Il 12 Novembre 2011, in primis, ricordiamo l’ottavo anniversario della strage di Nassiriya (Iraq) nella quale persero la vita 19 italiani, tra militari e civili. Quello che ci chiedono i familiari è di non dimenticare il sacrificio dei loro congiunti, il loro modo di servire la Patria: crediamo sia una bella occasione per dare agli Italiani la consapevolezza di quanto profondo sia il legame tra i valori delle Forze Armate e della Pace. Il ricordo dei nostri giovani eroi e figli valorosi dell’Italia sarà sempre vivo in ciascuno di noi come un dolore condiviso ma anche intimo e personale. L’Italia non ha dimenticato e non dimenticherà mai i suoi martiri per la Pace e la Libertà. Questi tragici eventi possano rappresentare un momento storico di passaggio verso la piena consapevolezza e la ripresa del sentimento nazionale oltre che del rinsaldato legame tra il Popolo italiano e le Forze Armate. La Città di Teramo può offrire il suo contributo, tornando ad ospitare una caserma degli Alpini che i Teramani hanno sempre avuto nel cuore, visto e considerato il piano strategico Nato di rafforzamento della difesa nel settore mediterraneo. In omaggio al sacrificio compiuto dai nostri eroici connazionali e di quanti ancora oggi sono impegnati in tutto il mondo a diffondere i valori che la bandiera italiana deve rappresentare, durante la commemorazione saranno pronunciati i nomi delle vittime del vile attentato: Tenente Massimiliano FICUCIELLO, Luogotenente Enzo FREGOSI, Aiutante Giovanni CAVALLARO, Aiutante Alfonso TRINCONE, Maresciallo Capo Alfio RAGAZZI, Maresciallo Capo Massimiliano BRUNO, Maresciallo Daniele GHIONE, Maresciallo Filippo MERLINO, Maresciallo Silvio OLLA, Vice Brigadiere Giuseppe COLETTA, Vice Brigadiere Ivan GHITTI, Appuntato Domenico INTRAVAIA, Carabiniere Scelto Horatio MAIORANA, Carabiniere Scelto Andrea FILIPPA, Caporal Maggiore Emanuele FERRARO, Caporale Alessandro CARRISI, Dottor Stefano ROLLA, Signor Marco BECI. A distanza di otto anni da quel tragico 12 novembre 2003, il dolore per la strage di Nassiriya è ancora vivo ed è sempre più necessario l’esempio di chi, animato da straordinario senso di umanità e di responsabilità, ha offerto il proprio destino con assoluta abnegazione e dedizione ai valori della Pace, della Democrazia, della Patria e della Libertà. L’abbraccio con il quale allora, l’Italia intera si strinse attorno ai nostri militari e ai loro familiari, continui ad essere messaggio di speranza. L’attacco del 12 novembre 2003 fu un vile attentato alla base italiana di Nassirya in cui furono assassinati dodici carabinieri, cinque soldati e due civili impegnati in un’operazione di peace-keeping. Un’operazione che ha consentito agli iracheni di poter eleggere un’Assemblea Costituente, di avere un Governo rappresentativo delle varie etnie e che di recente ha permesso al popolo di esprimersi attraverso un referendum di approvazione della Costituzione. L’Iraq è stato chiamato alle urne per le sue prime libere elezioni politiche, due anni fa. L’omaggio del Tricolore vuol essere un momento di riflessione e di ringraziamento ai “diciannove eroi di Nassirya”. Per non dimenticare. L’occasione va colta per ricordare tutti i militari caduti, anche recentemente, nelle diverse missioni che le nostre forze armate compiono nel mondo. Si sono svolte in Abruzzo le solenni celebrazioni pubbliche del “4 Novembre”, Giornata dell’Unità Nazionale e Festa delle Forze Armate, nel 93° anniversario della vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale. La splendida ed epica vittoria che pose fine al primo conflitto mondiale, cementò una nazione che per secoli era stata divisa ed immersa nelle proprie realtà degli interessi particolari. Il 4 Novembre è la Giornata del nostro cammino unitario e della nostra solidarietà verso i popoli in difficoltà; è la festa delle Forze della Pace e della Sicurezza. Dei nostri soldati e, soprattutto, dei nostri giovani, nella speranza che sappiano non solo conservare l’unità e la pace ma che sappiano alimentarle sempre più. Ben 93 anni fa i soldati italiani, attestandosi sul Piave si apprestavano a portare a compimento l’unificazione dell’Italia, trasformando in realtà storica il grande progetto della comunione di tutti gli italiani su un unico territorio. Una festa che deve essere ancora pienamente valorizzata nel cuore e nell’anima, una solennità che in poche altre occasioni si ripete uguale, per onorare i nostri Caduti in guerra, per ricordare l’Unità nazionale e per festeggiare le Forze Armate. Celebriamo le radici storiche dell’Italia unita e quanti in armi hanno reso servigio alla nazione con dedizione, amor patrio e spirito di sacrificio, per garantire le conquiste di un’Italia libera, giusta e democratica, non dimenticando tutti gli italiani che hanno donato la loro vita per il bene della Patria e per assicurare la pacifica convivenza civile fra le nazioni. Celebriamo e commemoriamo con rispetto e dolore quanti soffrirono, militari e civili, durante i lunghi anni del conflitto. La gratitudine della Patria, vada non solo verso coloro che con la loro vita, i loro sacrifici, le loro sofferenze, lottarono per creare una Italia unita, libera e democratica. Ma anche a tutti i militari caduti, anche di recente nelle diverse missioni che le nostre Forze Armate compiono nel mondo. Sono ancora tante le guerre combattute nel mondo per difendere la libertà e la dignità di altri popoli e nazioni. Ma se i conflitti possono essere individuati ed è quindi possibile determinare le opzioni per la loro risoluzione, ciò che minaccia direttamente noi – il terrorismo internazionale organizzato – è così indefinibile, imprevedibile, indifferente alle nostre ragioni, animato dal cieco odio di natura non reattiva, che ci viene chiesto un nuovo, intenso, attento impegno. Nel mondo intero l’ONU, la Nato, alcune alleanze di Stati democratici si stanno prodigando in interventi che si possono definire di “Pubblica sicurezza internazionale”. Al momento l’Italia si distingue tra gli Stati del mondo, per numero di missioni in corso e di uomini impiegati. In questo straordinario intento, le nostre Forze Armate sono esemplari. I nostri ragazzi, le nostre ragazze, gli ufficiali che li guidano, i comandanti che sovrintendono alle varie operazioni, dimostrano al mondo intero il loro valore. Ciò è motivo di orgoglio per noi tutti ma anche una sicurezza per il futuro della nostra democrazia. Il 4 Novembre non celebriamo qualcosa di astratto e lontano dal sentire comune. Come ogni anno, torniamo a porre l’accento su quello che, fuori di retorica, può essere definito come il bene supremo collettivo: l’unità nazionale. Che, così come viene intesa, non è un mero bene da salvaguardare: se così fosse, non avrebbe senso ormai in quest’epoca e in questa terra nella quale nuovi popoli, nuove etnie, nuove culture, nuove esigenze, nuovi eserciti a carattere multinazionale, nuove richieste entrano in gioco. Quando parliamo di unità, dobbiamo riferirci alla cifra che dà sostanza alla nostra convivenza e che da essa si alimenta. L’unità, insomma, non intesa come una parola evocativa o come un sentimento cui aspirare: l’unità della nostra nazione va concepita e attuata come un avvenimento reale, come tensione cui proiettarsi. Abbiamo un’identità, siamo davvero “popolo” con una comune storia, con un comune sentire, con comuni valori; il nostro cammino verso il futuro procede lungo una strada segnata dalla storia e nella quale vogliamo continuare a stare. L’unità di un popolo non è il collante ma è il sentiero sul quale procedere, in riferimento a regole e valori ben precisi. In primis, della vita e del rispetto della dignità di ogni persona. In questo senso un pensiero ed un ringraziamento forti la esprimiamo alle Istituzioni che garantiscono nella massima accezione, la democrazia e la civile convivenza. Nell’auspicio che in tutti sia sempre presente l’amore per la nostra Patria, non come mezzo di un egoistico nazionalismo, ma come l’espressione di una comune fratellanza e di una identità comunitaria. Per questi motivi occorre riconoscere la Medaglia d’oro al valore militare a quanti, indossando una divisa, hanno sacrificato la propria vita per la Patria e per la Pace, siano essi caduti a Nassiriya siano essi caduti perché contaminati da uranio impoverito nelle missioni in Bosnia, Kosovo o Iraq siano essi caduti eroicamente in qualsiasi altro teatro operativo del mondo. Questi nostri militari e le loro famiglie incarnano in loro l’alto valore della Patria e della Pace: sono un esempio di coraggio, abnegazione e solidarietà. La Medaglia d’oro al valor militare ai questi nostri caduti trova anche fondamento nella sofferenza che i nostri reduci hanno patito con le loro coraggiose famiglie. Siamo convinti che il Parlamento saprà stare più vicino alle famiglie dei tanti militari caduti e feriti per la libertà e la pacificazione dei popoli, chiaramente predisponendo tutti quegli strumenti utili affinché simili tragedie non abbiano mai più a ripetersi. I nostri militari meritano mezzi, strumenti e sistemi di sicurezza sul teatro operativo, di natura attiva e passiva, degni dell’Alleanza Atlantica (Nato) alla quale apparteniamo; degni, tra pari, dell’amicizia e dell’alleanza con gli Stati Uniti d’America e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche del XXI° Secolo. La vicinanza dello Stato ai familiari dei militari colpiti da patologie dovute all’esposizione all’uranio impoverito, deve materializzarsi necessariamente sia nella giusta e pronta elargizione economica dovuta alle vittime del dovere sia nella divulgazione, attraverso mirate campagne ed iniziative culturali e sociali sul territorio, della drammatica realtà vissuta da questi nostri militari sul teatro operativo e, da reduci, in Italia. La loro memoria ci appartiene. E la cultura (anche cinematografica) renda le dovuti attenzioni. Il silenzio della politica e della cultura non può trovare giustificazione retorica. Gli Italiani hanno il diritto di sapere “come e perché” offrono i loro figli alla Patria. E questa non è retorica “qualunquistica” ma il concreto, mirato e serio riconoscimento della vicinanza al dramma che colpisce, ancora oggi, alcuni nostri reduci. Non dimentichiamo, infatti, che i militari ammalatisi o deceduti a causa dell’uranio impoverito nelle missioni in Bosnia, Kosovo o Iraq, invocano ancora giustizia e verità. Sul numero delle vittime l’incertezza è ancora totale. Viva le Forza Armate! Viva l’Italia!
Nicola Facciolini
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