Minaccia petrolio per il parco di Yoghi e Bubu

La rottura di un oleodotto della ExxonMobil, che porta il petrolio dal Wyoming e dal Canada fino all’area di Billing,  dove viene lavorato da tre diverse raffinerie, avrebbe causato la fuoriscita di petrolio nel fiume che attraversa il celebre parco americano di Yellowstone. La macchia si estenderebbe  già per un’area di una decina di migliaia […]

La rottura di un oleodotto della ExxonMobil, che porta il petrolio dal Wyoming e dal Canada fino all’area di Billing,  dove viene lavorato da tre diverse raffinerie, avrebbe causato la fuoriscita di petrolio nel fiume che attraversa il celebre parco americano di Yellowstone. La macchia si estenderebbe  già per un’area di una decina di migliaia di miglia intorno a Billings,  ma si teme che possa presto raggiungere il fiume Missouri in cui lo Yellowstone River si tuffa. Gary Pruessing, il presidente del gigante petrolifero texano, assicura che finora non ci sono “danni indicativi”, ma l’ambientalista Bobby McEnaney invita a diffidare delle versioni delle compagnie petrolifere, soprattutto alla luce di quanto accaduto nei giorni bui della crisi del Golfo. La condotta, vecchia di venti anni, a causa di precipitazioni abbondanti, era già stata  bloccata nello scorso maggio. Poi un test aveva ridato il via libera. Gli ambientalisti ricordano, inoltre, che  il disastro ambientale d’Alaska del 1989,  il più grande d’America prima della tragedia del Golfo, porta la firma proprio della Exxon, compagnia petrolifera statunitense, risultata dalla fusione tra Exxon e Mobil, effettuata il 30 novembre del 1999, che, nel 2005 ha avuto profitti per 36,13 miliardi di dollari (un primato per una società quotata), poco meno del PIL dell’Azerbaijan, mentre il suo fatturato supera per 30,5 miliardi di dollari. Nel giugno 2001, ExxonMobil è diventata obiettivo di una causa istituita dal tribunale federale del distretto di Washington, D.C. per illecito civile in zone estere. La causa riguardava reati che violano i diritti umani (tortura, omicidio e stupro), in cui la ditta è implicata, fornendo supporto materiale alle forze militari indonesiane, di guardia agli impianti della compagnia, che avrebbero commesso questi reati appunto ad Aceh. La ditta ha negato le accuse e ha depositato una mozione che rigettava la causa. Il Dipartimento di Stato USA ha depositato un parere sul caso nel luglio 2002, richiedendo che la causa, ordinata dall’ente International Labor Rights Fund, fosse rigettata per motivi di sicurezza nazionale. ExxonMobil è considerata da molti ambientalisti un esempio di totale irresponsabilità e inosservanza verso il rispetto dell’ambiente, fra i gruppi commerciali statunitensi. La compagnia è stata oggetto di numerose campagne politiche, tra cui la campagna di boicottaggio Stop Esso, tenuta da Greenpeace, Friends of the Earth e People and Planet. Queste organizzazioni solitamente usano la scritta “E$$O”, per mostrare la loro convinzione che la compagnia sia solo interessata in profitti a breve termine e voglia usare il proprio peso finanziario per “comprare” influenza. Quello di Yellowstone è il più antico parco nazionale nord-americano, risalente al 1872, con una dichiarazione del Congresso degli Stati Uniti che  elevava a Riserva tutta la zona nord-occidentale del Wyoming, compresa una piccola parte dell’Idaho e del Montana, per un totale di 866.300 ettari, portati oggi a 898.349. Nel cuore delle Montagne Rocciose, Yellowstone si trova a un’altitudine media di 2.400 metri. Il cuore del parco è occupato dal lago Yellowstone, mentre l’omonimo fiume vi ha scavato un canyon di 32 chilometri di lunghezza, con pareti scoscese, profonde. Due spettacolari cascate segnano questo lungo percorso. Fino alla seconda metà dell’Ottocento l’area del parco era occupata da tribù Shoshone, Crow e Blackfeet, oggi è un paradiso per chi ama la natura allo stato puro e per chi desidera compiere escursioni a piedi. Oltre 85 itinerari permettono di accedere a una rete di 1200 miglia di sentieri. L’ecosistema del parco è tuttora completamente intatto, con una vasta biodiversità di fauna selvaggia. Nel 1902 a Yellowstone, vi erano meno di 50 esemplari di Bisonte americano; nel 2003 si arrivò all’enorme cifra di 4.000 esemplari. Il picco della popolazione del Bisonte americano è stato raggiunto nel 2005 con 4.900 animali. La polazione è poi lentamente diminuita fino ad arrivare ai 3.000 esemplari del 2008. Le cause del calo della popolazione furono tante, tra cui anche il freddo inverno del 2007 che fece morire tanti animali, non solo bisonti. Nel parco vivono anche lupi, alci e orsi Grisly e da una storpiatura del suo nome, divenuto nei catoons di a William Hanna e Joseph Barbera “Jellystone”, sono collocatele vicende della simpatica coppia Yoghi e Bubu, usciti in film, per la prima volta, nel 1953. Gli USA, che non ha più un’oncia d’oro dalla grande crisi del 1934, secondo quanto dichiarato il 9 giugno Alvarez Scott, avvocato della Federal Reserve, nel corso di un dibattito con il congressista repubblicano Ron Paul, ha più che mai bisogno di petrolio, poiché  il dollaro ha continuato ad essere usato come moneta internazionale grazie al fatto che il petrolio, il prodotto più importante, è scambiato in dollari  e da qui si comprende bene l’ostilità americana con cui era stata accolta la proposta più volte avanzata da Stati produttori, non ultimi Iraq (di Saddam) e Iran attuale, di scambiare il petrolio in euro. La potenza economica Usa è ormai solo un’immagine, destinata ad offuscarsi a mano a mano che anche la sua potenza militare diventa più incerta. E l’arrampicarsi sugli specchi della finanza virtuale e la continua profusione ed emissione di biglietti verdi (svalutati), fa somigliare sempre più la ricchezza Usa a quella accumulata nei mondi fittizi d’internet; sicchè sono il petrolio ed i petrolieri a dettare davvero legge in quel Paese, che ora, si sta preparando a scavare in Alaska, sempre  per il petrolio, con la Russia che si appresta a compiere la stessa operazioni ed il profilarsi di una situazione di crisi per l’oro nero, divenuto sempre più raro, mortale e prezioso.

Carlo Di Stanislao

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *