E la Nato sta a guardare

Sono morti durante la traversata ed i loro corpi sono stati gettati in mare. Lo ha riferito una giovane marocchina sopravvissuta. “Eravamo trecento, ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi”, ha detto la sopravvissuta. Secondo quanto si apprende da fonti […]

Sono morti durante la traversata ed i loro corpi sono stati gettati in mare. Lo ha riferito una giovane marocchina sopravvissuta. “Eravamo trecento, ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi”, ha detto la sopravvissuta. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate, le autorità italiane, una volta ricevuto l’allarme da un rimorchiatore cipriota – primo ad aver gettato in mare delle zattere ai 300 profughi – avrebbero contattato una nave della Nato che si trovava più vicina, a circa 27 miglia dal barcone, chiedendo di prestare i soccorsi. Dall’Alleanza, però, non sarebbero arrivate risposte positive e a quel punto sarebbe stato deciso di far intervenire le imbarcazioni italiane da Lampedusa.  Ecco l’altro punto dolente a cui ancora non si trova rimedio, bisogna ancora contrattare a chi spetta salvare vite umane, che sembrano, piuttosto una noia e palla al piede. Mentre si attendono ancora conferme su questa ennesima tragedia, sono cominciati i primi trasferimenti di migranti da Lampedusa verso altri centri d’accoglienza in tutta Italia. Sono stati imbarcati sul traghetto Moby Fantasy 1150 profughi che saranno smistati a Porto Empedocle, Napoli, Cagliari e Genova. Sono migliaia lei persone in fuga Libia, la maggior parte lavoratori immigrati provenienti dall’Africa e rifugiati politici, giunti in questi ultimi mesi  a Lampedusa. Centinaia sono annegati nel mese di aprile:  250 sono rimasti vittima di un grave naufragio e si ricorderà dei 25 disperati morti per soffocamento e per percosse, nella sala macchine di un barcone sempre proveniente dalle coste libiche, lunedì scorso. Oggi è giunta notizia dell’arresto dei sei scafisti, due dei quali con accusa di omicidio, nell’ambito dell’indagine sulla morte dei 25 profughi.  I sei, che stanno per essere trasferiti al carcere di Agrigento, domani verranno interrogati dal gip del Tribunale di Agrigento grazie all’aiuto di un traduttore. Uno e’ marocchino, e gli altri sono somali e siriani. Sara’ il giudice per le indagini preliminari a decidere, durante l’udienza di domani, se trasformare il provvedimento di fermo firmato dalla Procura in ordinanza di custodia cautelare. Secondo il racconto fatto dai superstiti i due accusati di omicidio avrebbero bastonato, fino alla morte, due dei profughi trovati morti nella stiva del barcone. L’autopsia ha confermato che i due sono stati massacrati a calci e colpi di bastone sul cranio, sugli zigomi e sulla spalla. Per emettere il provvedimento nei confronti dei sei migranti, gia’ indagati per gli stessi reati, i magistrati hanno dovuto attendere l’autorizzazione a procedere, firmata dal ministro della Giustizia, necessaria perche’ i reati sono stati commessi in acque internazionali. Circa l’ultimo episodio con cento corpi gettati in mare, si è potuto ricostruire che, partito venerdì dalle coste libiche, il barcone ha subito avuto problemi ai motori ed è rimasto per 48 ore in balia delle onde e del sole spietato. In questo ultimo, terribile caso, reso più crudele dal non intervento della forza navale Nato, di cadaveri a bordo, i soccorritori ne hanno trovato solo uno. Gli altri, secondo i testimoni, sono stati gettati in mare, per non guardare in faccia l’orrore, per alleggerire il carico, per non sentire il puzzo della morte. L’allarme di Laura Boldrini, la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati che aveva riferito di navi alla deriva, si è rilevato purtroppo fondato. Anche se non si sa ancora se questo sia il barcone in difficoltà di cui avevano parlato i profughi della nave dell’orrore, quella con i 25 cadaveri nella stiva, quella per cui i magistrati di Agrigento hanno ricevuto ieri dal ministero di Grazia e Giustizia l’autorizzazione a procedere per inchiodare i colpevoli. Ma di altri colpevoli, a vario titolo, in questa tragedia senza fine, a due passi da casa, credo ve ne siano ancora molti che resteranno impuniti. Di sicuro questo braccio di mare che nella storia ha visto approdi, guerre corsare, razzie, oggi è una rotta di disperazione e di morte, che interroga, agghiacciante, le nostre coscienze.

Carlo Di Stanislao

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