Il problema è di consistenza e non di maggioranza. La fiducia potrebbe infatti arrivare, ma senza la maggioranza assoluta di 316 deputati e questo, dopo lo scivolone di martedì ed gli sbadigli di Bossi (12 in 19 minuti e alle 11 del mattino) vorrebbe dire che l’esecutivo, pur potendo andare avanti, si troverebbe con scarsa capacità per governare. I rischi, poi, sono sempre in agguato. All’opposizione si contano 305 no (Pd, Idv, Udc, Api, Fli, Liberaldemocratici ed Svp) e questo vuol dire che basterebbero poco più di 10 assenze o 6-7 voti contrari perché il governo perda la fiducia. Un ruolo determinate sul risultato finale avranno i cosiddetti “scajoliani”, niente affatto tranquillizzati dal discorso di Berlusconi e dal fatto che lo stesso Scajola ha dichiarato che voterà la fiducia. Ad esempio Fabio Gava è tra quelli che non ci saranno. “Lo faccio – ha spiegato al Corriere – perché non credo sia giusto votare la sfiducia essendo stato eletto nella lista del Pdl e per l’affetto sincero che provo per Berlusconi. Ma nel suo interesse reputo necessario un momento di decantazione per un allargamento della maggioranza”. Intanto Piazza Affari, dopo la nuova maglia nera di ieri (con un secco -4% ed uno spread tornato su livelli di guarda), stamani altalena ancora ed è la più “volatile” fra le piazze europee. Dopo un’apertura sopra i 370 punti, lo spread fra i Btp a dieci anni e gli bund tedeschi si situano sopra i 360 punti e il differenziale di rendimento fra i due titoli si attesta attualmente a quota 366,52 punti (-1,3%). Ciò che fa tremare il governo è la dichiarazione di ieri di Bankitalia che vuole reintrodurre l’ICI sulla prima casa. Gli analisti che vedono nella ricapitalizzazione delle banche un massiccio impegno di denaro da parte degli Stati e questo spiega perché ieri, la Bce abbia messo in guardia i Paesi soggetti ai programmi di risanamento, affermando che essi: “devono attuare in modo inequivocabile tutti i provvedimenti annunciati per il riequilibrio dei conti pubblici e il rafforzamento dell’assetto nazionale di finanza pubblica”. Daniele Franco capo della ricerca economica di Bankitalia in audizione al Senato ha detto che: “ Il peso della tassazione in Italia è elevato soprattutto sul lavoro” e superiore di quasi 3 punti rispetto alla media degli altri paesi dell’area euro e di 5,5 punti a quella del Regno Unito. E qui la bordata a sorpresa: “Sarebbe necessaria una riflessione sull’opportunità di reintrodurre l’abitazione principale fra gli immobili soggetti a imposta, in particolare l’Ici. L’esenzione dell’Ici dalle abitazione principali costituisce nel confronto internazionale un’anomalia del nostro ordinamento tributario ed espone al rischio di trasferire una parte rilevante dell’onere dell’imposta su esercizi commerciali e studi professionali o sui proprietari di seconde case”. Oltre un quinto delle entrate tributarie è di competenza delle amministrazioni locali. La loro quota di entrate è stata pari a oltre il 22 per cento tra il 2000 e il 2010, quota “in forte crescita rispetto alla media registrata negli anni novanta (oltre il 12%)”. In prospettiva, ha aggiunto Franco, il paniere e il peso delle entrate decentrate sono destinati a “ulteriore incremento” con l’attuazione del federalismo fiscale. Come scrive Nuccio Fava su l’Altro Quotidiano, “se fosse successo ai tempi della cosiddetta prima Repubblica –dopo un voto contrario sul rendiconto dello Stato- la crisi si sarebbe subito aperta e la delicata e complessa situazione sarebbe stata rimessa nelle mani del capo dello Stato. Ma Berlusconi e Berlusconi” e pertanto non molla. Il suo è ormai un problema non politico, ma umano e a nulla valgono le parole di amici seri e fidati come letta e Gonfalonieri. Il Cavaliere resta abbarbicato a palazzo Chigi peggio di una cozza allo scoglio. Una ostinazione irragionevole e anche incomprensibile, se non conoscessimo però la personalità di Berlusconi, la concezione che ha di sé e del suo ruolo salvifico. Senza ovviamente trascurare la costante ossessione di Berlusconi per i suo numerosi problemi giudiziari. Intanto Piazza Affari attende segnali certi dal governo, ma resta nel caos e senza alcuna direzione.
Carlo Di Stanislao
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