Sono rimasti schiacciati dalla crisi, bloccati al primo gradino della scalinata che avrebbe dovuto portarli dritti dritti nelle braccia sicure della Compagnia Portuale. Sono i lavoratori precari del porto di Livorno, imprigionati nell’interinale Intempo da cinque-sei anni, con stipendi da fame e l’incertezza dell’impiego, che impedisce loro ogni progetto di vita.
Riscuotono solo se e quando lavorano. Hanno contratti di un giorno e vivono appesi al cellulare. È con un sms che vengono avvertiti con preavvisi di poche ore di presentarsi al lavoro. E se non rispondono, è finita. Vengono messi al bando ed esclusi. Una vita in bilico, che costringe padri di famiglia a racimolare lavoretti al nero per non morire di fame e per non buttare via anni di vita e di speranza investiti nel porto. La promessa dell’assunzione li ha sempre spinti a chinare il capo, ad accettare in silenzio, a stringere i denti. Ma adesso non ce la fanno più.
E così, in ventisette hanno bloccato lo sbarco di un traghetto pieno di camion martedì sera e chiesto con forza un incontro con il presidente dell’Autorità Portuale che li ha ricevuti ieri. “Purtroppo questi ragazzi sono gli ultimi della catena occupazionale portuale – ci spiega Enzo Raugei, presidente della Compagnia portuale e vicepresidente di Intempo -. Ma fino a pochi anni fa, si entrava così: si faceva la gavetta per un po’ e poi scattava l’assunzione nella Compagnia e all’Agenzia di lavoro portuale. Talvolta anche al Terminal Darsena Toscana venivano assorbiti i lavoratori. E a quel punto era fatta. Adesso con questa grave crisi, il lavoro per tutti non c’è e a rimetterci sono stati proprio loro, ai quali non spetta nemmeno uno stralcio di indennità per i giorni non lavorati”. La Intempo nacque come ausilio alla catena lavorativa, per fornire manodopera nei momenti di grande picco. Era un ottimo trampolino di lancio da sempre gestito dalle medesime persone che gestiscono Agelp e Compagnia. Bastavano in media due anni e un lavoratore era al sicuro. In questi tempi di magra, invece, tutto si è sgretolato e non ci sono più certezze. Ma Raugei assicura: “Ci sono timidi segnali di ripresa del lavoro. Devono soltanto tenere duro ancora un po’. Appena questa ripresa si consolida, con il permesso dell’Autorità portuale e del Ministero, questi ragazzi saranno assunti e finirà il loro calvario”.
Ma nel frattempo Giuliano, Marco, Luca e tutti gli altri come vanno avanti? Con la media di duecento euro al mese e una famiglia da campare? “Sì, 54 euro, ho preso 54 euro perché in quel mese ho lavorato un solo turno”, ha raccontato al Tirreno Giuliano Giuliani, 48 anni e due figli, il più anziano degli interinali. E come lui Luca, 35 anni e una bimba piccola che quest’anno non ha fatto il 730 perché non ha raggiunto la soglia minima di entrate. “L’anno scorso ho lavorato 6-7 turni. Non abbiamo neppure la disoccupazione speciale perché non raggiungiamo i 78 turni all’anno. Ovvio che con 200 euro non si vive”.
Stella Spinelli-PeaceReporter
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