Ho finalmente capito perché l’attuale governo si oppone con tanta forza, tanta persistenza e tanta reiterazione all’uso delle intercettazioni, che vengono adoperate tranquillamente altrove, ivi compreso il tempio della protezione della privacy, vale a dire gli Stati Uniti, in cui vivo. L’ho capito nel momento in cui è diventata di dominio pubblico la registrazione dell’insulto del Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Silvio Berlusconi, secondo il quale: «L’Italia è un Paese di Merda!». Per noi che all’estero cerchiamo di mantenere alta l’opinione del nostro Paese malgrado i Rubygate, le continue accuse alla magistratura, la legiferazione mediante decreti su cui viene posta la fiducia, la campagna acquisti di deputati e senatori per reggere una maggioranza interessata, una dichiarazione di questo genere non è soltanto sconvolgente, è del tutto irrazionale e illogica, dato che proviene da una persona che ha tutti i mezzi finanziari e un modo facilissimo di non doversi più occupare del “Paese” che per lui è diventato (o è sempre stato? non lo so) di “Merda”, del Paese che lo ha “nauseato”, ma del quale continua a rimanere “Premier”, come dice lui, anche se premier non significa “Presidente del Consiglio” all’italiana, ma Primo Ministro con pieni poteri all’inglese.
Si dimetta! Nessuno di noi vuole che continui a soffrire, legato mani e piedi ad un puteolente territorio che, malgrado le promesse, non è riuscito a salvare dall’emergenza rifiuti, dall’emergenza sbarchi, dall’emergenza ricostruzione de L’Aquila, dall’emergenza crisi finanziaria, quest’ultima neppure con la terza manovra di quest’anno che cambia forma e sostanza ad ogni incontro al vertice del suo governo e ad ogni sussulto di Padre Trota. Gli italiani all’estero non capiscono perché vuole continuare a sacrificarsi. Se non vuole più stare nella merda, protegga se stesso, si salvi, si dimetta! Forse allora ci potrebbe essere un dietrofront nelle politiche per gli italiani all’estero, instaurate da questo governo, che ha disintegrato l’uno dopo l’altro i momenti di rappresentanza diretta, il dialogo con l’Italia, gli investimenti nella globalizzazione della lingua italiana, l’indispensabile esperienza dell’ICE (che non esiste più, tant’è vero che se ne vendono le sedi all’estero per far vedere che si sono recuperati soldi, ma poi si è costretti ad affittare uffici che in un anno costano quanto hanno reso le vendite e sono gestiti dagli stessi ex dipendenti dell’ICE che ora verranno inseriti in non si sa quale ruolo pubblico né alle dipendenze di chi) e, più di tutto, la rete diplomatico-consolare falcidiata dovunque, in particolare in luoghi di massima importanza commerciale per l’Italia, come Durban nella Repubblica del Sud Africa e forse in futuro, ma sarebbe un suicidio, nella Detroit di cui ormai è socia di maggioranza la FIAT.
Che il Presidente del Consiglio in carica non ami gli italiani all’estero è comprensibile, perché non sono stati ancora redenti dal peccato originale di aver tenuto in vita il Governo Prodi fino a quando non è stato schiacciato dalle querelle interne dei più piccoli, che urlavano più forte degli altri. Ma la cura, o la punizione che dir si voglia, non può essere affidata all’imposizione del TG1 sei giorni alla settimana e del TG2 al settimo nella fascia di trasmissioni al servizio del pubblico nella zona di New York o nell’intrattenimento a cura di RAI International, anch’essa condizionata da chi strilla di più ovunque in Italia e nel mondo e da qualunque cosa i soloni chiedano o dicano. Per noi all’estero l’Italia è un Paese meraviglioso, di grandi bellezze naturali e create dall’uomo, di splendida filosofia di vita e di infinite capacità intellettuali, a dispetto del tentativo di sgretolare e appiattire la formazione di base che ci ha permesso finora di esportare non soltanto prodotti Made in Italy, ma anche migliaia di cervelli, Made in Italy proprio da quella scuola che si sta riformando a tutti i costi! Chi non la pensa così, chi crede che “il bel paese dove il sì suona” sia “un paese di merda”, se ne allontani, per favore, non continui a fare il capo del governo, a scanso di riuscire a dimostrare che questo insulto immeritato all’Italia, alla sua Costituzione e al suo tricolore, stia lentamente trasformandosi in realtà, anche ad opera di chi lo ha lanciato.
Silvana Mangione
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