La strada dritta

Una strada che ha davvero unito il Nord al Sud: 775 chilometri,  che hanno permesso di compiere, in poche ore, ciò che prima impegnava diverse settimane di tempo. Prima di quella strada, che doveva essere dritta e collegare Milano a Napoli, negli anni del cosiddetto “miracolo”, l’avveniristico (allora) “Treno del Sole”, impiegava una intera giornata […]

Una strada che ha davvero unito il Nord al Sud: 775 chilometri,  che hanno permesso di compiere, in poche ore, ciò che prima impegnava diverse settimane di tempo. Prima di quella strada, che doveva essere dritta e collegare Milano a Napoli, negli anni del cosiddetto “miracolo”, l’avveniristico (allora) “Treno del Sole”, impiegava una intera giornata a coprire quel percorso. Certamente quella della A1, la mitica Autostrada del Sole, è stata una grande avventura,  che si realizzò in tempi che oggi consideriamo incredibilmente rapidi: i lavori vennero inaugurati a S. Donato il 19 maggio del 1956 alla presenza del presidente della Repubblica Gronchi, del cardinal Montini arcivescovo di Milano e del ministro dei Lavori Pubblici Romita,  che aveva fortemente voluto e fatto approvare dal Parlamento una legge che dava il via all´operazione. Ci vollero  solo otto anni per portare a termine quell’interminabile  nastro d´asfalto, che verrà inaugurato il 4 ottobre del 1964 e al quale il Moma di New York dedicherà una grande mostra intitolata”Un´opera d´arte italiana”, come simbolico e concreto riconoscimento della nostra rinascita. Certo l’’Autosole non fu, a rigore,  la prima autostrada italiana. Mussolini ne costruì diverse e anche lui ne fece un simbolo: “Segno certissimo della nostra costruttiva potenza…”.  Ma si trattava di tronchi isolati, monumentini retorici e inutili. L’Autostrada del sole fu, invece,  una struttura portante del Paese, non un’opera di regime, neanche di quello democristiano, poiché, come ricordano in molti, le due culture dominanti allora, cattolica e comunista, erano erano entrambe diffidenti per motivi diversi verso quel tipo di modernità.  In quegli anni poi i governi erano deboli, non avevano tempo né competenze per le grandi opere. Ma alla guida delle aziende pubbliche c’erano invece uomini forti, come, ad esempio, Enrico Mattei ed erano loro che decidevano la politica da seguire. Su questa straordinaria impresa italiana, Francesco Pinto, giornalista Rai di lungo corso, ha scritto ora un romanzo (il suo primo): “La strada dritta”, uscito da qualche giorno per Mondadori. Trecento pagine, che si leggono con piacere, in cui il protagonista assoluto è Fedele Cova, un ingegnere generoso e tirannico, animato da un vero e proprio furore e da sproporzionata ambizione, che riuscirà, nel giro di pochi anni a superare l´ostilità, l´insipienza o le richieste di molti politici (ma acconsentirà alla richiesta di Fanfani di far passare da Arezzo l´autostrada) e l´insipienza di molti funzionari e dirigenti del Ministero (indimenticabile quello che pretendeva che l´autostrada avesse, come tutte le strade d´Italia, i marciapiedi). Accanto a lui si muovono altri personaggi, tra cui Giovanni Nigro un ingegnere che, dopo essersi laureato a Torino nel 1943, era stato inghiottito dalla guerra di Russia e che ancora, di notte, si svegliava assalito dagli incubi di quell´inverno e di quella ritirata; un giovane arrivato a Milano dal Sud e che lavora giorno e notte sognando con quella strada di tornare nel suo paese per sposare la ragazza che amava; i giovani operai caduti sul lavoro a Barberino di Mugello, per il crollo di un ponteggio. Un vero e proprio esercito di eroi e di martiri, uomini dalla schiena dritta, che non desistettero, nonostante le avversità, dall’idea di costruire davvero un ponte di connessione per la lunga, lunghissima Penisola. Il romanzo, fra l’altro, inaugura un genere letterario inedito: l’epica autostradale con annessa morale civile, che racconta di un Paese orgoglioso di sé e capace di una impresa che poi sarebbe stata irripetibile. Fedele Cova è un personaggio storico: primo amministratore delegato della Società Autostrade, volto severe e uomo tutto di un pezzo. Gli altri sono personaggi di fantasia. Ciò che Pinto è riuscito a raccontare, non è stato la carriera dei singoli, ma lo spirito di un decennio magico quando tutto sembrava giovane e pulito, quando mandavamo satelliti in orbita, ospitavamo le Olimpiadi, la lira era la moneta più stabile del mondo e, addirittura,  battezzavamo l’Europa. In quegli anni ci buttammo alle spalle l’angoscia della guerra per diventare un grande Paese, sapendo di potercela fare da soli. Giornalista, regista e dirigente televisivo, Francesco Pinto è nato nel 1952 e nel 1987,  ha prodotto per la Rai il film di Peter Del Monte Giulia e Giulia, con Kathleen Turner, Sting e Gabriel Byrne, la prima pellicola italiana in alta definizione. Dopo essere stato per alcuni anni in forza a Rai 3, dal 200, è poi tornato a dirigere e il Centro Rai di Napoli.

Carlo Di Stanislao

 

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