Non è ancora giunta l’Ora fatale del Giudizio e del Deep impact. Ma siamo già finiti nella “finestra” temporale e spaziale, davvero incerta, del primo probabile impatto al suolo di un satellite scientifico della Nasa sul suolo europeo. Stiamo vivendo in queste ore febbrili le celebri atmosfere dei film “Space Cowboys” del regista Clint Eastwood e “Fino alla fine del mondo” di Wim Wenders, in tema di satelliti impazziti. Come sapete UARS, un vecchio satellite scientifico della Nasa, sta deorbitando velocemente. Nelle prossime ore, nella notte italiana tra il 23 e il 24 settembre 2011, impatterà negli strati superiori dell’atmosfera terrestre. Si disintegrerà quasi completamente dopo 14 anni e 91 giorni nello spazio. Gli scienziati della Nasa, tuttavia, non escludono nulla, neppure l’impatto al suolo, in un raggio di 500 miglia, dei frammenti più grandi dopo la parziale fusione del satellite nell’atmosfera terrestre. La probabilità di beccarlo in testa è di una su 3200. Il satellite, meglio conosciuto come “Upper Atmosphere Research Satellite” fu messo in orbita dallo Space Shuttle Discovery STS-48, il 12 Settembre 1991. La sua vita operativa è finita nel 2005. Ha le dimensioni di uno scuolabus, 9.8 x 4.6 metri. Data l’impossibilità di operare manovre dirette per l’autodistruzione e per un rientro programmato di sicurezza sull’Oceano, e di programmare missioni Shuttle di emergenza (a che cosa serve la Stazione Spaziale Internazionale senza uno Space Shuttle multiruolo?), l’oggetto è totalmente fuori controllo da settimane. Secondo gli scienziati della Nasa esiste un piccolo margine di rischio che almeno 26 parti incandescenti più grosse di UARS possano superare la fase critica del rientro, oltrepassando gli strati più densi dell’atmosfera, raggiungendo il suolo e provocando danni a cose e persone in un raggio di circa 800 km. Senza lanciare impossibili pre-allarmi di alcun genere (così lavora la scienza), la notizia della Nasa ha fatto rapidamente il giro del mondo e delle Istituzioni democratiche. Una sola cosa sembra certa. Pare che il satellite non impatterà sul suolo nord-americano. Le aree a più alto rischio del pianeta sarebbero il Cile, l’Argentina, l’India e il sud-est asiatico. Poche ore fa era stato calcolato “il quando” dell’ora zero! Tra le 14 e le 16 ora italiana, ma i movimenti caotici del satellite, gli improvvisi cambi di direzione, in grado di frenarne e deviarne la corsa, non possono escludere più nulla. Né un repentino cambio di orbita né un certo ritardo né un’accelerazione degli eventi. Se l’impatto accadesse stanotte sull’Europa, la fiammata offrirebbe uno spettacolo davvero impressionante sui cieli, perché la disintegrazione farà brillare il satellite come Venere, superando in velocità la stessa Stazione Spaziale Internazionale. L’ultimo viaggio di UARS chiude in gloria (speriamo senza danni a persone e cose) un programma scientifico molto importante per la Nasa. Oggi le osservazioni della Terra sono in mano a satelliti di nuova generazione. Il calcolo dell’impatto previsto per la sera del 23 settembre 2011, è continuamente aggiornato all’ultima orbita osservata con la massima precisione. Se ci riferiamo, ad esempio, a quella del 21 settembre scorso, UARS descriveva le 120 miglia X 130 miglia (190 km per 205 km) orbitali dalla Terra. L’agonia di UARS è già stata immortalata da centinaia di foto notturne di appassionati che in tutto il mondo stanno seguendo, tracciando e cristallizzando le ultime fasi di vita del satellite. Fino a poco tempo fa il repentino decadimento orbitale aveva fatto più propendere l’ora X della disintegrazione nell’intervallo tra le 19 e le 23 ora italiana del 23 settembre 2011. Nulla di più è possibile dire ora. Impossibile, quindi, lanciare pre-allarmi ingiustificati. Le indicazioni della Protezione civile italiana sono chiare. “Si è riunito questa mattina (22 settembre 2011) il Comitato Operativo convocato dal Dipartimento della Protezione Civile con l’Agenzia Spaziale Italiana” – spiega il Dipartimento in una nota. “Il processo di decadimento naturale del satellite UARS giungerà al suo epilogo nella notte tra venerdì 23 e sabato 24 settembre, quando entrerà in contatto con l’atmosfera terrestre. Sulla base delle simulazioni effettuate dalla Nasa, che ha ipotizzato la frammentazione del satellite a 78 km di quota, alcuni componenti di dimensioni variabili, non avendo subito la totale disintegrazione dovuta al rientro negli strati più densi della nostra atmosfera, potrebbero raggiungere il suolo terrestre dopo aver percorso un arco di 800 km, interessando anche il territorio italiano. In base ai dati forniti dall’ASI, la previsione di rientro sulla terra è centrata intorno alle 19:15 (ora italiana) di domani (23 settembre, NdA), con una finestra di incertezza che si apre alle ore 13 del 23 settembre e si chiude alle ore 5 del 24 settembre: all’interno di questo arco temporale non è ancora possibile escludere la possibilità, anche se remota, che uno o più frammenti del satellite possano cadere sul nostro territorio. Sottolineando che le previsioni di rientro sono comunque soggette a continui aggiornamenti, il Dipartimento spiega che saranno potenzialmente coinvolte le regioni settentrionali del nostro Paese (Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e le Province Autonome di Trento e Bolzano). Al momento – precisa il Dipartimento – non è possibile escludere la possibilità (pari allo 0,9%) che uno o più frammenti del satellite UARS possano cadere sul territorio italiano: in quel caso, sarà possibile determinare con precisione l’area interessata e l’orario dell’impatto circa un’ora prima dell’evento stesso. Il Comitato Operativo convocato dal Capo Dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli – continua la nota – sarà riunito in seduta permanente fino al cessato allarme, sia per analizzare gli scenari che per prendere le dovute decisioni in tempo reale. Una struttura tecnica composta da esperti del Dipartimento, ASI, Forze Armate, Vigili del Fuoco, ISPRA e ENAV si occuperà di monitorare l’evoluzione della situazione e fornire le corrette informazioni scientifiche al Comitato Operativo; nelle regioni interessate si stanno inoltre costituendo dei Centri di coordinamento che coinvolgono le strutture e i soggetti interessati. Il Dipartimento precisa comunque che eventi di questo tipo e casi reali di impatto sulla Terra sono assai rari, pertanto non esistono comportamenti di autotutela codificati in ambito internazionale da adottare a fronte di questa tipologia di eventi. Tuttavia, pur nell’incertezza connessa alla molteplicità delle variabili, la Protezione Civile ha fornito alcune indicazioni utili alla popolazione affinché adotti responsabilmente comportamenti di auto protezione: è poco probabile che i frammenti causino il crollo di strutture: per questo sono da scegliere luoghi chiusi; i frammenti impattando sui tetti degli edifici potrebbero causare danni, perforando i tetti stessi e i solai sottostanti: pertanto, non disponendo di informazioni precise sulla vulnerabilità delle strutture, si può affermare che sono più sicuri i piani più bassi degli edifici; all’interno degli edifici i posti strutturalmente più sicuri dove posizionarsi nel corso dell’eventuale impatto sono i vani delle porte inserite nei muri portanti (quelli più spessi)”. Su sito della Protezione Civile saranno pubblicati aggiornamenti periodici sull’evoluzione della situazione.
® Nicola Facciolini
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