Insomma, neanche il caldo d’agosto riesce a tenermi lontano dalla sale cinematografiche, soprattutto ora che sono ben condizionate e con comodissime poltrone, in cui abbandonare la fisicità del corpo, per immergersi in variegate situazioni di fantasia. E, allora, in attesa di fare una scorpacciata da fine settembre in poi, sono andato a godermi “Le amiche della sposa”, commedia al femminile che fra sesso e gag, toglie ogni velo di romanticismo ai preparativi di un matrimonio. Geniale trovata messa in scena in modo “politicamente scorretto” da Paul Feig, con un azzeccato cast femminile, in cui la protagonista, Annie (la Wiig, celebre per le sue apparizioni in “Saturday Night Live”), una quasi quarantenne molto sfortunata in amore, quando la sua amica Lilian (Maya Rudolph) le chiede di organizzarle il matrimonio, si caccia in una serie di situazioni esilaranti, dovendosela vedere con le altre amiche, gelose e supponenti. Insieme alla Wiig e Maya Rudolph, troviamo Melissa McCarthy, Ellie Kemper e Wendi McLendon-Covey, tutte in splendida forma e in gara per risultare la migliore. E a giudicare dagli incassi italiani (negli USA la pellicola ha sbancato, incassando 170 milioni di euro), sono in molti quelli che come me non tradiscono il cinema neanche in agosto, per frequentare questa squinternata commedia sulla cattiveria femminile, che non solo è furbescamente vincente, ma ha la sua cosa migliore, a parte tono, ritmo, interpretazione, nella sceneggiatura, scritta dalla protagonista Kristen Wiig, a quattro mani con la collega Annie Mumolo, dietro invito di Jude Apatow (tra l’altro, regista di successi come 40 anni vergine e Molto incinta), qui in veste di acuto produttore. Subito dopo (appena 24 ore), mi sono lasciato tentare da un altro commedia americana: “Come ammazzare il capo… e vivere felici”, di Seth Gordon, con un cast eccellente, composto da: Jennifer Aniston, Jason Bateman, Charlie Day, Jason Sudeikis, Colin Farrell, Jamie Foxx, Kevin Spacey, Julie Bowen, Donald Sutherland, Lindsay Sloane, Kevin Pennington e John Francis Daley. Ed anche stavolta mi sono divertito, nel guardare come le angherie di un capo possono rendere la vita un inferno, soprattutto se non c’è modo di ribellarsi. In questa ingegnosa commedia Nick, Kurt e Dale, tre amici accumunati dalla presenza nella loro vita di tre boss particolarmente problematici, ne vivono di tutti i colori. C’è una igienista ninfomane che molesta sessualmente il suo assistente, l’amministratore tiranno ed egocentrico e il rampollo cocainomane che vuole usare l’azienda per pagare i suoi vizi. I tre sentono di non avere vie di scampo, e poiché cambiare lavoro in tempi di crisi pare impossibile, più desiderabile è invece un gesto catartico: ammazzare i tre grossi ostacoli alla serenità. Così in un pub i tre amici assoldano un “consulente in omicidi” che li aiuterà nella loro stramba impresa. Una commedia divertente, che del dramma della crisi del lavoro ha saputo trovare lo spunto per riderci sopra senza ombre. La chiave del marketing, tuttavia, è evidenziata dalle scene sexy di Jennifer Aniston, per la prima volta senza veli e, stavolta, credetemi, neanche l’aria condizionata ha attenuato l’ondata di calore. Avendo poi molto tempo libero e non amando il genere di “Horror Movie”, mi è stato facile scegliere, per il terzo pomeriggio, “Conan the Barbarian” in 3D, con i muscoli e volto di Jason Momoa, un po’ meno cementificati dello Schwarzenegger di trent’anni fa, ma comunque utili a ricostruire le gesta del guerriero cimmero, in cerca di vendetta (come Capitan America, come l’americano medio, dopo tante sconfitte interne ed esterne), dopo aver assistito impotente all’uccisione del padre. Nella storia Conan si trova a fronteggiare un nemico molto più grande di lui, che ha intenzione di soggiogare a sé le grandi nazioni di Hyboria e, grazie al suo coraggio (la classica e sempre sbandierata virtù americana), si pone come un novello liberatore di schiavi e oppressi, pur muovendosi nei cliché del film epico-eroico, in cui ogni gesto del buono è provocato da un’azione malvagia del cattivo. Ideato da Robert Ervin Howard sulle pagine di Weird Tales nel ’32, il personaggio di Conan, portato sullo schermo dal grande Johm Milius nel 1982, con un seguito (”Conan il distruttore”), due anni dopo, affidato a meno talentuoso Richard Fleischer, è divenuto icona di un coraggio indomito e di quelle virtù americane che, sempre negli anni ’80, furono poi incarnate dai vari Robocoop prodotti in rapida successione. Anche in questo film si gioca la carta dello spettacolone sfarzoso e violento, che dosa sapientemente lo scatto avventuroso, la fantasia, i trucchi mirabolanti, i duelli, le scene di massa, le parentesi erotico-orgiastiche, ma con esiti direi meno solenni e certamente più tronfie della prima versione. Bene, ora parto per le vacanze e ho promesso a mia moglie che diserterò il cinema (e la tastiera) per almeno 15 giorni. Ma tornando avrò certamente accumulato una fame vorace, che mi costringerà ad un’opera acitasica e forsennata, per cui preparativi a subire molte future recensioni a fine estate.
Carlo Di Stanislao
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