Ritrarre la forza della Speranza: intervista a Mimmo Emanuele

Incontro Mimmo Emanuele nel suo studio, uno spazio al pian terreno presso la sua abitazione e, da subito, mi mostra il rammarico di non potermi accogliere in uno spazio espositivo nel centro storico, suo desiderio nutrito con ferma volontà e con una passione per la pittura, per la sua città che traspare in ogni suo […]

Incontro Mimmo Emanuele nel suo studio, uno spazio al pian terreno presso la sua abitazione e, da subito, mi mostra il rammarico di non potermi accogliere in uno spazio espositivo nel centro storico, suo desiderio nutrito con ferma volontà e con una passione per la pittura, per la sua città che traspare in ogni suo sorriso, nei gesti che rivelano una voglia di fare minimamente spenta dallo scenario di rovina in cui si trova a lavorare a vivere.

Mimmo Emanuele è pittore, grafico, ritrattista. Nato ad Ofena (Aq), vive e svolge la sua attività artistica a l’Aquila in via Ettore Meschino 16. E’ del 1974 la sua prima personale presso la Galleria “Lo Scanno” a l’Aquila. Ha al suo attivo qualificanti mostre ordinate nelle principale città italiane ed estere: numerosi collezionisti in Canada, Francia, Belgio e Stati Uniti possiedono le sue opere. Per la sua attività pittorica e per le peculiari capacità di grafico-illustratore gli sono stati attribuiti svariati riconoscimenti. Deve la sua notorietà anche a ritratti di importanti personalità, tra le quali si ricordano sua Santità Giovanni Paolo II, Sandro Pertini, San Pio X, Ignazio Silone, Padre Pio e Carlo Azeglio Ciampi. L’artista collabora, in qualità di grafico, con diversi giornali e riviste ed è autore di numerosi bozzetti per congressi internazionali e nazionali. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, in qualità di illustratore.

Lei è stato definito il maestro della semplicità, si riconosce in questa definizione?

Sì, molto. Riporto nei miei quadri le cose che vedo nella loro quotidianità: il volto di un anziano o quello di un bambino. Nella semplicità trovo il senso autentico della realtà della vita.

Impossibile aggirare il discorso dell’impatto del sisma per un artista nato e vissuto all’interno del territorio aquilano. Quale ruolo ha rivestito la pittura nella sua vita? E’ stato una sorta di rifugio o ha costituito un momento di blocco creativo?

Ho parlato con molti miei colleghi che hanno vissuto il terremoto: per loro tale evento, che ha martoriato non solo il territorio ma l’anima delle persone, ha costituito un blocco creativo. A me ha dato l’effetto contrario. Per me è stato uno stimolo per esprimere l’ansia che vivo dentro, il contrasto tra il desiderio di riavere L’Aquila viva come era prima del sisma e la non vita, che di fatti è la condizione attuale della città. Da tale stimolo sono nati due lavori: “Se chiudo gli occhi ti rivedo com’eri” e “Silenzi che gridano vita”.

La prima è una tavola che reca al centro il logo dell’Aquila posato sul rosone della basilica di Collemaggio: alle estremità vi sono i luoghi più significativi della città: da San Bernardino a Piazza Duomo, dal Gran Sasso ai famosi vicoli, gli “sdruccioli” dei poeti. Ho dipinto una tela usando tanto colore: questo per dare ancora un’immagine dell’Aquila fervente dal punto di vista culturale, per spingere ad uscire dal grigiore del post sisma, per riportare L’Aquila a quel fasto e a quello splendore che le compete.

Il secondo lavoro, “Silenzi che gridano vita”, è nato dall’ascolto di un bellissimo brano di Max Gazzè, “Mentre dormi”, unitamente ad un momento in cui passeggiando per L’Aquila, in questo silenzio spettrale, ho sentito come delle voci: erano le voci del mercato che volevano tornare a vivere, il calpestio degli studenti che vedevo passeggiare sotto i portici, il “casino” che facevano nei pub che a molti dava fastidio. Quelle voci sembravano emergere nonostante il silenzio pervasivo e persistente in centro storico: il contrasto tra la vitalità di quelle voci e la non-vita di quello che vedevo è stato per me viva urgenza di esprimere la voglia di tornare a vedere il centro storico come anima pulsante della città.

La sua pittura può dunque essere intesa come forte volontà di trasmettere la speranza negli aquilani?

Sì, vuol dare un segno di speranza; questo è particolarmente evidente dall’uso dei colori forti che sto usando mentre prima del sisma erano tenui. Volutamente li ho accentuati per dare un’immagine più colorata della città e per uscire da questo grigiore che ci attanaglia. In un articolo Gianfranco Colacito ha scritto che ho “ridisegnato la città del futuro” immaginandola colorata, vivace, pronta a riprendersi la bellezza di prima. L’Aquila deve riappropriarsi del suo spazio, della sua cultura, delle sue doti artistiche, delle sue strutture artistiche architettoniche e della sua bellezza. Anni fa ho sentito paragonare da Vittorio Sgarbi L’Aquila a Venezia: probabilmente solo adesso gli abruzzesi si rendono conto di com’era bella la nostra città.

Secondo lei, dunque, l’arte può essere di stimolo affinché ognuno nel suo piccolo possa fare il massimo nel proprio ambito per la ricostruzione della città?

Sicuramente. Ognuno nel suo piccolo deve fare qualcosa. Bisogna “darsi una mossa”, come diciamo noi aquilani, per riempire questa città di cultura e gioia, perché diciamo la verità il sorriso nella bocca degli aquilani è scomparso.

Per quanto riguarda la ritrattistica ho notato che lei pone molta attenzione al volto degli anziani, è così?

Sì, è così. Nelle pieghe del volto degli anziani, nelle loro mani, nel corpo si può evincere tutta la loro storia, intensamente vissuta, il travaglio per arrivare a realizzarsi. Sono stato definito anche “pittore del sociale” perché cerco di ritrarre le persone in difficoltà oppure immagini di vita contadina, dove si vede il lavoro dei campi, in questo caso ho voluto riprendere il pensiero di Silone.

Dopo il terremoto possiamo dire esserci un legame tra i ritratti di persone anziane e la voglia di mantenere vivo il passato per ritrovare L’Aquila così com’era?

Gli anziani sono stati i più colpiti ed emarginati, è una sofferenza vedere quelle persone che ancora sono lontane dal proprio territorio, dislocate sulla costa, in un luogo non loro. Ho voluto interpretare questa nostalgia e desiderio di riappropriazione del territorio.

Quali sono le iniziative in corso e i progetti espositivi per il futuro?

Sono tanti i progetti avviati elenco solo i più rilevanti: sto realizzando un calendario con dodici miei disegni; la Regione mi ha dato la disponibilità di esporre tali immagini in una mostra che sarà presto allestita presso il Palazzo della Cultura a Pile.

Ogni sabato del mese, inoltre, a partire dal 29 ottobre fino al 28 aprile, tutti i pomeriggi del sabato esporrò un quadro ai concerti dell’Istituzione sinfonica abruzzese.

Sto preparando, poi, una mostra intitolata “Tra fede e territorio” che sarà allestita nella residenza degli studenti a Coppito, dove ho voluto affrontare l’importante tematica della fede intesa come supporto alle coscienze.

Uscirà un cd di canzoni abruzzesi di cui ne ho fatto la copertina e ne ho curato la parte grafica. Presto verrà pubblicizzato anche un altro cd che racconta, tramite immagini, L’Aquila com’era, in particolare i quarti di Santa Giusta e di San Pietro, io ne ho curato la parte grafica e ho inserito dieci miei disegni.

Evento che mi riguarda e si terrà la mattinata dell’11 novembre, presso l’Auditorium Sericchi della Carispaq, è un convegno di odontoiatria nel corso del quale esporrò le mie opere più significative riguardanti la città.

Iniziativa importante è la realizzazione di cartoline che recano miei opere rappresentanti la città: le ho realizzate per far rimanere alta l’attenzione sulla città.

 

Elisa Giandomenico

 

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