L’ultimo segretario della Democrazia Cristiana, ed il primo del Partito Popolare Italiano, Mino Martinazzoli è morto stamani nella sua casa di Caionvico, frazione di Brescia. Avrebbe compiuto 80 anni il 30 novembre. E’ stato un politico italiano , più volte Ministro della Repubblica nelle file della Democrazia italiana. Senatore dal 1972 al 1983 e dal 1992 al 1994 e deputato dal 1983 al 1992.
Il 12 ottobre 1992, con la Democrazia Cristiana travolta da Tangentopoli, venne eletto dal Consiglio Nazionale della Dc per acclamazione segretario del partito, con il compito non facile di salvare il partito dalla disaffezione degli elettori e condurlo fuori da una crisi di fiducia grave. Martinazzoli con inevitabili difficoltà fece i conti con il terremoto politico degli anni 1992-1994: la crisi profonda del Pentapartito, i problemi gravi del risanamento finanziario del paese, l’avanzata delle “leghe”, l’approvazione per referendum del nuovo sistema elettorale maggioritario, l’avanzata delle sinistre alle elezioni amministrative del 1993 (con la conquista di città come Roma, Napoli, Trieste, Venezia, Genova), la discesa in campo di Silvio Berlusconi e lo “sdoganamento” della destra missina.
Alle prese con un partito in crisi e sempre più diviso sulle scelte da compiere, Martinazzoli scelse la via dello scioglimento della Democrazia Cristiana, considerando esaurita, dopo gli scandali di Tangentopoli, la forza trainante del partito nato da Alcide De Gasperi. Nel 1993 così assume i pieni poteri, lanciando la proposta di costituire sulle ceneri della DC e in continuità ideale con essa, ma in discontinuità di classe dirigente, il nuovo Partito Popolare Italiano, riprendendo tale nome dal partito che fu di Don Luigi Sturzo. Nel nuovo sistema maggioritario Martinazzoli collocò il nuovo PPI in una posizione rigorosamente di centro, alternativo alla sinistra dei Progressisti, ma in netta distinzione dalla destra missina e dalla Lega Nord. Dopo la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel gennaio del 1994 Martinazzoli manifestò distanza e freddezza nei confronti del Cavaliere, rifiutandosi di stringervi alleanze, aveva invece proposto a Berlusconi di candidarsi al Senato nelle file del PPI. Questa linea di centro, assolutamente equidistante dai Progressisti come dall’alleanza di centrodestra che andava profilandosi tra Berlusconi, Fini e Bossi, lo portò a scontrarsi nel partito fra i fautori di un’alleanza a sinistra o a destra. Nel gennaio 1994, all’atto di nascita del nuovo Partito Popolare Italiano, non aderivano così alcuni esponenti della DC guidati da Clemente Mastella e Pierferdinando Casini, considerando la linea del segretario troppo aperta a sinistra, che fondavano un movimento politico autonomo che prendeva il nome di Centro Cristiano Democratico e sceglievano l’alleanza con il Polo delle Libertà.
Alle elezioni politiche del 1994 si impegnò nella costruzione di un polo autonomo di centro con le culture riformiste, liberali, repubblicane. Trovò un alleato in Mario Segni con il quale fonda la coalizione del Patto per l’Italia che si presentò in tutti i collegi di Camera e Senato in modo autonomo contro i candidati della sinistra (Progressisti) e della destra (Polo delle libertà o Polo del Buon Governo). Aderirono all’elleanza di centro anche i repubblicani di Giorgio La Malfa, i liberali di Valerio Zanone ed un gruppo di ex socialisti e socialdemocratici guidati da Giuliano Amato. Martinazzoli non si candidò alle elezioni e chiese a molti notabili democristiani di fare lo stesso per favorire il rinnovamento della cultura democratico-cristiana nel nuovo Partito Popolare. I risultati delle elezioni furono tuttavia deludenti: il “Patto per l’Italia” ottenne pochissimi collegi maggioritari (solo 4 alla Camera: 3 nell’avellinese con Gianfranco Rotondi, Antonio Valiante e Mario Pepe e uno in Sardegna con Giampiero Scanu) e le liste del PPI nella parte proporzionale raccolsero un modesto 11%, un terzo dei voti della vecchia DC. I seggi ottenuti non consentirono nemmeno di essere ago della bilancia in Parlamento, dove si affermò l’alleanza di centrodestra guidata da Berlusconi. Dopo le elezioni si dimise da segretario e annunciò l’intenzione di abbandonare la politica attiva.
Nell’autunno successivo, 1994 accettò di candidarsi a sindaco di Brescia in una coalizione di centrosinistra (con il sostegno forte del PPI e del PDS) .Vinse al ballottaggio la sfida a sindaco contro Vito Gnutti e diventò primo cittadino di Brescia. Guidò il comune cidneo per l’intera legislatura fino al novembre del 1998, quando decise di non ripresentare la propria candidatura. Nel 2000 si candidò per il centrosinistra a presidente della Regione Lombardia, ma venne sconfitto (70% a 30% dei voti) daRoberto Formigoni, che con lui aveva militato nella Dc. Rimase comunque in Consiglio regionale fino al 2005. Nel 2004 si schierò con Clemente Mastella e venne eletto presidente di Alleanza Popolare-Udeur. Negli ultimi anni si era impegnati in alcune campagne referendarie e nel 2009 ha pubblicato un’autobiografia.
Unanime il cordoglio del mondo politico. “Uomo politico, studioso e statista di rilievo – ha sottolineato Formigoni – abbiamo prima militato insieme nella Democrazia cristiana; poi siamo stati avversari fino alla competizione regionale del 2000 che ci vide candidati alla presidenza per due schieramenti contrapposti: ma lo abbiamo fatto nel rispetto reciproco e nella comune difesa dei valori di democrazia e di partecipazione popolare”. Profonda tristezza ha espresso un altro ex compagno di partito, Pier Ferdinando Casini: “Da lui mi hanno diviso non pochi giudizi politici – ha detto il leader dell’Udc – ma non è mai venuta meno la stima e il rispetto per la persona e per le sue qualità intellettuali e morali. Mi unisco con profondo cordoglio ai familiari e agli amici che ne piangono la scomparsa”.
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