Alcuni giorni fa (il 28 agosto 2011) è venuto a mancare, a Treviso, Piero Tempesti, decano degli Astronomi italiani, insigne personalità scientifica che tanto bene ha elargito al suo Abruzzo, alla sua Teramo, al mondo della scienza astronomica italiana, all’Osservatorio di Teramo, ai tanti giovani che ha preparato ed avviato a questa difficile professione. Che solo la passione può alimentare e diffondere nel mondo per la ricerca della Verità. La morte lo ha rapito per sempre alla nostra vista ma siamo certi che il buon Dio saprà ricompensarlo lassù nei Cieli perché chi ha amato lo Spaziotempo, i suoi segreti, le sue leggi, per insegnarle ai giovani con tanta devozione, merita certamente il Paradiso e l’immortalità, indipendentemente dalle convenzioni e convinzioni umane terrestri. Il Sindaco di Teramo, lunedì 23 ottobre 2006, conferì a Piero Tempesti la cittadinanza onoraria nel corso di una solenne cerimonia a Palazzo di Città che vide la partecipazione di astrofisici italiani del calibro del professor Amedeo Tornambè, ex direttore dell’Osservatorio di Teramo conosciuto in tutto il mondo come “Specola di Collurania”: ideata, progettata e fatta realizzare (su commissione del professor Vincenzo Cerulli) dall’illustre professor De Bernardinis (Sindaco di Teramo), grande matematico che la sua città natale dovrebbe giustamente onorare nel segno di una continuità che garantisca nei fatti (non nelle chiacchiere) il futuro scientifico dell’Osservatorio astronomico pubblico con la fondazione immediata di una Libera Università di Scienze del Cosmo in situ. Le chiavi della Città di Teramo furono donate all’illustre astronomo Tempesti che negli anni ’60 e ’70 con dedizione ed entusiasmo diresse le sorti (salvandolo) dell’Osservatorio “Vincenzo Cerulli” di Collurania (Teramo) reintroducendo il metodo della fotometria fotoelettrica e lo studio degli asteroidi. Tempesti, decano dell’Astronomia italiana, in un’intervista esclusiva a firma del sottoscritto rilasciata qualche anno fa, ricorda molto bene la sua più importante scoperta scientifica effettuata a Collurania: la prima osservazione al mondo della duplicità di un sistema stellare durante la fase di massimo dell’esplosione della Nova Cygni 1975, avvenuta 5.800 anni fa. “A Napoli – ricorda Emilio Sassone Corsi, presidente dell’Unione Astrofili Italiani – ebbi con mio fratello la fortuna di osservare, forse tra i primi, la Nova Cygni 1975. Chiamammo l’allora direttore dell’Osservatorio di Padova, Leonida Rosino, il quale si mise subito in contatto con Tempesti che, da Collurania, ottenne ottimi spettri della nova quando era ancora nella fase ascendente della curva di luce. Un lungo articolo sulla rivista Coelum scritto da Tempesti glorificò la scoperta dei due giovani astrofili napoletani”. Piero Tempesti, nacque a Firenze nel 1917. Apprese i rudimenti dell’Astronomia frequentando dal 1936 l’Osservatorio di Arcetri, quando ancora era studente liceale, a due passi dal “Gioiello”, la modesta villa dove Galileo Galilei visse da confinato del Sant’Uffizio l’ultima e più buia “ora” della sua vita. Dopo la laurea in Fisica a Bologna nel 1947, fu assistente del professor Horn D’Arturo, poi astronomo presso gli Osservatori di Catania e di Teramo, quindi professore associato di Spettroscopia all’Università di Roma “La Sapienza”. Si interessò di ricerche fotometriche di stelle doppie ad eclisse, di novae e supernovae, e svolse altresì un’intensa attività divulgativa con libri e articoli su riviste scientifiche internazionali, amatoriali e su quotidiani, spaziando dalle comete alla fotometria extragalattica. Direttore dell’Enciclopedia in sei volumi “Astronomia, Alla scoperta del cielo”, (Curcio, 1985) che meriterebbe una ristampa, è autore del bel volume “Pulsar” (Biroma, 1997), ha pubblicato il libro “Stelle doppie” (Fabbri, 2002), un volumetto tecnico sulle aberrazioni ottiche dei telescopi, edito dal Dipartimento di Astrofisica dell’Università di Padova e “Il calendario e l’orologio” (Gremese Editore, 2007), duecento pagine dedicate alla misura del tempo. “Ho conosciuto il prof. Tempesti molti anni fa – ricorda Emilio Sassone Corsi – durante un congresso UAI che si tenne in Versilia nel ‘78. Poi lo andai a trovare, con una piccola delegazione del Gruppo Astrofili Napoletani, al suo Osservatorio di Collurania vicino a Teramo, Osservatorio che ha diretto dal ‘58 al ‘75 ma che, anche successivamente, frequentava assiduamente, dividendosi tra l’incarico universitario a La Sapienza di Roma e l’Osservatorio. Nel 2000, al Congresso UAI di Capo d’Orlando (ME), al prof. Tempesti fu conferito il Premio G.B. Lacchini, la più alta onoreficenza che l’UAI dà annualmente ai più importanti personaggi dell’Astronomia mondiale. In quell’occasione il prof. Tempesti, spesso presente ai Congressi UAI, mancò perché non stava molto bene ma inviò, al suo posto, una bellissima videocassetta relativa all’inaugurazione dell’Osservatorio di Collurania, mostrando doti di straordinario cineasta (un documento eccezionale, NdA). Alcuni anni dopo, il 10 marzo 2007, in occasione dei suoi novant’anni, riuscii ad organizzare come UAI un convegno di presentazione del suo ultimo libro (il formidabile “Il Calendario e l’Orologio”, ed. Gremese, nell’ambito della Collana “Astronomia & Dintorni” curata dall’UAI). Con un folto gruppo di Astrofili ci trovammo a Treviso, dove il prof. Tempesti aveva deciso di passare con sua moglie gli ultimi anni della sua vita, e, attraverso l’ottima organizzazione dell’Associazione Astrofili Trevigiani, in una sala gremita da oltre 300 persone, il prof. Tempesti fece una memorabile conferenza incentrata sul suo libro. In quell’occasione l’UAI conferì l’affiliazione onoraria al prof. Tempesti, alla presenza di numerosi past-president (Luigi Baldinelli, Giancarlo Favero, Roberto Bizzotto). Poi andammo tutti a cena per continuare a festeggiare il compleanno. Ricordi intensi e bellissimi che diventano d’un colpo tristi nel momento in cui, con una telefonata di Michele Notarangelo, presidente dell’Associazione Astrofili Trevigiani, vengo a sapere che il prof. Tempesti ci ha lasciato. Un personaggio straordinario! Gli occhi di una vividezza che mostravano sempre attenzione e curiosità, una memoria infallibile (a tavola con Baldinelli ricordava di congressi SAIt del ‘62, citando la data giusta e le parole scambiate cinquant’anni prima!), una competenza approfondita di Astronomia e di Fisica ma anche una modestia disarmante, quella sua strana abitudine di parlare da solo…Rimarrà per sempre nel nostro cuore come l’Amico più sincero degli Astrofili Italiani”.Piero Tempesti arriva a Collurania alla fine del 1958 (vi rimarrà fino al 1982) subito dopo la soppressione della figura del Direttore residente e il trasferimento della direzione a Napoli nella persona del cattedratico di Astronomia (1956): fatto gravissimo perché privò l’Osservatorio di Teramo della guida di un responsabile che, direttamente coinvolto nelle sorti dell’Istituto (fondato dal Cerulli e donato allo Stato per amore della libera scienza) ne difendesse il nome e lo sviluppo in anni in cui l’Astronomia italiana si trasformava in Centri di scienza sempre più competitivi tra loro nella ricerca di quei finanziamenti e di quel personale indispensabili per un moderno sviluppo della scienza di Urania. Grazie alla dedizione e all’entusiasmo del prof. Tempesti, Collurania evitò il tracollo totale e conobbe una nuova florida stagione scientifica. “Nel 1958 il vecchio telescopio rifrattore Cooke del Cerulli” – ricorda il prof. Piero Tempesti – era inutilizzabile. Per iniziare a Teramo la nuova fotometria fotoelettrica, una tecnica di ricerca astronomica moderna all’inizio degli Anni ’60, occorrevano nuovi strumenti: così potenziato, il Cooke era pronto per osservazioni di tipo moderno. Ma la fotometria non era nuova a Collurania: già nel 1930, il direttore, prof. Mentore Maggini, aveva inaugurato, primo in Italia, questa nuova tecnica sull’esempio delle esperienze fatte da P. Guthnik in Germania”. Come? “Con una cellula fotoelettrica semplice e un fotocatodo di rubidio che, al passaggio della luce stellare, generava una debole corrente misurata direttamente mediante la carica indotta in un sensibilissimo elettrometro. Ma la corrente era così debole che si riusciva a fotometrare, con attenti accorgimenti, soltanto stelle splendenti ben visibili ad occhio nudo. Il fotometro di Maggini era una scatola cilindrica attaccata all’estremità dell’oculare del telescopio Cooke, con all’interno le ottiche per il puntamento stellare e l’elettrometro. Questo delicatissimo strumento era in sospensione cardanica affinché, qualunque fosse la posizione del telescopio, potesse mantenere un assetto verticale”. Con la fotometria si misura l’intensità luminosa delle stelle e le loro variazioni periodiche e/o irregolari di luce nel tempo. Lo studio delle stelle variabili, una tradizione alla Specola di Collurania, porta alla conoscenza di molti problemi astrofisici. Tempesti inaugura a Teramo questa nuova tecnica grazie al fotomoltiplicatore con registratore su carta, che consente di fotometrare stelle molto deboli, sempre sfruttando l’effetto fotoelettrico la cui interpretazione in fotoni quantici di luce, valse ad Albert Einstein il Premio Nobel per la Fisica nel 1921. Tempesti dispone a Collurania della potenza del telescopio Cooke, validissimo anche oggi.“Rispetto ai miei colleghi di Catania e Trieste, mi trovavo in condizioni vantaggiose: ho studiato diverse stelle variabili e novae, in particolare stelle doppie ad eclisse, cioè sistemi stellari dove coppie di astri orbitano l’uno attorno all’altro e il cui piano orbitale giace sulla nostra linea visuale, in modo che ad ogni giro si eclissano l’un l’altro! Ad occhio nudo vediamo solo una stella, all’oculare del telescopio vediamo solo una diminuzione di luce e in questo caso le misure sono poco precise. Ma con il fotometro moderno otteniamo dati più affidabili. Ho così studiato la stella AZ Cassiopeiae, una doppia con un periodo di 9 anni e ne ho osservato il minimo del ’66 e del ’75, seguendola pazientemente notte dopo notte, grazie al valido aiuto del mio collaboratore, il tecnico Agostino Di Paolantonio, le cui misurazioni sono risultate molto più precise di quelle fornite da altri Osservatori: Agostino con le coordinate celesti della stella era in grado di puntare il telescopio, trovare l’oggetto ed iniziare la fotometria”. Negli anni ‘60 Tempesti stringe uno stretto rapporto tra Collurania, l’Università di Roma e il Centro di calcolo di Frascati, dove opera con instancabile dedizione il matematico Rodolfo Patriarca, grande amico e collaboratore del Nostro insieme all’astronomo teramano Renato De Santis. Molti laureandi giungono a Teramo per preparare le loro tesi sulle osservazioni fotometriche di stelle variabili: Piero Tempesti riuscirà a far laureare più di 15 giovani promesse, poi tutti astronomi di successo. Cordiale e attivo è il rapporto con i numerosi astrofili che frequentano l’Osservatorio di Teramo. Tempesti inizia anche le osservazioni fotometriche degli asteroidi, tra cui Interamnia, scoperto dal Cerulli, e il pianetino Vittoria, sviluppando nuovamente a Collurania questo tradizionale filone d’oro della ricerca che nel ’68 condurrà alla prima pubblicazione scientifica sull’argomento. Il telescopio rifrattore, protagonista di un’Astronomia d’altri tempi, torna così alla ribalta in campo astrometrico: quanto a precisione all’epoca ancora non aveva rivali! “Gioverà menzionare un esempio tratto da un’esperienza personale. Nel 1960, mentre a Collurania era in fase di realizzazione il fotometro fotoelettrico da applicare al rifrattore Cooke (39.4 cm. di diametro e 591 cm. di focale), arrivò il telegramma dell’Unione Astronomica Internazionale annunciante la scoperta di una supernova nella galassia NGC4496 dell’ammasso della Vergine. L’unico strumento disponibile per l’osservazione fotometrica di questa esplosione stellare era un vecchio rifrattore fotografico di 16 cm. di apertura: uno strumento che oggi sarebbe snobbato da molti astrofili e che anche allora poteva essere valutato quasi ridicolo per un professionista. D’altra parte l’alternativa, a me non congeniale, era di rinunciare all’osservazione: perciò fotografai questa stellina con pose convenientemente lunghe di un’ora, seguendola per vari mesi finché, superata la 15a magnitudine, divenne invisibile per uno strumento che con quell’apertura osava sfidare le distanze intergalattiche. La supernova che ricevette poi il nome di SN1960F, fu seguita fotometricamente da altri tre Osservatori in varie parti del mondo all’insaputa l’uno dell’altro. A distanza di 42 anni – ricorda Tempesti – tutte queste osservazioni sono diventate la base indispensabile per sfruttare subito un risultato ottenuto dal Telescopio Spaziale Hubble, in orbita da 12 anni attorno alla Terra a 600 Km di quota: ossia, la determinazione di un parametro cosmologico qual è la Costante di Hubble. Il Cooke sinceramente non lo metterei ancora in museo: disponibilità del personale permettendo, potrebbe essere ancora utile, certamente non più come ai miei tempi. Come non metterei ancora in museo lo strumento fotografico con obiettivo Zeiss acquistato nel 1963. Per quanto riguarda il vecchio sismografo Agamennone della collezione privata del Cerulli, io l’ho lasciato in Osservatorio nel 1982 ed era perfettamente funzionante! Ma c’è una storia curiosa che desidero rivelare. Nei primi anni ’70 ci arrivò da L’Aquila un nuovo sismografo che volevo subito mettere in funzione e così furono preparate le basi. Curiosamente occorreva una particolare carta sismografica che veniva fornita solo dagli USA. Allora chiesi all’Istituto americano incaricato della distribuzione, di spedirci al più presto il materiale che però veniva inviato gratuitamente. Ma la nostra dogana pretendeva la fattura: bene, non riuscimmo a sdoganare la carta! Scrissi all’Istituto USA nella speranza di ottenere una fattura pro forma, ma nulla di nulla: dopo la loro risposta un po’ bruttina, rinunciammo alla carta ed al sismografo, ringraziando la burocrazia dell’epoca!”. Molto importanti sono per Collurania gli studi pionieristici di Tempesti sulla stella Nova Cygni 1975. Il giovane astrofilo giapponese Kentaro Osada, nella calda serata del 29 agosto 1975 era tutto preso dall’esame della volta celeste quando si rese conto con stupore che nella costellazione del Cigno una nuova stella si era accesa fra le altre, brillando con splendore pari alla 3a magnitudine, 5° a nord di Deneb, la stella supergigante bianco-azzurra di prima grandezza del Cigno. Osada iniziò a sorvegliare l’intrusa durante le successive sei ore, al termine delle quali la luce dell’astro risultava intensificata di circa il doppio! Giunta l’alba, telegrafò la notizia della scoperta all’Ufficio Internazionale dei Telegrammi Astronomici: era una stella Nova. In quelle medesime ore, calata la notte sull’Europa, gli astronomi informati della comunicazione cominciarono le osservazioni. In Italia c’era Piero Tempesti. “Quando arrivò il telegramma della scoperta dagli USA, puntai subito il Cooke per osservare la Nova che raggiunse la massima luminosità (1.7 magn.) la sera del 30 agosto (tempo di Greenwich). Poi la stella prese a declinare con rapidità e nei 5 giorni successivi lo splendore finì per scendere oltre il limite di visibilità per l’occhio nudo. L’ho seguita con il Cooke per ore e ore, misurando ogni notte l’intensità luminosa per vedere sul diagramma come diminuiva, al fine di stabilire l’andamento del fenomeno che si produce in un sistema binario le cui componenti sono una stella nana bianca e una stella gigante rossa. La gigante si trova in una fase della vita in cui la sua atmosfera straordinariamente espansa deborda nel dominio d’azione gravitazionale della nana bianca e perciò cede in continuazione materia gassosa alla stellina compatta, la quale l’accumula su un disco equatoriale in rapida rotazione. Dal disco, poi – spiega Tempesti – il gas si trasferisce sulla superficie della nana bianca ove si addensa, riscaldandosi sempre più, fino a che non si determinano le condizioni per l’accensione di una reazione di fusione termonucleare che in breve tempo brucia quasi tutto quanto la stella ha risucchiato nel corso di decine o centinaia di migliaia di anni. Dalla Terra, allora, noi vediamo una nuova stella, Nova per l’appunto, accendersi in cielo! Ma non tutto il gas brucia perché una buona parte viene violentemente sospinto verso l’esterno a formare una nebulosità tondeggiante che con il tempo si diluisce e si disperde nello spazio interstellare. La nana bianca è così densa che il suo nucleo non risente minimamente del cataclisma: la stella si limita a liberarsi del suo soprappeso per poi tornare normale. Le energie in gioco sono notevoli: la Nova Cygni 1975 ha irradiato, in poche ore, qualcosa come 10 alla 39ma potenza di joules, equivalenti a 10 alla 32ma potenza di Kilowatt l’ora! Abbiamo ragione di credere che tutte le forme di vita in un raggio di qualche centinaio di anni-luce si sono sicuramente estinte al passaggio dell’onda di energia della nova, migliaia di anni fa. Al Cooke ho eseguito alcune misure per poi elaborare la media: dopo un quarto d’ora, ho ripetuto le misure per migliorarla ulteriormente e mi sono accorto che la stella era discesa molto in luminosità. Fatto un po’ strano, visto che in così poco tempo in una nova non si vede alcun cambiamento: una normale discesa dura mesi, variazioni si notano solo da una notte all’altra e la stella torna allo splendore primitivo in capo ad anni”. E poi cosa accadde? “Dopo le misure di controllo su stelle vicine per accertarmi che non vi fossero fenomeni di assorbimento atmosferico, pensai: forse si è frapposta una nubecola tra la nova e la Terra! Dopo ogni misura notavo una continua caduta di luce che a quel ritmo avrebbe segnato la fine del fenomeno con la scomparsa della nova. Sicuramente, pensai, deve essere una variazione periodica: dopo il minimo, la luce tornerà a salire. Infatti, osservando il tracciato fotometrico su carta, ecco che la luce ricomincia a salire e dopo 3 ore e 23 minuti a ridiscendere. Non era una discesa uniforme, ma una variazione periodica sovrapposta alla lenta diminuzione che dura mesi. All’alba del 10 settembre avevo registrato più di 10 metri di carta fotometrica: dopo le ultime misure col decimetro, mi precipitai all’Ufficio postale di Teramo, alle 7.30 del mattino, per fare il telegramma internazionale che annunciava alla comunità scientifica la scoperta di una variazione periodica nella Nova Cygni 1975. Un fenomeno mai osservato prima, legato al fatto che le stelle novae sono sempre doppie: la periodicità osservata rifletteva quella del moto orbitale del lontano sistema stellare, distante dalla Terra 5800 anni-luce. Pensai: qui mi possono aver superato nel tempo solo i Russi, con i loro potenti telescopi asiatici che scrutano il cielo stellato prima di noi. Nulla di nulla: i Russi dormivano! E gli americani dal canto loro si sono limitati a confermare la mia scoperta solo alcune ore più tardi”. Per una questione di longitudine e dedizione scientifica galileiana, il prof. Tempesti scopre per la prima volta delle fluttuazioni periodiche di luminosità nella stella Nova Cygni 1975, un fenomeno fisico, poi studiato su altre novae, che nessun altro astronomo all’epoca avrebbe mai sospettato, cercato e trovato. La notorietà di Collurania e di Teramo è alle stelle! “Quasi tutte le novae hanno questo comportamento, in alcune si osserva meglio che in altre. Nessun astronomo sospettava, prima della mia scoperta, che già nella fase di massimo dell’esplosione termonucleare della nova, quando la materia gassosa in espansione circonda entrambe le stelle e le nasconde, si potesse rilevare la duplicità della variazione luminosa. Se non mi fosse venuta in mente l’idea di eseguire una seconda serie di misure di controllo, non avrei scoperto nulla! Prima di allora, tali variazioni erano state osservate soltanto in novae nella fase di stasi al minimo, quando l’involucro gassoso opaco in espansione si è ormai talmente rarefatto da divenire trasparente. Nell’esplosione la luminosità della Nova Cygni 1975 si era accresciuta di 40 milioni di volte rispetto allo splendore d’origine, divenendo luminosa quanto un milione di volte quello che in ogni istante viene irradiato dal nostro vecchio tranquillo luminare, il Sole! L’ampiezza di questa nova è stata veramente eccezionale: prima dell’esplosione era una stella invisibile più debole della 21a magnitudine, un mese dopo il parossismo si era ridotta ad una sorgente di 8a e continuava a indebolirsi, tanto che nel dicembre 1976 era alla 13a magnitudine. Dopo la Nova 1942, questo è stato sicuramente il secondo evento più considerevole del XX° Secolo: la nube mortale in espansione fu percepita con la raffinatissima tecnica a speckles, già 45 giorni dopo il massimo, ma non fu possibile determinarne le dimensioni apparenti. Quattro anni dopo l’esplosione, gli astronomi tedeschi Becker e Durbeck sono riusciti a fotografare la nube con il telescopio riflettore di 123 cm. dell’Osservatorio di Calar Alto in Spagna ed a misurarne le dimensioni. Mediante l’effetto Doppler hanno potuto stabilire la velocità di espansione (1.600 Km/sec.) del residuo gassoso che si sta (dal nostro punto di vista, 5.800 anni dopo) allontanando concentricamente intorno all’ex nova”.Siamo eternamente grati al professor Piero Tempesti per tutto quello che ha fatto e farà da lassù. Vicini idealmente, in primis alla Sua Famiglia alla quale esprimiamo le nostre più sincere condoglianze, sono tutti gli appassionati della scienza del cielo, professionisti e dilettanti. Se possiamo affidarci alla fisica subnucleare per coltivare la pia illusione della reversibilità del Tempo nell’infinitamente piccolo, tra gli infiniti spazi interstellari del Multiverso, ossia tra i 10 alla 500ma potenza di Universi teorizzati dal fisico Stephen Hawking, sappiamo altresì che la scala macroscopica (la nostra, terrestre) è purtroppo tenacemente presidiata dalla seconda legge della termodinamica. Dei 94 anni di Piero Tempesti, settantacinque dei quali dedicati all’Astronomia ed alla Sua famiglia, resta indelebile, scolpito lassù nei Cieli tra le infinite stelle, il deferente ricordo della Sua opera, la memoria di un’Astronomia scientificamente valida e fruttuosa, vissuta con impegno e passione nella Specola di Collurania. Grazie, professor Tempesti.
Nicola Facciolini
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