C’è già chi, come la Lega ed i giornali più prossimi a Berlusconi, sostiene che ora siamo in mano ai banchieri i quali si guarderanno bene dal fare i nostri interessi. Passata l’euforia di sabato scorso al Quirinale, con la fine, di fatto, dell’Italia berlusconiana, il governo del “presidente” è divenuto il governo dei baroni, dei burocrati inossidabili, degli imperatori di grandi potenze economiche, spesso reduci di mille bancarotte, costituendo, secondo questa lettura, un ritorno, indiretto e più grave, alle vecchie strategie da “prima Repubblica. Con l’aggravante, dicono i malevoli, di un’età media di 10 anni superiore a quella del passato ed esecrato governo. Forse ha ragione Giampiero Cantoni, senatore del Pdl, che il neopremier lo conosce da ‘72, quando assicura che “se Monti si taglia un dito il sangue non gli esce. Era così freddo anche da studente” e certo sarà come ha detto il neo ministro Andrea Riccardi, sorseggiando un caffè alla buvette, “siamo passati dal Carnevale alla Quaresima “; ma questo brusco passaggio, che certo genera sgomento, era assolutamente necessario. Come necessari sono i “sacrifici” (come li chiama Monti) che tutti saremo chiamati a fare, per rimettere a posto un Paese che ha accumulato un debito da capogiro, il terzo al mondo, con un peso di 4.500 Euro per famiglia e, soprattutto, un’immagine ed una credibilità nazionale che sono ai minimi mai registrati. Ieri, con la maggioranza più larga di sempre (281 sì, solo 25 i no) il Senato ha votato la fiducia al governo Monti, la fiducia più ampia nella storia della Repubblica, con un solo precedente maggiore: l’Andreotti IV, che aveva raggiunto i 267 sì , con soli 5 no, ma in tempi totalmente diversi. Dopo la fiducia Monti ha accennato alle misure che intende adottare: pensioni, Ici, lotta all’evasione, una tassazione preferenziale per le donne, meno tasse per lavoro e imprese, con le parole chiave che saranno tre: “Rigore, crescita e equità” e che sono piaciute a molti. E non solo il Pd, ed i “terzisti”, ma anche Idv e Pdl hanno votato la fiducia, anche se le parole di Berlusconi sono già da campagna elettorale: “Il governo Monti è una sospensione della democrazia. Durerà finché lo vorrà il Pd”, con conseguente e patente irritazione del Colle, che questo governo ha voluto e sostiene. E se anche, sui mercati, l’effetto Monti, ancora non si sente, nonostante l’apprezzamento manifestato dai partner europei e dall’agenzia di rating Fitch, con la Borsa che ha chiuso in calo a -1,49% e lo spread tra il btp e il bund tedesco che rimane al livello di allerta di 495 punti e la speculazione che ha ormai esteso l’attacco anche ai debiti di Francia e Spagna, con il differenziale dei titoli di Parigi e Madrid giunto ormai a livelli record; segnali molto positivi vengono da vari strati della Nazione. Ad esempio dagli imprenditori, con apertura di credito sul programma annunciato, soprattutto per ciò che attiene gli impegni assunti sul fisco, con un riequilibrio della pressione finalizzato a “ridurne il peso su imprese e lavoratori”. Ciò che trapela dai giornali e dai dibattiti televisivi, è che il nuovo governo, come prima misura, si occuperà dell’emergenza conti, insieme allo sviluppo e all’equità. Poi, della modernizzazione del Paese e, ancora, di fisco, previdenza, lavoro, donne e giovani, puntando ad affrontare l’emergenza della finanza pubblica per rassicurare anche gli investitori sulle capacità dell’Italia di avviare una crescita duratura. I tempi di un primo intervento non sono ancora noti, ma, Monti, ieri a palazzo Madama, ha parlato di “alcune settimane” per mettere a punto i primi correttivi ai conti per il pareggio nel 2013. Le prime misure sono già sul tappeto e alcune, soprattutto quelle fiscali, vanno nel solcò già tracciato: agire spostando il carico fiscale sui consumi (la leva in questo caso è l’Iva), proseguire sulla riforma fiscale ora alla Camera. Circa le pensioni non si dovrebbe intervenire in modo pesante, perchè in Italia l’età di uscita è anche più alta che in Francia e Germania. Ma – dice Monti – c’è un problema di ampie disparità legate alle diverse forme contrattuali. Disparità che vanno eliminate insieme alle “ingiustificate aree di privilegio”. E il ministro del Lavoro, Elsa Fornero ha spiegato “non interverremo con l’accetta” e si ritiene che le modifiche riguarderanno l’applicazione totale del contributivo e le modifiche delle aliquote. Quanto all’Ici, dovrebbe tornare a breve, perché, ha detto Monti è “un’anomalia solo italiana” ed essere affiancata da una patrimoniale sugli immobili. Per abbattere, poi, il peso del fisco sul lavoro, il governo pensa a reperire risorte attraverso “un aumento del prelievo sui consumi” (l’Iva, insomma) e sulla proprietà (immobili e capitali), con azioni atte a favorire donne e giovani e rivedendo il sistema degli ammortizzatori, spostando il baricentro della contrattazione verso i luoghi di lavoro, per superare il dualismo tra chi è molto tutelato e chi non lo è affatto (contratti a termine o a tempo determinato). Il tutto con il concorso delle parti sociali. Il nuovo governo si propone anche una vera lotta alla evasione fiscale, con lo scopo non di aumentare il gettito, ma di rendere più eque le aliquote e con un occhio al “monitoraggio della ricchezza accumulata, non solo ai redditi prodotti”, con meno uso del contante e accertamenti di maggior qualità. Previsti, poi, forti tagli alla politica, con scomparsa delle Provincie, riduzione dei parlamentari e delle cariche elettive delle società di nomina politica, con, da subito, una riduzione del Fondo unico della Presidenza del Consiglio e l’avvio di una “spending review”, improntata alla sobrietà. A parte ciò, l’impegno maggiore sarà nella direzione di un lavoro per donne e giovani, poiché il tasso di disoccupazione femminile è pari al 9,7% (+0,3% rispetto a settembre 2010) e il numero delle donne disoccupate in un anno è cresciuto del 3,8%; mentre per i giovani la disoccupazione registrata è pari al 29,3%, con un aumento rispetto l’anno scorso di 1,3 punti percentuali. “L’inserimento e la permanenza al lavoro delle donne è una questione indifferibile – ha sottolineato durante il suo intervento in Senato il neopremier – bisogna conciliare le esigenze del lavoro e della famiglia oltre che di sostegno alla natalità”. Buone pratiche come asili nido aziendali, part time reversibili, orari flessibili, telelavoro e banche delle ore potrebbero quindi diventare a breve regola e non più solo eccezione. E, intanto, il governo si è già impegnato a studiare “una tassazione preferenziale” a favore del gentil sesso, con misure di sostegno previste anche per i giovani, poiché, ha aggiunto Monti: “bisogna investire sui talenti, sui giovani”. Anche perché, ha osservato, “restringere le opportunità per i giovani si trasforma in meno opportunità di crescita del Paese. Per questo ritengo importante adottare misure che valorizzino le capacità individuale e regolino i sistemi di cooptazione”. Oltre ai governi di Germania e Francia, ieri mattina il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, ha espresso a Monti la “totale fiducia sulla capacità del Governo di gestire l’attuale situazione e di contribuire alla stabilità della moneta unica”. Martedì prossimo Monti si recherà a Bruxelles, per illustrare il suo programma e “riconciliare” l’Italia con le istituzioni comunitarie. Lì, il nuovo premier, incontrerà il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, per illustrare le linee guida dell’azione del nostro Governo per recuperare la fiducia dei mercati. Mercoledì, poi, dovrebbe trasferirsi a Strasburgo per incontrare il presidente francese, Nicolas Sarkozy e la cancelliera Merkel. Si tratterà solo del primo viaggio a Bruxelles del nuovo premier, che potrebbe partecipare da ministro dell’Economia ad interim alle riunioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin il 29 e 30 novembre e poi il 9 dicembre al Consiglio Ue. Poche ma precise le parole di Monti sull’Europa nel discorso di ieri al Senato; “Non vediamo i vincoli dell’Europa come imposizioni. Non c’è un loro e un noi. L’Europa siamo noi”. E credo che abbia completamente ragione. In verità anche gli studenti hanno manifestato contro questo governo, con una rapidità senza precedenti, con 10.000 giovani a Roma e Napli e molte migliaia a Torino, Milano, Bologna, Firenze, Palermo, Cagliari, Salerno, Genova, Bari, Catania, Pescara, perché non credono che questa compagine neoliberista, approvi alcun provvedimento che faccia pagare la crisi a chi l’ha provocata e a chi ci si arricchisce. Questi giovani, in 60 città italiane, diranno che con una seria patrimoniale, recuperando gran parte della evasione fiscale, riducendo drasticamente la corruzione dilagante nelle strutture pubbliche, riducendo le “pensioni d’oro”, cancellando le missioni di guerra e tagliando le spese militari; avremmo alcune centinaia di miliardi annui non solo per aggiustare il bilancio ma per salari e pensioni adeguati, investimenti nell’istruzione e nella sanità, nei servizi sociali, nella tutela del patrimonio naturale ed artistico; per porre fine alla precarietà e garantire un reddito minimo per tutti. Ma, forse, dovrebbero leggere con più attenzione ed ascoltare meglio ciò che il premier, con pacata fermezza, ha già detto. Ieri, davanti al Senato, uno studente, con il megafono, ha commentato il lancio di uova affermando: ”Queste uova sono per Monti e sono solo l’inizio, non ci arrenderemo e proseguiremo la nostra lotta”. ”Questo e’ stato definito un governo tecnico e di competenti – gli ha fatto eco un altro studente – ma competenti per cosa? Forse per proseguire la politica di tagli gia’ messa in atto dal precedente governo Berlusconi. Penso che per Monti questo sia solo un benvenuto – ha continuato – perche’, potete starne certi, continueremo a mobilitarci. Di lui non ci fidiamo”. Bene, non sono certo un oracolo, ma sento, invece, che di Monti ci si può fidare, ma forse è solo perché non sono più né giovane né studente.
Carlo Di Stanislao
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