Nell’ambito della 717ª Perdonanza Celestiniana va in scena sabato 27 Agosto, ore 21.30, ingresso libero, nell’apocalittico scenario della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, L’Aquila, «Ore plangamo de lu Siniore», una Passione giullaresca aquilana dal Codice di Celestino V, ricostruzione musicale e drammaturgia di Francesco Zimei, una coproduzione fra Teatro Stabile d’Abruzzo, I Solisti Aquilani, l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, L’Istituto Abruzzese di Storia Musicale e con il patrocinio della Curia Metropolitana dell’Aquila.
“Ore plangamo de lu Siniore” ha la durata di circa un’ora ed ha una geometria di tipo cruciforme: aperto e concluso da una processione – recante, nella scena finale, il feretro del Cristo morto, con la partecipazione del pubblico –, sfruttando dunque la navata centrale in senso longitudinale, sarà ambientato, secondo il tipico anacronismo medievale, davanti all’altare centrale, avendo come fulcro il Crocifisso e gli altri personaggi disposti ai suoi lati, sempre secondo l’iconografia del periodo.
Il testo, un componimento strofico di carattere giullaresco in quartine monrime di doppi quinari, perfettamente interpretato dagli attori/musicisti della Compagnia Hora Decima, narra gli episodi che vanno dall’arresto di Cristo alla sua sepoltura ed è sostanzialmente ripartito tra voci narranti e la Vergine, mentre l’esiguo ruolo assegnato al Protagonista (un solo verso dalla cattura alla morte oltre al racconto, pur in prima persona, della sua discesa agli inferi) suggerisce che all’epoca – considerando anche il fatto che l’esecuzione era affidata a dei giullari – non si facesse ricorso a un attore vero e proprio, ma a un Crocifisso con le braccia snodabili adattabile alle posture richieste dai vari momenti della Settimana Santa, come testimoniato da numerose sculture prodotte nell’Italia Centrale fra XIII e XIV secolo.
Si tratta anche, probabilmente, del primo spettacolo in tempi moderni a recuperare l’uso di un crocifisso snodabile nelle sue valenze sceniche originarie, per l’occasione realizzato dallo scultore Paolo Iacomino, docente all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, su modello aquilano del XIII secolo.
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