San Pietro della Jenca è un piccolo borgo ameno e pittoresco su un colle dei tanti che arrancano sul costone occidentale della catena del Gran Sasso d’Italia. Da un lato, in basso, il borgo di basse casette in pietra guarda la valle del Vasto dove scorrono le acque del Raiale, dall’altro svettano Pizzo Cefalone, Monte Portella e, più indietro, Monte Corvo, Pizzo Intermesoli, Corno Piccolo e Corno Grande. Insomma, davvero un bel vedere, un tempio della natura che aiuta ad elevare lo spirito. Un luogo dove San Franco, un monaco di queste parti vissuto nel primo secolo dopo il Mille, lasciato il monastero benedettino di San Giovanni Battista in Lucoli si scelse qui il suo eremo, a mezza costa, laddove sgorgano le acque che ora portano il suo nome e che alimentano il garrulo ruscello lungo la valle verde di olmi, faggi, carpini e ontani.
Il villaggio di San Pietro della Jenca sorge intorno all’omonima chiesetta medioevale. In un suo contributo ne annota bene la storia Antonio Angelini in Una stele per il Papa a San Pietro della Jenca (L’Aquila, GTE, 1999), ricordando come fu l’imperatore Ottone, nel diploma emanato nel 956 mentre era in visita ad Aveia, a parlare per la prima volta del luogo – “Rotilianus simul cum toto Guasto ubi sunt… ad locum qui dicitur Vadus…alie petie de terra Adselici que tendunt usque supra Paganicam et usque in supradictum Vadum” – senza tuttavia citare il
villaggio di San Pietro che, forse, all’epoca non era ancora edificato o non aveva ancora una dignità per essere citato in un documento ufficiale. Compare, invece, nella Bolla che papa Alessandro III il 24 settembre 1178 indirizzava al Vescovo di Forcona per richiamare le località sottoposte alla giurisdizione episcopale forconese. Tra queste, appunto “Ecclesiam S. Marie de Guasto, cum hominibus, et tenimentis suis. Ecclesiam S. Petro de Guasto cum hominibus, et tenimentis suis. Ecclesiam S. Nicola de Genca cum possessionibus suis”. La menzione di San Pietro del Vasto non può che riferirsi a San Pietro della Jenca, non avendo il minuscolo agglomerato rurale del Vasto potuto comprendere, oltre alla chiesetta di Santa Maria, anche un altro tempio. E del resto – annota l’Angelini, “…anche alla luce di altri documenti probanti, sussistono ottime ragioni per protendere verso l’ipotesi dell’esistenza, già nel 1178, dell’esistenza di San Pietro”.
Fatto gli è che quando nel 1254 venne fondata L’Aquila, Guasto, Genca, San Pietro, Assergi, Camarda e Filetto furono tra i castelli fondatori della nuova città fortificata, appartenenti al Quarto di Santa Maria Paganica, confermando peraltro che il nome del villaggio fosse dedicato a San Pietro Apostolo, non potendo essere altrimenti S. Pietro Celestino, ipotesi da taluni avanzata, essendo papa Celestino V stato elevato alla gloria degli altari solo nel 1313. E d’altronde lo stemma stesso del borgo, due chiavi incrociate, richiama l’insegna vaticana, con evidente riferimento al primo vicario di Cristo. Nel 1269, in un documento di tassazione di Ponzio di Villanova, l’abitato di San Pietro viene indicato con il toponimo “S. Petrus de Fonte” e tassato per 4 once, il doppio di Camarda, a segnalare l’intensa e florida attività armentaria del borgo favorita dagli estesi pascoli montani. E’ nel successivo documento di tassazione, emesso da Carlo II d’Angiò nel 1294, quando dopo l’incoronazione di papa Celestino V, avvenuta il 29 agosto, il re era ancora all’Aquila, che finalmente compare la denominazione di San Pietro della Jenca. Annota, tra l’altro, Anton Ludovico Antinori nei sui monumentali Annali di Storia Aquilana, che il villaggio, a seguito del graduale inurbamento degli abitanti nella nuova città, attratti dalle fiorenti attività artigianali e commerciali, era divenuto completamente disabitato. Nel 1568, infatti, venne dalla Chiesa ceduto in enfiteusi perpetua alla comunità (universitas) di Camarda a fronte d’un compenso annuo di 40 ducati, versati come atto di liberalità al monastero aquilano di Santa Caterina.
Il villaggio rurale di San Pietro della Jenca, è rimasto nei secoli successivi residenza estiva per contadini e pastori di Camarda, impegnati nel lavoro dei campi o sui pascoli circostanti, anche se negli anni più recenti si erano avviati graduali restauri al patrimonio architettonico per iniziativa dei proprietari, ma anche sulla spinta dell’attenzione che Pasquale Corriere, il più longevo consigliere comunale dell’Aquila, porta per quel grazioso borgo. Fin quando a San Pietro della Jenca, nella bella chiesetta medioevale, il 29 dicembre 1995 papa Giovanni Paolo II, in una delle sue numerosissime e segrete escursioni sul Gran Sasso, non vi sostò raccolto in prfeghiera. Poi ancora altre volte. Da quel momento quel luogo sacro è diventato molto caro agli aquilani, man mano caro a tanti appassionati della montagna e ai visitatori che lo raggiungono da ogni angolo d’Italia e talvolta dall’estero, quasi in pellegrinaggio, già da quando papa Wojtyla era ancora in vita. Ma sopra tutto è diventato un luogo dell’affetto e della devozione verso il papa “santo subito” dal 2 aprile 2005, dal giorno in cui il più carismatico dei pontefici è volato al cielo. Il primo maggio 2011, Roma piena di pellegrini da tutto il mondo, con una commovente cerimonia Benedetto XVI ha dichiarato Beato Giovanni Paolo II, primo passo verso la sua santificazione. Appena 17 giorni dopo, non casuale data perché giorno della nascita di Karol Jozef Wojtyla (Wadowice, 18 maggio 1920), la chiesa di San Pietro della Jenca è diventata il primo Santuario dedicato al Beato Giovanni Paolo II, come decretato dall’Arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari. “La chiesa di San Pietro della Jenca – scrive mons. Molinari nel decreto di erezione a Santuario – è divenuta punto di riferimento spirituale e un luogo di pellegrinaggio. Infatti, questa piccola chiesa è stata meta di frequenti soste di preghiera dal Beato Giovanni Paolo II, che l’ha scelta come luogo di contemplazione di Dio a contatto con la natura. Dalle testimonianze che ci è stato possibile raccogliere, il Santo Padre Giovanni Paolo II amava essere qui, proprio in questa chiesetta di montagna, lasciato in solitudine a pregare. Tutti conoscono l’amore per la montagna del Beato Giovanni Paolo II, che proveniva dalla regione polacca vicina ai monti Tatra. La scelta di dedicare a Lui questo Santuario vuole essere un invito a tutti coloro che salgono su questi monti a contemplare la bellezza di Dio e a lodare la sua divina saggezza e provvidenza, così come era solito fare il Beato Giovanni Paolo II, il quale non sceglieva le montagne come meta di semplice svago o riposo fisico, bensì come meta di spirituale elevazione al mistero divino e di preghiera”.
Nella sua lettera del 18 maggio 2011, per l’inaugurazione del Santuario, il Cardinale Stanislao Dziwisz, Arcivescovo metropolita di Cracovia, che di papa Wojtyla fu segretario, scrive: “ … vorrei salutare cordialmente le Autorità ecclesiastiche e civili dell’Aquila e tutti i presenti, radunati nella chiesa di San Pietro della Jenca, nel giorno della solenne dedicazione del Santuario al Beato Giovanni Paolo II. Insieme con voi ringrazio Dio onnipotente per il giorno della nascita di Karol Giuseppe Wojtyla, il secondo figlio di Karol ed Emilia Wojtyla. Ringrazio il Signore della vita per il giorno 18 maggio 1920, il quale negli impenetrabili disegni di Dio fu il giorno della sua nascita per Dio, per la Chiesa e per tutta l’umanità. Desidero pure esprimere la mia personale gratitudine al signor Pasquale Corriere, presidente dell’Associazione Culturale San Pietro della Jenca, per la cura incessante di questa piccola chiesetta, nella quale Giovanni Paolo II pregò il 29 dicembre 1995. Lo ringrazio cordialmente, e voi tutti, per i commoventi segni di grande amore al Santo Padre Giovanni Paolo II. Auguro che questo giorno della solenne dedicazione della chiesa di San Pietro della Jenca come Santuario di Beato Giovanni Paolo II sia per voi il momento della gioia che viene dal fatto di aver conosciuto il Santo dei nostri tempi, il quale c’insegnava come amare Dio ed il prossimo”. Il porporato era tornato ancora una volta nel borgo di San Pietro della Jenca insieme al Cardinale Kazimierz Nycz, Arcivescovo di Varsavia, qualche giorno prima dell’erezione della chiesetta a Santuario, avvenuta con una solenne celebrazione dell’Arcivescovo dell’Aquila.
Ormai da anni singoli pellegrini e gruppi organizzati fanno sempre più di San Pietro della Jenca una delle tappe “wojtyliane”. La testimonianza di questo flusso crescente di devozione è testimoniata nei voluminosi registri che raccolgono i nomi dei visitatori, le richieste di grazie e le emozioni provate il quel luogo suggestivo, nel quale si avverte la presenza spirituale d’un papa santo particolarmente amato dai fedeli. E in effetti
in questo luogo ormai tutto parla di Karol Wojtyla. Lungo il percorso che conduce a San Pietro della Jenca si seguono le indicazioni stradali “Chiesa del papa” fino a quel piccolo sentiero sterrato che, ci si augura, possa mantenere le attuali caratteristiche non cedendo alla tentazione di ampliare gli spazi, conservando la singolarità del luogo e il suo invito al raccoglimento. Alla destra della chiesetta sono poste la Stele, in ricordo delle visite del papa, opera dello scultore Antonio Quaranta, e la scultura bronzea dell’artista Fiorenzo Bacci che fedelmente ritrae Giovanni Paolo II, attingendo peraltro a un ricco simbolismo. Il 18 maggio 2005, inoltre, una delle cime della catena del Gran Sasso che si erge di fronte al borgo, detta del Gendarme, sulle Malecoste, venne intitolata al papa polacco. Sulla Cima Giovanni Paolo II è ora issata una grande croce che guarda il borgo e la valle. E’ lì a testimoniare l’attaccamento del grande papa per il Gran Sasso, dove con assoluta discrezione più d’un centinaio di volte egli venne a camminare o a sciare, e per le montagne d’Abruzzo. Lo ha puntualmente documentato Giustino Parisse, capo servizio del quotidiano Il Centro, scrittore e storico, nel suo bel libro “Giovanni Paolo II e l’Abruzzo” (2005, ed. Graphitype). Tre le visite ufficiali di papa Wojtyla all’Aquila e dintorni: il 30 agosto 1980 nella città capoluogo, il 20 giugno 1993 a Campo Imperatore per inaugurare la chiesetta della Madonna della Neve restaurata dagli Alpini, infine il 9 agosto 1986 a Rocca di Mezzo e ai Piani di Pezza, dove erano in raduno 13 mila scout dell’Agesci.
Come dunque si vede, una presenza che ha fortemente inciso la storia dei luoghi ed è entrata nel cuore degli aquilani e dell’Abruzzo intero. Sicché è naturale che da quella prima visita del papa a San Pietro della Jenca molteplici siano state le iniziative che l’associazione omonima ha messo in cantiere. A cominciare dal Premio “Stele della Jenca” che ogni anno, nell’ambito delle manifestazioni agostane “Ci vediamo alla Jenca”, viene attribuito a Personalità o Enti. Quest’anno la “speciale” Stele è conferita al Beato Giovanni Paolo II, “in memoria e in ricordo della Sua intensa attività pastorale in ogni angolo del mondo”. In particolare, ricordando il forte legame con l’Abruzzo, con L’Aquila e con il Gran Sasso d’Italia. Viene ritirata da mons. Pawel Ptasznik, della Segreteria di Stato vaticana. Il riconoscimento, dalla sua istituzione, è stato conferito a Luigi Accattoli (2001) vaticanista del Corriere della Sera, a Walter Mazzitti (2002) presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga, agli Alpinisti Abruzzesi (2003) scalatori del Cho Oyu, sesto “ottomila” dell’Himalaya, al Cardinale Stanislao Dziwisz (2005) Arcivescovo di Cracovia e già segretario di papa Giovanni Paolo II, a Osvaldo Bevilacqua (2006) giornalista della Rai, al Club Alpino Italiano (2007) Sezione dell’Aquila, al Corpo Forestale dello Stato (2008), alla Protezione Civile della Sardegna (2009) e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (2010) per la loro opera di soccorso dopo il terremoto del 6 aprile 2009. Gli altri eventi in programma, domenica 7 agosto, della manifestazione “Ci vediamo alla Jenca” prevedono, alle ore 11, la Santa Messa concelebrata mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo ausiliare dell’Aquila, da mons. Paolo Ptasznik, capo ufficio della Sezione polacca della Segreteria di Stato vaticana, e dal rettore del Santuario, don Martino Gajda. Il pomeriggio, seguendo l’imprinting che la creatività di Errico Centofanti ha disegnato negli anni, vive spettacoli e giochi di strada, concerti, mostre d’arte Quilt, esposizione di prodotti tipici e punti di ristoro con l’antica gastronomia del luogo. Sarà, nella splendida cornice costituita dalla catena del Gran Sasso, come sempre una giornata di spiritualità, d’incontro con la natura, di suggestioni e di festa, nel segno del Beato Giovanni Paolo II.
Come nel segno del Beato Giovanni Paolo II si apre la Perdonanza Celestiniana, edizione 717, il primo giubileo della Cristianità istituita da papa Celestino V con Bolla pontificia del 29 settembre 1294, giusto un mese dopo la sua incoronazione papale all’Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio. Partirà infatti proprio dal Santuario, in San Pietro della Jenca, il Sentiero della Pace e del Perdono, una delle novità della prossima Perdonanza, che dall’11 agosto dispiegherà i suoi eventi fino all’apertura della Porta Santa, al vespro del 28 agosto, rinnovando l’annuale giubileo d’un giorno con l’indulgenza plenaria a chiunque entri nella basilica di Collemaggio, sinceramente pentito e confessato, fino al vespro del 29, come dispone la Bolla di papa Celestino. Dunque un sentiero della riconciliazione e del perdono unirà le figure di due papi santi, molto importanti per gli aquilani e per il mondo: Giovanni Paolo II e Celestino V. Questa marcia della pace e del perdono, di circa 12 chilometri, si aggiunge alla marcia della Pace Perugia-Assisi e al cammino del Perdono di Santiago de Compostela. Muoverà al mattino del 27 agosto da San Pietro della Jenca per arrivare nel primo pomeriggio davanti la basilica di Collemaggio.
Il 28 agosto sarà il Cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro e vicario di Sua Santità per la Città del Vaticano, il delegato di papa Benedetto XVI ad aprire l’annuale giubileo aquilano, battendo tre colpi alla Porta Santa di Collemaggio con il ramo d’ulivo del Getsemani. Numerosi e rilevanti gli eventi della Perdonanza Celestiniana numero 717, da quest’anno riconosciuta dal Ministero del Turismo “Patrimonio d’Italia” per la tradizione. Intanto il 23 agosto l’incipit della settimana dedicata alla Perdonanza – indetta ogni anno dal Sindaco in virtù del possesso ininterrotto, dal 1294, della Bolla istitutiva – ritrova il suo luogo naturale, dopo il terribile sisma del 2009, davanti la sede municipale di Palazzo Margherita d’Austria, con l’accensione del fuoco nel tripode sulla Torre Civica. Una settimana intensa di manifestazioni culturali, artistiche e di grandi spettacoli, con molti artisti tra i quali per brevità segnaliamo solo il tenore abruzzese Piero Mazzocchetti, il rapper Nesli, la band dei Velvet e a chiusura la cantante Noemi. Ma sarà sopra tutto la settimana di preparazione spirituale alla riconciliazione, al perdono e al valore universale della pace, secondo il prezioso lascito di papa Celestino V agli aquilani e al mondo. Chissà se nel difficile tempo che L’Aquila vive il messaggio celestiniano di riconciliazione, armonia e perdono tra tutti gli uomini sarà davvero compreso e reso operante, non solo declamato. Molti, nei giorni della Perdonanza, parleranno di pace e di perdono. Eppure sarebbe proprio un altro miracolo di San Pietro Celestino se chi detiene i pubblici poteri, ad ogni livello, in luogo di reciproche accuse e polemiche a non finire, si provasse a trovare, in pace e con buona volontà, i sentieri del bene comune. Quel che serve all’Aquila e agli aquilani.
Goffredo Palmerini
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