti previsti dalle teorie che prevedono la granulosità non sono corretti. In questo caso sarà necessario puntare su altre teorie che prevedono altri effetti”.
L’intervista completa a Stefano Covino
Luca Nobili
Inaf
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