Vasto in cinema 2011

Pupi Avati (a cui sarà dedicata la retrospettiva “Fortissimo Pupi”), Kim Rossi Stuart, che presenterà il discusso film “Vallanzaska” e “Paola Cortellessi”, che presenzierà alla proiezione di “Nessuno mi può giudicare”, sono gli ospiti d’onore della XVI edizione del Vasto Film Festiva, al via al Palazzo D’Avalos il 17 agosto, con serata conclusiva il 22. […]

Pupi Avati (a cui sarà dedicata la retrospettiva “Fortissimo Pupi”), Kim Rossi Stuart, che presenterà il discusso film “Vallanzaska” e “Paola Cortellessi”, che presenzierà alla proiezione di “Nessuno mi può giudicare”, sono gli ospiti d’onore della XVI edizione del Vasto Film Festiva, al via al Palazzo D’Avalos il 17 agosto, con serata conclusiva il 22. A condurre questa edizione, per la quale il comune ha stanziato la ragguardevole, dati i tempi, cifra di 60.000 euro, saranno Mariolina Simone, volto noto di Coming Soon e Maurizio Di Rienzo, critico cinematografico e membro della giuria del MoliseCinema, che ha appena assegnato il Premio per il miglior cortometraggio a “The wind is blowing on my street/Dar Kouche baad Miayadm” di Saba Raizi. Il tema di quest’anno a Vasto è “la felicità”, tema illustrato attraverso 26 pellicole proposte a Palazzo d’Avalos, corso Italia e piazzetta del Tomolo, con alcuni eventi organizzati nel Largo del Fanciullo, di fianco alla cattedrale. Il festival si apre, appunto, il 17, con due anteprime nazionali: “”Kungfu Panda” e “Come ammazzare il capo e vivere felici”, mentre la chiusura sarà tutta per la Cortellesi, che fece parte del cast “Il posto dell’anima”, girato a Vasto nel 2002. Fra i film in concorso io tifo per “20 sigarette”, già premiato con “menzione speciale” della giuria presieduta da Mario Moretti, al Festival di Roseto Opera Prima. Quanto al “celebrato” Pupi Avati, tecnicamente è diventato così perfetto da poter essere considerato un autore con la A maiuscola, che ben sa prendere di petto il mestiere del regista; ma altrettanto certamente si è fatto, col passare degli anni scontato, ripetitivo, retorico e melenso. Avati è la materializzazione di un cinema italiano che tira a campare, fatto di un minimalismo stanco, risaputo e, a volte, anche brutto, con registi (questa a dire il vero non nel caso di Avati), ignoranti circa la grammatica filmica, che non sanno nulla di carrelli, dolly e sversate di campo. Ma si sa, il cinema riflette sempre la realtà e la realtà italiana di oggi è raccogliticcia e fatta di “tirare a campare”. Meglio sarebbe stato a Vasto occuparsi di grandi autori come Ermanno Olmi o di Ettore Scola (invitato nella cittadina adriatica lo scorso anno) o del giovanissimo (e bravissimo), Lucio Pellegrini o dei sensibili Giuseppe Piccioni e Daniele Lucchetti. O, magari, dare spazio ad autori dimenticati, come, per esempio, al mai ricordato Giuseppe De Sanctis, razionalista e realista nelle intenzioni ed enfatico nello stile, autore di indimenticabili capolavori come “Riso amaro”, “Non c’è pace fra gli ulivi”, “Roma ore 11”, “Un apprezzato professionista di sicuro avvenire”. Ed invece di Vallanzaska o del solito Moretti, chiamato un po’ ovunque dopo il tonfo di Cannes, avrei fatto venire Toni Servillo, per presentare “Il gioiellino”, secondo piccolo capolavoro di Andrea Maioli, quanto mai attuale nel dare forma antropomorfa (e pathos), all’insieme di teorie e prassi alla base di una politica finanziaria virtuale e drogata dentro la fotografia onirica e ‘fuori fuoco’, della nostra realtà di oggi. O magari, sfidando un poco il gusto generalmente basso del comune spettatore, provato a presentare, ad una platea che al buon cinema dopo 16 anni deve pure essersi abituata, “La bella società” di Gian Paolo Cugno con Raoul Bova, Maria Grazia Cucinotta, Giancarlo Giannini, una lezione di cinema vero, con grammatica corretta ed eccellenti contenuti, di quelli che fanno pensare, dove destra-sinistra, rossi e neri, le ragioni della politica sfumano nella cronaca della morte annunciata e poi dissimulata, del povero amante di Raoul Bova, deflagrato da due minori e dal “vuoto” carnale della Cucinotta, vedova nera che tenta di riempirsi l’anima con abbracci materni. Insomma vorremo, non solo a Vasto mai nei festival in generale, maggiori e minori, un’attenzione maggiore e più coraggiosa per film ben fatti e dagli interessanti contenuti. Vorremo, ad esempio (e in parte lo faremo come Istituto Cinematografico Lanterna Magica a Settembre, occupandoci, fra L’Aquila, Avezzano e Sulmona, della storia della trasformazione femminile in questi anni); che si parlasse di temi minoritari e disattesi, come, per esempio la trasformazione, nell’immaginario collettivo, della donna mediterranea, simbolo di avvenenza nella filmografia del neorealismo italiano: con Sophia Loren, Silvana Mangano e Gina Lollobrigida ed oggi divenuta un’icona di inquietante nevrosi, con interpreti non meno affascinanti come Francesca Neri o Margherita Buy, che delle loro “madri” conservano davvero poco. E magari chiedersi come mai le donne “curvy” di oggi (Monica Bellucci, Sabina Ferilli e Manuela Arcuri), non hanno lo stesso peso metaforico ed immaginifico di quelle del passato, in una società che pure sembra rimasta maschilista e sessista. Insomma vorremo che, per tutti, il cinema fosse divertimento, ma anche pensiero. Si perché, come ha detto Isabelle Huppert ricevendo tre giorni fa il Pardo alla Carriera, felici non significa né stupidi, né superficiali.

Carlo Di Stanislao

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