L’arte contemporanea offre la sua testimonianza e la sua partecipazione diretta per iniziare a colmare i vuoti rovinosi lasciati dal terremoto aquilano del 2009, con l’auspicio d’un cammino concreto verso l’effettiva ricostruzione d’un tessuto storico, architettonico e sociale letteralmente devastato, con il contributo di pittori visionari che guardano all’arte come principio generatore da cui ripartire, come matrice d’una nuova coscienza aurorale.
A L’Aquila, una rinascita e una nuova alba, morali e sociali, auspicate dall’arte in uno dei luoghi più amati, simbolici e carichi di storia civica, fra quelli colpiti dal terremoto del 2009: la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, fondata nel 1287 per volere di Pietro da Morrone, laddove il 29 agosto 1294 egli fu incoronato Papa Celestino V, donando alla città e al mondo la Perdonanza, il primo giubileo della cristianità, che da 717 anni si celebra dai vespri del 28 agosto a quelli del giorno successivo.
Quattro grandi artisti, dunque, che pur nelle diverse esperienze individuali hanno tutti attinto ad un’idea originaria (archè) dell’arte, intesa come vocazione sensitiva e spiritualmente laica, con un’aspirazione al sublime: un sublime mediterraneo, magmatico, colmo di memorie archetipe, tramite palinsesti dipinti in cui i segni di un umano universale si mescolano con quelli di un umano individuale. Sono sudari di luce perduta e ritrovata a frammenti, a flash rapsodici, i soli permessi nel mondo attuale, orfano dell’idea di totalità armonica.
Ecco allora la proposta d’un dialogo emozionante fra tradizione e modernità nel cuore storico dell’Aquila, in una singolare esposizione e catalogo curati dal critico Gabriele Simongini, attraverso le opere di quattro grandi della pittura contemporanea – uno scomparso e tre tuttora felicemente operanti – votati a diverse e personali modulazioni dell’Archè mediterraneo: Vasco Bendini, Luigi Boille, Marcello Mariani, Giulio Turcato.
Lungo le navate laterali della Basilica sono rimasti vuoti quattro grandi pannelli prima occupati dalle imponenti tele seicentesche di Carl Ruther, messe in salvo dopo il terremoto. Ora, a partire dal 29 novembre, le opere dei quattro insigni artisti contemporanei andranno a colmare temporaneamente quelle lacune col loro linguaggio di luce e colore, lanciando un invito a reagire costruttivamente a quella drammatica calamità naturale, ma anche all’indifferenza di chi sembra aver abbandonato gli aquilani nell’impresa della ricostruzione.
Idealmente queste opere tracciano uno spazio sacrale dell’arte che dialoga con quello della Basilica sotto il segno di una presenza della pittura “portata per il pudore, il riserbo, il non detto”, per parafrasare Jean Clair. Va infine rimarcato che la partecipazione di Marcello Mariani, artista aquilano che nel terremoto ha perduto la casa e lo studio, assume un valore d’una testimonianza fortemente significativa.
Goffredo Palmerini
GLI ARTISTI IN MOSTRA
Vasco Bendini (Bologna, 1922): IL SOFFIO VITALE
Luigi Boille (Pordenone, 1926): IL SEGNO
Marcello Mariani (L’Aquila, 1938): IL SACRO
Giulio Turcato (Mantova, 1912 – Roma, 1995): LA LUCE COSMICA
LE OPERE
Vasco Bendini “La memoria conserva”, n.2, 2001, tempera acrilica su tela, cm.200×180; “La sera del giorno” n.2, 14 marzo 2003”, tempera acrilica su tela, cm.200×180.
Eccezionalmente si ipotizza d’esporre in orizzontale, per terra, un’altra opera di Bendini posta in una teca di plexiglass, lunga circa due metri e larga uno, intitolata “Celestino V”: ha grande valore simbolico perché la Basilica di Santa Maria di Collemaggio fu voluta proprio da Papa Celestino V e le sue spoglie sono lì custodite. L’opera partirebbe da Bologna.
Luigi Boille “Arabesco-zen nero”, 1973, olio su tela, cm.195×150 ; “Arabesco-zen bianco”,1974, olio su tela, cm.195×150.
Marcello Mariani “Forma archetipa”, 1996, olio e tecnica mista su cartone, cm.213×300.
Giulio Turcato “Trittico Porta d’Egitto”, 1973, tecnica mista su tela, cm.230×390.
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