“Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, Contemplando i deserti; indi ti posi…”(Giacomo Leopardi). Occhio alla Luna del Cacciatore sui nostri cieli in congiunzione con il magnifico pianeta gigante Giove in opposizione e, quindi, più splendente che mai. Una Luna che illumina tutti: saggi e stolti, fedeli e fedifraghi, buoni e cattivi con tutte le sfumature dei grigi possibili e immaginabili. Se la cometa C/2009 P1 (Garradd), scoperta dall’australiano Gordon J. Garradd il 13 agosto 2009, ora in transito nella costellazione di Ercole (www.uai.it), può essere osservata anche in diretta dal telescopio remoto Skylive-UAI, è utile riflettere sul nostro satellite naturale. Ogni plenilunio porta il suo nome. Tredici ogni anno. E, secondo i Nativi Americani, queste notti sono le più propizie per la caccia. La prima abbagliante Luna Piena autunnale, infatti, illumina prati, boschi e foreste quasi a giorno, offrendo una delle visioni più emozionanti che si possano vivere a contatto con la natura selvaggia. Ogni mese la Luna solca i cieli con le sue fasi, calando e crescendo nella sua costante rinascita da Luna Nuova a Luna Piena che si forma ogni 29,5 giorni circa, quando si sposta di fronte al Sole, riflettendone la luce con tutta la sua superficie (faccia) ed apparendo così come un disco splendente perfettamente circolare. Per decine di migliaia di anni l’Umanità ha usato il movimento della Luna per sopravvivere. Per calcolare i mesi dell’anno e, quindi, per registrare i calendari della caccia, della semina e del raccolto. Le culture antiche in tutto il mondo hanno dato al Plenilunio nomi naturali che riflettevano ogni mese i modi di agire di piante, animali e meteo. La Luna del Cacciatore è la prima Luna Piena dopo la Luna di settembre, la più vicina all’equinozio autunnale. È stata usata dai Nativi Americani nel corso dei secoli per dare la caccia alle loro prede che poi avrebbero conservato durante la stagione invernale. La Luna del Cacciatore e la “Harvest Moon” (la Luna del Raccolto) non sono più brillanti, più grandi o piccole delle altre dell’anno. Tuttavia poiché ogni Luna Piena conserva le proprie caratteristiche peculiari in ogni luogo della Terra in virtù del diversa fetta di cielo che attraversa, i popoli antichi hanno saputo profittarne per la loro sopravvivenza, attribuendo ai pleniluni nomi caratteristici. Le lune piene di settembre, ottobre e novembre nell’emisfero boreale, corrispondono alle lune piene di marzo, aprile e maggio nell’emisfero australe. E il folklore lunare riflette quello dei diversi popoli della Terra nei differenti periodi dell’anno. I dati astronomici del nostro satellite naturale sono però gli stessi. La Harvest Moon e la Hunter Moon sono speciali nei due autunni di ogni anno perché il tempo del sorgere della Luna tra sere successive è più breve del solito per via dei giorni che si fanno sempre più corti. Subito dopo la Luna del Raccolto, chiamata così nei paesi nordici per il mese della caccia ai cervi ingrassati dal periodo estivo ed alle volpi che non possono più nascondersi nei campi ora nudi, la Hunter Moon è significativamente splendente nei cieli e consente ai cacciatori la possibilità di individuare meglio le prede di notte, senza far uso di speciali occhiali infrarossi. La tradizione nordamericana di attribuire un nome diverso a ogni ciclo lunare sta rientrando, con qualche variante, anche nella consuetudine europea perché i Nativi Americani sono i nostri stessi antenati euro-asiatici. Pare che siano stati i Nativi d’America, alcuni secoli fa, a mettere in relazione il periodo di 29,5 giorni che intercorre fra due successive lunazioni con la natura e il corso delle stagioni. Le tradizioni ovviamente cambiano tra culture e popoli, ma la sostanza resta la stessa. Dopo l’invasione e la colonizzazione del Nord America, la tradizione è passata dalle tribù americane al mondo anglosassone. Per poi ritornare in Europa nelle varie feste locali che anticipano Halloween. Ma poiché le corrispondenze tra i cicli lunari e quelli naturali hanno validità per gran parte del mondo, le tradizioni dei Nativi Americani, forse grazie a Internet, stanno provocando un “total recall” anche su tutte le altre popolazioni boreali, compresa la nostra, ricordandoci il valore del cielo stellato, pulito e incontaminato di una volta. L’altra caccia grossa in corso al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, vede protagonisti gli scienziati dell’esperimento LUNA che studiano le reazioni nucleari del Sole. Per intendersi, quelle che generano l’energia delle stelle e producono gli elementi che compongono anche il nostro corpo. Reazioni di fusione nucleare che avvengono nel cuore degli astri in una finestra di energia molto stretta. Molto al di sotto dell’energia di repulsione coulombiana tra i nuclei. In questa regione la sezione d’urto decresce in modo esponenziale al calare dell’energia. Il suo valore estremamente piccolo ne ha sempre impedito la misura diretta in un laboratorio di superficie, dove gli eventi di fondo, prodotti dalle interazioni dei raggi cosmici, sono di gran lunga dominanti. Per iniziare a misurare in questa regione inesplorata dell’astrofisica nucleare gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno installato due acceleratori, da 50kV e 400kV, nel laboratorio sotterraneo del Gran Sasso. Le caratteristiche qualificanti di ambedue gli acceleratori sono la corrente di fascio molto alta e la dispersione in energia molto stretta. I fisici hanno sviluppato sia bersagli gassosi a pompaggio differenziale sia bersagli solidi di grande purezza, mentre i rivelatori tipici sono silici, germani ultra-puri ed altri cristalli. Tra i risultati più importanti che i ricercatori del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso hanno ottenuto, sono da annoverare le sole misure esistenti di sezioni d’urto all’energia della nucleosintesi nel Sole:3He(3He,2p)4He e d(p,γ)3He. La prima reazione è fondamentale nel ciclo di fusione “pp”, con effetti sul flusso di neutrini solari, mentre la seconda governa la vita delle proto-stelle, cioè delle stelle in cui non si è ancora accesa la fusione dell’idrogeno. Astri che vedremo molto bene nello spazio con i grandi telescopi ottici terrestri e orbitali in costruzione (James Webb Space Telescope e E-ELT dell’Eso). Con questi risultati l’esperimento LUNA ha dimostrato che, misurando in un laboratorio sotterraneo come il Gran Sasso con le tecniche tipiche degli esperimenti a bassissimo fondo, è davvero possibile misurare le sezioni d’urto di fusione all’energia alla quale questi processi avvengono nelle stelle. Gli scienziati Infn, infatti, stanno effettivamente misurando 14N(p,γ)15°. Che, essendo la reazione più lenta del ciclo CNO, è quella essenziale sia per calcolare il flusso dei neutrini CNO dal Sole sia per determinare l’età degli ammassi globulari, le più antiche popolazioni stellari della nostra Galassia. I risultati già ottenuti sino all’energia di 140 keV hanno permesso di ottenere una sezione d’urto inferiore di circa un fattore 2 rispetto ai valori usati nei modelli stellari. Conseguenza di tale risultato sono la riduzione di un fattore 2 nel flusso previsto di neutrini CNO dal Sole e l’aumento di circa 1 miliardo di anni dell’età della nostra Galassia. Dunque, la sensazionale scoperta di LUNA è che l’Universo è più vecchio del previsto. È quanto emerge dagli ultimi risultati dell’esperimento Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics (LUNA) condotto in collaborazione con la Georgetown University di Washington D.C.(Usa) e l’Università della Ruhr di Bochum (Germania). L’esperimento LUNA è un piccolo accelleratore in grado di misurare l’efficienza delle reazioni nucleari che lavorano nei nuclei delle stelle, come il nostro Sole, e che sono le sorgenti dell’energia irradiata sotto forma di luce. L’obiettivo di LUNA è quello di riprodurre alcune delle reazioni e misurarne la velocità. LUNA è una collaborazione internazionale: la maggior parte dei ricercatori sono fisici nucleari italiani e tedeschi. L’Osservatorio Inaf di Teramo ha messo a disposizione la sua decennale esperienza, riconosciuta a livello internazionale, nel campo dell’astrofisica stellare teorica. Queste misure servono per costruire modelli stellari accurati con i quali datare le stelle. A Teramo gli astrofisici hanno utilizzato i risultati di LUNA per calcolare le età delle stelle più vecchie della nostra Galassia. Nell’esperimento vengono fatti scontrare protoni (nuclei di idrogeno) contro nuclei di azoto: la reazione porta alla formazione di un nucleo di ossigeno con contemporanea emissione di energia. La gran parte dell’energia sprigionata dal Sole deriva da reazioni di fusione di quattro nuclei di idrogeno che portano direttamente alla formazione di un nucleo di elio. Esiste però anche un altro processo in seguito al quale sono prodotti nuclei di elio: il cosiddetto ciclo Carbonio-Azoto-Ossigeno. La cui velocità è determinata dalla più lenta delle reazioni che lo compongono: quella che porta a un nucleo di ossigeno in seguito alla fusione fra un nucleo di azoto e un protone, cioè la reazione studiata da LUNA. La fusione fra il nucleo di azoto e un protone, non è di per sé difficile da riprodurre, ma la difficoltà sta nell’ottenerla alla stessa energia con cui essa avviene nelle stelle: un’energia relativamente bassa (50 kilo elettronVolt, li troviamo anche nel tubo catodico di un comune televisore) a causa della quale il fenomeno è piuttosto lento, pari a pochissime reazioni al giorno. Una fortuna per il nostro pianeta, perché se questi processi si verificassero velocemente, il Sole avrebbe già consumato in breve tempo il proprio carburante nucleare e ciò avrebbe reso impossibile la vita così come noi oggi la conosciamo sulla Terra. In un normale laboratorio posto in superficie gli effetti della reazione studiata dall’esperimento LUNA sarebbero totalmente mascherati da altri simili ma molto più numerosi, dovuti a reazioni provocate dalla pioggia di raggi cosmici sul nostro pianeta. Il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, però, è situato sotto 1.400 metri di roccia del Monte Aquila: una barriera impenetrabile per quasi tutte le particelle che giungono dallo spazio. Grazie a queste particolari condizioni di silenzio cosmico, sapientemente valorizzate dal professor Antonino Zichichi e colleghi, i fisici possono condurre esperimenti come LUNA. Il cui risultato sorprendente e più affascinante è che da esso scaturisce una nuova stima dell’età dell’Universo. L’età delle stelle più antiche, quelle che formano i cosiddetti ammassi globulari, viene infatti calcolata in base allo spettro luminoso che esse emettono, supponendo però di conoscere proprio la velocità del ciclo carbonio-azoto-ossigeno. Poiché quest’ultimo sembra più lento del previsto, anche l’età delle stelle degli ammassi globulari è stata nuovamente calcolata e aumentata di circa un miliardo di anni. Di conseguenza, alla luce dei nuovi dati di LUNA, l’età del nostro Universo passa dalla precedente stima di 13 miliardi di anni a circa 14 miliardi di anni, in linea con il dato ufficiale di 13.7. Il valore di 14 miliardi di anni è un limite inferiore per l’età dell’Universo, un dato con il quale si dovranno confrontare i moderni modelli cosmologici. Questi risultati sono stati pubblicati in articoli apparsi sulle più importanti riviste scientifiche internazionali: il Physical Review Letters e l’Astronomy and Astrophysics, allargando il dibattito alla comunità mondiale. Il campo dell’astrofisica nucleare è un esempio brillante del sinergico incontro tra discipline apparentemente distanti. Della fisica nucleare e subnucleare, che si occupano dell’infinitamente piccolo, e dell’astrofisica che al contrario studia l’infinitamente grande. L’Abruzzo con l’Osservatorio astronomico Inaf di Teramo (Collurania) e il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, è oggi all’avanguardia in questo tipo di studi. La comunità scientifica nazionale e internazionale guarda con grande interesse alla crescita abruzzese. I risultati dell’esperimento LUNA regalano anche un’altra preziosa informazione: il Sole gode di ottima salute e i neutrini dotati di alta energia prodotti dal ciclo carbonio-azoto-ossigeno, sono la metà di quanto si pensasse. Questo dato è di grande interesse per i fisici delle astro-particelle impegnati in tutti gli esperimenti focalizzati proprio sui neutrini di energia relativamente alta. Sempre secondo il suggestivo calendario astronomico e naturalistico dei Nativi Americani, è la Luna Piena a segnare l’inizio di ogni lunazione. Di ogni ciclo vitale. Di ogni semina e raccolta. E il nome ad essa attribuito si conserva per tutta la durata della Luna. Secondo alcuni non l’abbiamo davvero compreso. Chissà cosa accadrà l’11 novembre 2011. L’undici, undici, undici. Ne sentiremo e vedremo di tutti i colori. Forse l’occasione è propizia per ricordare il celeberrimo “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, di Giacomo Leopardi.
Nicola Facciolini
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