Dopo un lungo, lunghissimo silenzio, Tremonti ha riparlato affermando che ora la nostra situazione è fuori pericolo, cosa che non ci tranquillizza affatto dal momento che ha dovuto varare (e non è finita) tre manovre in un’estate e già prima di queste, nel 2009, aveva detto che tutto era a posto. Quasi a rispondere alle perplessità di Napolitano e Confindustria che non vedono iniziative atte alle ripresa, ma solo un gioco di rimessa e contenimento fatto di tagli e pressioni tranne che politici e ricchi, ora parla di trovare denaro (25-30 miliardi) dalla vendita di immobili pubblici, naturalmente non tutti ma solo fra il 5 ed il 10%. In una delle slides slide presentate nel corso del seminario al Tesoro sulla valorizzazione del patrimonio pubblico, esce questa idea, oltre al fatto che secondo stime del Tesoro, il piano di valorizzazione del patrimonio pubblico garantirà a regime, dal 2020, una riduzione annua del deficit di 9,8 miliardi. Inoltre, sempre dalle stesse slides, vien fuori che tale valorizzazione (non c’era da dubitarne) sarà affidata a una nuova Società di gestione del risparmio (Sgr), che sarà costituita a gennaio 2012 e diventerà operativa una volta ottenute le autorizzazioni della Banca d’Italia. La Sgr avrà due linee di azione: una ad alto rendimento che renderà disponibili agli enti territoriali i capitali e le competenze per avviare le operazioni insieme al mercato; la seconda a basso rendimento per operazioni di sviluppo del territorio poco appetibili per il mercato a causa dei rendimenti bassi. Ci sarà poi un fondo nazionale con 3 diverse linee di investimento: le locazioni passive delle pubbliche amministrazioni, concessioni (beni e infrastrutture), valorizzazioni dei beni degli enti territoriali. Le slides sono chiare e ci fanno l’effetto di un tuffo al cuore, dandoci l’impressione di essere prossimi ad una liquidazione graduale. Ma ciò che più preoccupa e lo stallo nel nodo alla successione di Mario Draghi, con Berlusconi che prova a superare l’impasse che si è registrata dopo il vertice di due giorni fa con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e le divergenze sul nome da indicare alla guida di Via Nazionale. Sarà un nuovo vertice di maggioranza, dopo quello convocato oggi dal Cavaliere a Palazzo Grazioli, a individuare la prossima settimana una soluzione, che dovrà passare, è il ragionamento consegnato dal premier ai suoi, attraverso “un accordo politico” nella maggioranza. a posta in palio è altissima: in ballo non c’è solo la credibilità di Palazzo Koch, ma anche la stabilità del governo. Con Tremonti che ha puntato i piedi sul suo candidato, il dg del Tesoro Vittorio Grilli, opponendolo al nome dell’attuale numero due di via Nazionale, Fabrizio Saccomanni, finora considerato in pole position per il passaggio di testimone. In queste ore, mentre la Borsa si riprende appena ma è ancora in prognosi riservatissima, esce anche il nome di un outsider, con una mossa che consentirebbe al premier di uscire dallo stallo scatenato dalla contrapposizione con il ministro senza urtarne la sensibilità e senza scossoni nella maggioranza. Si perché c’è ancora e sempre La Lega da accontentare, che, dopo il voto su Romano, ha nuovi crediti da incassare. Nomi (relativamente) nuovi come quello Lorenzo Bini Smaghi, componente del direttivo della Bce che dovrà lasciare per l’arrivo di un altro italiano, lo stesso Draghi, potrebbero (forse) permettere di superare la contesa. Ma intanto occorre fare in fretta data la delicatezza del momento. Ma, nonostante questo nodo ed altri non meno urgenti, la maggioranza si perde dietro la legge contro le intercettazioni ed afferma che non si torna indietro, ma si va avanti con il testo. Stamani, decine di cartelli con la scritta ”No ai bavagli” hanno fatto da sfondo alla manifestazione organizzata al Pantheon a Roma dal Comitato per la libertà e il diritto all’informazione la cultura e lo spettacolo, per dire no alla legge sulle intercettazioni che mercoledì 4 ottobre inizierà il suo iter in Parlamento. Diverse centinaia di persone sono scese in piazza e per sottolineare il no ad un provvedimento ritenuto incostituzionale, perché in contrasto con l’articolo 21 sulla libertà di informazione. Alla protesta hanno partecipato diverse associazioni, da Articolo 21, alla Rete Viola, fino a Libertiamo.it ed anche i rappresentanti della neonata Unione delle giornaliste libere e autonome, denominata Giulia, tra cui le giornaliste Rai Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario. Oltre alla protesta contro la legge sulle intercettazioni, in piazza e’ stato gridato il no al cosiddetto comma ”ammazza-blog’, che estenderebbe la regolamentazione della carta stampata ai siti informatici, in particolare relativamente all’obbligo di rettifica. Una protesta portata avanti dall’associazione Agora’ Digitale. Quello sulle intercettazioni è un altro progetto di legge illiberale e dannoso per tutti i cittadini, che sta facendo fare brutta figura all’Italia nel mondo”: lo ha sottolineato il segretario generale Fnsi, Franco Siddi, rispondendo alle sollecitazioni durante un seminario sull’informazione e la democrazia in Italia e in Argentina organizzato presso la sede locale dell’università di Bologna. Ma il governo è sordo a tutto questo (come a molto altro) e con Silvano Moffa, capogruppo di Popolo e Territorio, afferma, dopo il vertice di maggioranza che si è svolto a Palazzo Grazioli: “Mercoledì si voteranno le pregiudiziali, si va avanti con il testo attuale”. Insomma sempre più ed in tutti i settori, siamo guidati da politici distanti anni luce dalle esigenze del Paese e, soprattutto, sordi ad ogni richiamo. Ciò che davvero urge al Pdl sono i numeri, soprattutto da quando, più che a giugno scorso, i Responabili sono più che mai lacerati, con, di nuovo, Belcastro, Iannaccone e Porfidia, dalle parti di Miccichè e solo Romano, Moffa e, naturalmente, Scilipodi, dalla parte del governo.
Carlo Di Stanislao
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