Mentre Londra conta il quinto morto per le violenze di piazza, con la durezza delle forze dell’ordine che non sembra affatto mitigare gli animi, un giorno fa, nella quasi totale indifferenza, in un mondo pervaso da gelidi venti di crisi, a Peshawar, in Pakistan, due attentati a distanza di pochi minuti hanno causato sei vittime, fra cui un bambino, e almeno 23 feriti, oltre alla morte di una kamikaze di appena quindi anni. La giovane ha lanciato una bomba a mano e poi ha fatto esplodere il giubbotto che portava addosso. La polizia ha detto che fortunatamente il meccanismo per provocare lo scoppio non ha funzionato del tutto, impedendo così l’utilizzazione completa dei sei i chili di dinamite impiegati. E’ la rabbia di questi giovani che spaventa, spaventa in Africa, nell’Estremo Oriente e nella vecchia Europa, una rabbia di giovani che si sentono traditi da quegli adulti che hanno preso il potere spesso in nome degli ideali giovanilisti, sessantottardi o post sessantottardi o fintamente libertari, ma che poi ne hanno tradito o rovesciato o addomestico ogni principio. Come ha scritto il 9 agosto Pino Vernizzi sul Corriere, l’Inghilterra è sempre stata la sede del grande ordine, ma anche del grande disordine. Tutti i grandi sommovimenti, dal primo rock al punk, sono sempre iniziati in Inghilterra per poi coinvolgere il resto del mondo. La società britannica quindi, che apparentemente si ammanta di un certo aplomb, in fondo al cuore ha sempre avuto un’anima oscura o sovversiva. Basta leggere i drammi di Shakespeare per comprendere che il poeta inglese non era altro che un sovvertitore mascherato, come anche lo sono stati Cristopher Marlowe e Oscar Wilde, William Blake, Skilley, Bayron e tanti altri. Quando si parla dell’Inghilterra bisogna quindi tenere sempre in mente le due facce, che emergono a fasi alterne. E la rabbia di questi giovani è la stessa delle periferie francesi di alcuni anni fa, degli “indignatos” spagnoli, solo più estrema, molto più esplosiva e determinata. E’ sempre facile accusare dei giovani, perché sono lo specchio un po’ più ingenuo di quello che sono gli adulti. Se è vero che sono inclini a scaricare le responsabilità, è perché hanno avuto padri e madri che hanno fatto molto peggio. I ragazzi fanno senz’altro un sacco di errori, intemperanze e guai, e questo è sicuramente sbagliato. Ma l’origine di questo disagio va cercato in una società costituita da adulti cinici, che non pensano ad altro che a quello che il grande poeta inglese Thomas Stearns Eliot (altro rivoluzionario) chiamava i tre idoli: l’usura, la lussuria e il potere. Di fronti ad adulti così, è naturale che i ragazzi si sentano traditi. Un elemento comune delle più recenti rivolte (da Londra a quelle della cosiddetta primavera araba) si evidenzia nel massiccio utilizzo dei social media e dei device mobili nell’organizzazione e nella comunicazione dei movimenti di protesta. In particolare, la rapidità con cui la rivolta si è diffusa tra i vari quartieri di Londra è stata senz’altro favorita di telefonini: sono, in assoluto, il mezzo principale con il quale i giovani incappucciati comunicano, organizzando la propria strategia operativa di provocazione del caos. A tale proposito Anthony Giddens, un illustre sociologo inglese, parla di rivolta dei telefonini. Sembra che un telefono, in particolare, venga utilizzato come “ponte radio” per garantire la comunicazione tra i gruppi di rivoltosi: il Blackberry. Questo particolare smartphone dispone di un servizio di messaggeria istantanea proprietario e parallelo alla tradizionale rete cellulare: si tratta del Blackberry Enterprise Server Express. Questa piattaforma, utilizzata di solito per la comunicazione tra i dipendenti delle aziende, consente di trasmettere messaggi criptati che non possono essere intercettati perchè veicolati al di fuori della normale rete telefonica. Questo è uno dei motivi per cui, ad esempio, il suo uso è praticamente vietato in Arabia Saudita. Ma ciò che è più importante, dietro alle curiosità tecnologiche, è constatare che l’occidente implode sotto le macerie del suo sistema economico e sociale ed è devastato da una crescente rabbia giovanile. Dal giorno in cui le torri del World Trade Center sono crollate, siamo stati spaventati dalla propaganda politica dei governi europei ed americani che l’estremismo islamico potesse fare esplodere bombe e creare distruzione nelle città occidentali: Invece la distruzione ci sorprende al nostro interno; non è un nemico che viene da fuori. Stiamo “solo” implodendo. Implodiamo nella depressione dei giovani greci, nella rassegnazione dei giovani italiani, implodiamo nelle idiozie incancrenite dalla paura, aggrappati su relitti ideologici neonazisti o neofascisti che esprimono mostruosità come quella delirante del giovane norvegese che ha compiuto una strage; implodiamo nei rigurgiti idioti dell’omofobia, della xenofobia, della misoginia; implodiamo nella farsa e nel grottesco noi italiani, e implodiamo anche nella furia dei giovani britannici. La nostra civiltà sta collassando su sé stessa così come dieci anni fa collassarono quelle torri gemelle, simbolo del potere economico e finanziario dell’Occidente e quel crollo indipendentemente dalla mano di chi organizzò l’attentato ed oggi appare come il maligno presagio di un modello allo sbando. Implodiamo, crolliamo, collassiamo e nell’impotenza dolorosa che si impossessa dei giovani sembra trovino spazio solo rabbia distruzione. Ma i giovani inglesi non sono semplicemente vandali, quelle fiamme si sprigionano dal disagio e dalla sofferenza e da una rabbia sacrosanta e, come direbbe Pasolini, deculturata, capace di esprimersi solo con una distruttività che si placa portando a casa un televisore al plasma, un cellulare, abiti o scarpe griffate: feticci che hanno valore solamente grazie al nostro desiderio di essere posseduti. L’immaginazione al potere gridavano i giovani sessantottini cinquant’anni fa: pare che il potere si sia presa anche quella e i figli e i nipoti di chi era riuscito a sognare una società diversa l’abbia sostituita con le immagini dei prodotti da acquistare. Possiedo quindi sono. La situazione non è certo diversa da noi ed è destinata a peggiorare, con la promessa di una manovra ancora più penalizzante per loro, soprattutto se precari o privi di garanzie.
Carlo Di Stanislao
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