Caso Venturelli: assolto Podlech, giudice militare di Pinochet

Sconforto e amarezza per la sentenza emessa l’altro ieri dalla prima Corte d’Assise di Roma (testoin pdf) che, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha decretato l’assoluzione piena “per non aver commesso il fatto” e l’immediata scarcerazione per Alfonso Podlech, l’exprocuratore militare del regime di Augusto Pinochet, sotto processo a Roma per la morte del […]

Sconforto e amarezza per la sentenza emessa l’altro ieri dalla prima Corte d’Assise di Roma (testoin pdf) che, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha decretato l’assoluzione piena “per non aver commesso il fatto” e l’immediata scarcerazione per Alfonso Podlech, l’exprocuratore militare del regime di Augusto Pinochet, sotto processo a Roma per la morte del desaparecido Omar Venturelli, ex sacerdote italo-cileno, avvenuta poco dopo il golpe militare cileno del 1973. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo.

L’ex giudice militare di Pinochet, che oggi ha 76 anni, era stato arrestato in Spagna nel 2008 e trasferito subito in Italia, dove l’inchiesta sulla morte di Venturelli e di altri tre italiani scomparsi dopo il colpo di Stato militare in Cile era iniziata nel 1998. Lo scorso marzo Podlech era stato sorprendentemente scarcerato da Rebibbia, in quanto – secondo il Tribunale del riesame – non sussisteva il “pericolo di fuga”. Alfonso Podlech, era stato arrestato in Spagna nel luglio 2008 mentre all’aeroporto di Madrid era in transito per prendere un volo per Praga; era accusato di strage, omicidio pluriaggravato e sequestro di persona.

Alfonso Podlech era infatti accusato di aver condannato a morte decine di dissidenti – tra cui anche alcuni cittadini di origine italiana – scomparsi nel nulla mentre erano detenuti nelle celle della polizia militare cilena. L’ex “fiscal militar”, che fu prima avvocato del dittatore Augusto Pinochet, arrestato il 27 luglio 2009, a Madrid, fu poco dopo estradato in Italia, rinchiuso a Rebibbia e rinviato a giudizio, su richiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che ha condotto un’ampia inchiesta per fare luce sulla scomparsa di alcuni italiani durante le dittature militari in America Latina. Decine e decine di testimoni sono venuti a Roma dal Cile, dal Canada, dalla Francia, dalla Spagna, dall’Olanda, dalla Germania per raccontare l’accaduto.

“Incontrai Omar Venturelli in carcere – ha raccontato Josè Venturelli, un medico dallo stesso cognome ma non parente. Gli avevano detto che era un sacerdote guerrigliero, che era un traditore, un traditore della sua classe, un traditore della chiesa. E poi soprattutto c’era un’ espressione che letteralmente si traduce ‘gli sarebbe arrivata’ che era una minaccia con implicazioni gravissime. Dal suo aspetto fisico, si vedeva subito che era stato trattato con grande brutalità e che nel suo caso la tortura e leminacce proferite contro di lui furono direttamente fatte dal procuratore Podlech“.

Nei confronti di Podlech la Prima Corte d’Assise di Roma, presieduta da Anna Argento, ha ritenuto non esercitabile l’azione penale per il reato di strage ed è stata dichiarata prescritta l’imputazione di sequestro di persona. Podlech è statoassolto anche dal reato di omicidio aggravato a danno di Omar Venturelli “per non aver commesso il fatto” (insufficienza di prove).

A fine udienza, Fresia Cea, moglie di Venturelli, e Maria Paz, la figlia, si sono strette in lacrime. Accanto a loro, a confortarle, c’era don Tonio dall’Olio, direttore di ‘Libera International’. “Ho trascorso la giornata di ieri in tribunale accanto a Fresia e Pacita, rispettivamente moglie e figlia di Omar Venturelli” – commenta don Tonio su Mosaico di pace. “Omar, ex prete, docente universitario e fratello della gente più povera. Interrogato, torturato a morte e mai più tornato a casa. A tradimento la Corte, dopo cinque ore di camera di consiglio ha emesso una sentenza di assoluzione e rimesso in libertà Podlech”.

“Podlech – continua don Tonio – si era dichiarato estraneo ai fatti di cui era imputato e diceva che le accuse erano mosse dalla sete di vendetta. E invece in noi c’era solo un’incontenibile desiderio di verità. Personalmente non desideravo vederlo invecchiare e morire in carcere. Soltanto conoscere un po’ di verità sui terribili fatti del Cile della dittatura. E tutto questo è stato negato nonostante le testimonianze di coloro che ce l’hanno fatta a uscire vivi e a reggere il confronto con colui che aveva potere di vita e di morte negli anni bui del Cile”.

Ma non ci fermeremo” – conclude don Dell’Olio. “Bisogna fare ricorso e arrivare ad una sentenza rispettosa, equa e giusta anche se l’imputato ormai godrà dell’impunità a casa sua. È fondamentale assicurare la solidarietà a chi ha avuto il coraggio di arrivare dal Cile fino in Italia per testimoniare. È necessario impegnarsi nell’educazione in ogni angolo del mondo perché si prosciughi la fonte dei Podlech. E perché non ci sia più una donna a piangere la seconda uccisione del proprio compagno”.

Anche l’on. Ivano Miglioli (PD) sostiene che “E’ auspicabile che un ulteriore grado di giudizio sappia finalmente individuare e punire il responsabile (o i responsabili) del delitto”. “Pur rispettando la sentenza della Corte d’Assise di Roma che ha assolto Alfonso Podlech, braccio destro di Pinochet, dall’accusa di strage, e in attesa di conoscerne le motivazioni, resta il rammarico per la mancanza di un colpevole (o dei colpevoli) della morte di tanti oppositori del regime cileno. Tra questi anche Omar Venturelli, ex sacerdote di origine pavullese, sequestrato e ucciso poco dopo il golpe del 1973” – sottolinea il deputato modenese, città di cui Venturelli era originario.

“Dopo quasi 40 anni dal golpe militare – che ebbe tra le sue prime vittime il presidente socialista Salvador Allende – la morte di Venturelli resta avvolta nel mistero. Ci auguriamo, in caso di ricorso contro la sentenza, che un ulteriore grado di giudizio sappia finalmente individuare e punire il responsabile (o i responsabili) di quei delitti”. “Alla vedova di Venturelli e alla figlia Maria Paz va la solidarietà nostra, del Partito democratico e di tutti i modenesi – conclude Miglioli. Sarà nostro impegno, in attesa che sia fatta giustizia, tenere vivo il ricordo di Venturelli e dei tanti che ebbero il coraggio di opporsi alla dittatura fascista. L’auspicio è che anche le istituzioni contribuiscano a conservare la memoria di un uomo giusto che ha pagato con la vita la difesa delle libertà”.

Unimondo

 

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