Accomunate dall’appartenenza alla zona retrocessione dell’economia planetaria, Italia e Spagna vivono invece momenti assai diversi nel mondo del pallone. E se i fondamentali economici italiani restano tutto sommato migliori di quelli iberici, quelli di tecnica calcistica proprio non lasciano margini di errore. Eppure è su uno di questi, il palleggio, che la squadra azzurra guidata da Cesare Prandelli sfiderà domani a Bari in amichevole i campioni del mondo di Del Bosque. La decisione di duellare con i titolati e celebrati avversari lasciando a loro la scelta dell’arma sarà anche velleitaria, ma inorgoglisce assai il ct azzurro. Che nella calda vigilia pugliese (ben oltre 30 gradi, accoglienza passionale per il beniamino di casa Antonio Cassano, con prevendita di biglietti eccellente) spiega: “Loro sono squadra che gioca da molto tempo insieme, hanno automatismi consolidati da anni. Noi però stiamo cercando di arrivare a questi livelli. Confido nella volontà di crescita dei giocatori”. “Certo – ammette Prandelli – il modello Spagna-Barcellona non è replicabile in Italia soprattutto per questioni culturali: noi siamo portati a cercare sempre il risultato, però è affascinante provare a raggiungerlo anche attraverso il gioco”. Non si nasconde i pericoli, Prandelli. “Il rischio della batosta c’é sempre quando si gioca contro la squadra campione del mondo, ci saranno momenti in cui loro avranno una grandissima superiorità tecnica, però nessuna preoccupazione: il pericolo c’é, ma noi abbiamo le possibilità di provare a vincere”. Per riuscirci il ct punta molto sull’esperienza e il controllo di palla dei centrocampisti azzurri: saranno Pirlo, Thiago Motta e De Rossi, con un ballottaggio tra Montolivo e Aquilani per il quarto uomo a supporto della coppia avanzata formata da Cassano e Rossi (mentre in difesa Prandelli ufficializza la scelta dei centrali Ranocchia e Chiellini e degli esterni Maggio e Criscito davanti a Buffon). “Non so se è un fatto nuovo questa ricerca del gioco – chiarisce Prandelli – so però che ho centrocampisti in grado di fare due fasi: quella dinamica e brillante quando si ha palla e quella di interdizione e recupero quando il possesso è loro”. Fasi di gioco, queste ultime, che si prevedono durature, anche se tra gli spagnoli mancheranno Xavi e Sergio Ramos. Se lo inseguono con le domande sulle beghe fiorentine (“posso anche chiedere scusa di avere accolto quel gruppetto di tifosi – replica – ma a me sembra che con questa polemica si stia davvero esagerando”), lui preferisce rispondere a quelle più logiche sulla scelta della coppia avanzata, e in particolare sull’impiego e il futuro di Cassano. “Per me può giocare una buona ora – dice -, ho scelto lui e non Pazzini perché se la punta centrale fatica a rientrare andiamo in affanno, io cerco con buon senso di valorizzare le nostre qualità. E’ vero, per Cassano quella di domani sarà una grandissima vetrina, e lui ne è consapevole: non intendo per la sua carriera, ma perché ha bisogno di fare una grande prestazione davanti alla sua gente. Sono contento di lui, vedo che ha la giusta tensione. Come pure Balotelli, io lo vedo motivato e sereno: ha fatto ottimi allenamenti”. Poi – scherza nel rispondere a precisa domanda sulle liti dell’attaccante con il suo tecnico Mancini – “per me è facile sopportarlo, lo vedo due giorni ogni tanto”. Buonismo puro. Eppure chiude, il ct esteta amante del gioco e del rischio, con una stilettata che abbatterebbe anche un toro. “Casillas ha detto che Cassano è fenomeno? Il portiere spagnolo è generoso come sempre i suoi colleghi nell’uso delle parole, per me fenomeno è uno che in dieci anni ha rendimento e risultati eccezionali. Quelli sono i fenomeni. Poi lo so che ci sono altri che con una giocata si guadagnano l’appellativo. Diciamo che Cassano in certe movenze è straordinario…”.
Piercarlo Presutti
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