Tornati dalla guerra, gli alpini della Taurinense hanno rimesso la mimetica e sono saliti in Valsusa per difendere il cantiere della Tav dagli assalti degli attivisti. Far la guardia alle ruspe è la consegna: dar man forte a polizia e carabinieri nel respingere la protesta dei valsusini. Domenica scorsa erano 150 le penne nere alla Maddalena. Oltre il doppio gli ex-alpini che li hanno contestati. ‘Montanari’ contro montanari. Veterani contro nuove leve, che qualcuno chiama già mercenari. Da qui proveniva il glorioso battaglione Susa, e anche da queste valli partono gli alpini destinati alla Forza di intervento rapido della Nato. Ora che li hanno visti dar manforte a polizia e carabinieri, i valsusini si chiedono: dove è finito lo spirito degli alpini?
Walter Neirotti è di Bussoleno, e ha fatto l’alpino quasi quarant’anni fa. “Ma non sono iscritto all’Ana (Associazione Nazionale Alpini, ndr). L’alpino l’ho fatto da militare, quando andava fatto. Ma io sono sempre stato contro tutte le guerre e non ho amato molto la divisa. Nel fine-settimana eravano tantissimi, centinaia di ex-alpini. Mi chiedo come si fa, a mandare gli alpini a fare ordine pubblico in modo così pesante contro una popolazione. Buona parte sono reduci dall’Afghanistan, dove siamo andati a ‘combattere il terrorismo’. Certo, ora siamo terroristi anche noi qui della Val Susa, è per questo che ci combattono. Ma combattono se stessi, perché in ogni paesino di queste valli ci sono metri di lapidi di caduti in tutte e due le guerre mondiali, ed erano tutti alpini. Mandare soldati che fanno ordine pubblico contro una popolazione che nei secoli ha dato il sangue per la patria è stato uno schiaffo, un insulto. Erano in tanti a protestare: ne ho visti centinaia col cappello da alpini, e soprattutto gente della mia età. Contro cosa protestavano? Contro i falsi alpini, quelli che avevano scudo e manganello, quelli in tenuta antisommossa. Al presidio vengono anche utilizzati per perlustrazioni, setacciano i boschi, fanno le ronde come nelle città. Solo che qui non siamo in città”.
Ha turbato molti, la vista degli alpini contro i valligiani. Gli alpini No-Tav, quelli da questa parte delle barricate, gli hanno scritto una lettera: “Abbiamo sfilato fianco a fianco con voi all’adunata del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e non ci piace vedervi lì. Ci sconforta vedere divise sempre onorate difendere simili interessi”. Enzo Chiappusso, ex-artigliere alpino, ora operaio, è di Novalesa e ha 57 anni. “Oggi sono un volontario della protezione civile. Giro l’Italia, e do una mano per sistemare i disastri che soprattutto i nostri politici hanno combinato. Quest’anno darò indietro la tessera dell’Ana, perché le dichiarazioni del presidente non mi sono andate giù”. Il presidente dell’Ana, Corrado Perona, ha scritto, in una lettera ai veterani della Valsusa, di non farsi strumentalizzare e coinvolgere in manifestazioni ‘di carattere politico’. “Gli associati dell’Ana – si leggeva nel documento – non possono utilizzare il cappello alpino per manifestazioni di carattere politico, a maggior ragione in presenza di così evidenti tentativi di strumentalizzazione”.
Chiappusso ci è rimasto male, così come il gruppo degli alpini ‘No Tav’, che hanno rispedito al mittente le ‘farneticazioni’ di Perona, scrivendo una contro-lettera in cui affermano che “ci hanno pensato altri a ‘strumentalizzare e sporcare la nostra storia e tradizione’, ovvero quelli che decidono e sostengono l’utilizzo delle truppe alpine come truppe di invasione e occupazione di uno Stato sovrano quale l’Afghanistan, che non ha mai avuto problemi con il nostro Paese, utilizzo che, oltre a violare l’art. 11 della Costituzione viola totalmente lo spirito alpino e provoca inaudite sofferenze alla popolazione locale”.
“Con tutto il rispetto per chi ha dato la vita in Afghanistan – spiega infine Chiappusso – i nostri alpini non vanno a portare aiuti con zappe e badile nelle cosiddette ‘missioni di pace’, ma anzi, vanno armati fino ai denti. Perona deve venire a informarsi in mezzo alla gente. Io vado nel Caucaso la settimana prossima a fare un cinquemila metri. Mi porto il cappello degli alpini. I veri alpini siamo noi. Gli altri sono solo militari professionisti”.
Luca Galassi-PeaceReporter
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