Nipote di Sigmund e di Anna, padre della scultrice Jane, ultimo grande umanista che ha rappresentato le nostre ossessioni e la decadenza del corpo rivoluzionando l’arte del ritratto, è morto ieri, ad 88 anni, Lucian Freud: un colosso della pittura contemporanea. Nato a Berlino nel 1922, si trasferì a Londra dopo l’avvento di Hitler, servendo, poi, nella Marina mercantile britannica. Sposato la prima volta nel 1948 con la figlia dello scultore Jacob Epstein, che dipinse in vari ritratti, nel secondo matrimonio, anche questo finito con un divorzio, sposo’ lady Caroline Blackwood. Lascia una schiera di figli, legittimi e non ed alcuni fra i capolavori più importanti del Novecento. Fondamentale per il suo sviluppo artistico e’ stato l’incontro, nei primi anni ’50, con Francis Bacon, da lui ritratto in uno dei suoi lavori piu’ famosi. Nelle sue opere, spesso scioccanti per la crudezza dei particolari, amava ritrarre persone che conosceva bene, i suoi amici, le sue compagne, i suoi figli. ”Voglio che la pittura sia carne”, affermava: una carne tormentata, ridondante, come quella strabordante dal divano sfondato su cui dorme una donna obesa (Sue Tilley), nel celebre quadro del 1995 ‘Benefits supervisor sleeping’, acquistato nel maggio 2008 da Christie’s per circa 34 milioni di dollari. Il gallerista William Acquavella, agente del pittore, ha detto ieri alla BBC: “”Viveva per dipingere e ha dipinto fino all’ultimo della sua vita”. La sua ultima grande mostra e’ stata la primavera del 2010 al Centre Pompidou a Parigi. L’anno prossimo e’ prevista una sua grande retrospettiva nella capitale britannica in occasione delle Olimpiadi londinesi. Lucian Freud era anche legato alla famiglia di Rupert Murdoch: suo nipote Matthew, figlio di suo fratello Clement, ha sposato Elisabeth, figlia dello ‘squalo’ Rupert. Sebbene, come detto, influenzato da Bacon ed Hopper, le radici mittel-europee ed il suo essere un Freud a tutti gli effetti, si percepiscono appieno nella sua ossessione per il soggetto, che deve rivelare tutto se stesso in modo che si possa selezionare cosa ritrarne. Così nei suoi quadri (specie dai primi anni ’60 fino ad oggi) trasferisce tutta la personalità dei suoi soggetti, dopo averla studiata a lungo, seguendo un approccio molto vicino ai filosofi esistenzialisti e ai pittori espressionisti tedeschi, poi caduti vittima dei nazisti. Basta osservare il suo ritratto di Elisabetta II che tanto scandalo creò in Inghilterra e che invece trasmette tutte le ansie e le incertezze della regina, che ha prima assistito allo sgretolamento del suo impero e che adesso vede persino a rischio il futuro della monarchia. O, per rimanere nello stesso, ambito, guardate “The Brigadier”in cui Parker Bowles è sì ritratto nella posa di grande uomo d’arme d’altri tempi, ma con un’espressione che trasmette tutto l’amarezza di quest’uomo che appare adesso come un intralcio nella sfolgorante storia d’amore della sua ex-moglie con il principe Carlo, mentre ne è stato vittima fin dall’inizio, che neppure se la poteva prendere con il cornificatore di Buckingham Palace. Ecco perché i quadri di Freud vanno osservati attentamente e lentamente, senza cercare la scarica di adrenalina tipica dell’arte contemporanea, ma gustandoli piuttosto come un buon bicchiere di vino, e così entrare nell’anima di quei soggetti e, attraverso di loro, nella nostra. I suoi punti di riferimento, da buon figlio della Germania che fu, sono i grandi pittori del passato, a partire dai ritrattisti olandesi come Frans Hals e poi giù fino a Watteau, Corot e Cezanne e proprio per conoscere a fondo i lavori di questi maestri, si recava in visita nei musei di mezza Europa e vi trascorreva lunghe giornate, un po’ come era uso nella Germania ottocentesca e novecentesca. Come quei grandi del passato, produce quadri con una lentezza che diventa quasi esasperante per i suoi modelli, tanto è vero che per dipingere lo splendido “Grande Interno” ha impiegato più di due anni. E sempre con una tecnica davvero sopraffina, che colpirà anche coloro che non amano l’arte contemporanea, e che lo pone casomai vicino ad altri due mostri sacri viventi dell’arte tedesca del secondo novecento, Gerhard Richter e Anselm Kiefer. Nessuno dei Freud sopportò facilmente l’abbandono della madre Germania, tanto che Sigmund finì per morire un anno dopo essersi messo al sicuro, mentre Lucian iniziò il suo strano percorso di vita sempre ai margini della società inglese. Prima pessimo studente, poi cattivo soldato, quindi ignoto e poi notissimo pittore, vivendo molto a lungo nel quartiere di Paddington, assolutamente “out”, e progressivamente abbandonato da gran parte dei suoi abitanti. Si è sempre tenuto ai margini del mondo dei lustrini, quasi non scrive, raramente partecipa a galà, come se si trovasse fuori dal suo ambiente naturale. E osservate anche i suoi quadri, ad esempio, il suo “John Deakin”, il ritratto di un ladruncolo di Paddington dal viso contorto, o “Sera nello Studio” dove accanto a un cane (che spesso troviamo nelle sue opere) ritrae una delle sue modelle preferite, Sue Tilley, una anonima impiegata pubblica decisamente sgraziata. Perfino quando sceglie un VIP, come ad esempio Kate Moss (il quadro è stato appena aggiudicato in asta per circa 5 milioni di Euro), scegli delle pose e delle situazioni insolite e infatti la famosa modella non appare né bella né in forma per via della gravidanza e per via della postura innaturale, che però ne restituiscono una dolorosa, melanconica umanità. Fino agli anni Ottanta la sua opera è apprezzata soprattutto da chi difende la pittura “vera”, intrisa di autentico vissuto (per intenderci, critici come Giovanni Testori o Jean Clair), ma la tendenza del gusto cambia in Gran Bretagna a partire da una mostra come “The New Spirit in Painting»”alla Royal Academy di Londra (1981), che propone una lettura in termini postmoderni anche del suo lavoro, e soprattutto con il successo negli anni Novanta della Young British Art, con alcuni esponenti come Jane Saville e Ron Mueck che sono chiaramente influenzati dalla ipertrofica e impressionante “fleshness” dei suoi enormi nudi maschili e femminili, come quelli della “Big Sue” (Tilley). Ed è così che Freud diventa (sostenuto da mercanti come Anthony D’Offay, da direttori di musei e da potenti operazioni mercantili internazionali) un maestro anche per le nuove generazioni e uno dei più quotati artisti presenti sul mercato.
Carlo Di Stanislao
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