Alejandra Daguerre, “L´eterna bambina”

Erano passati solo un paio di giorni dalla morte di mio padre ed “ero ferita”, sentivo il dolore e la sua assenza fisica. Tornavano a galla contemporaneamente migliaia di ricordi… le immagini della mia infanzia si mescolavano con quelle del suo addio; mi vedevo (e sentivo) come una bambina che cammina tendendo la mano, ma […]

Erano passati solo un paio di giorni dalla morte di mio padre ed “ero ferita”, sentivo il dolore e la sua assenza fisica. Tornavano a galla contemporaneamente migliaia di ricordi… le immagini della mia infanzia si mescolavano con quelle del suo addio; mi vedevo (e sentivo) come una bambina che cammina tendendo la mano, ma allo stesso tempo la legge della vita mi aveva portato via per sempre quella sua protezione.

Una mattina  arrivò il camion del trasloco e sbarcarono miei nuovi vicini; sulla porta dell’edificio imparai la mia prima lezione. Una bambina bella e coraggiosa con i capelli ondulati, mentre abbracciava il suo coniglio di peluche, apparve e mi disse: “Ciao, sono Juana, e questa è la mia nuova casa. E lui è il mio coniglio, l´ho portato in braccio perché non poteva venire da solo nel camion”.

Queste semplici parole mi collegarono immediatamente con la mia orfanità …anch´ io mi sentivo sola! Ma, immediatamente dopo, arrivò la seconda lezione, ancora  più forte.

“Ci siamo trasferiti perché mio padre è morto …”. Confesso che a questo punto il mio cuore stava mostrando segni di essere sul punto di esplodere e, di fronte a tale dolore, non potei far altra cosa che dire poverina, così piccola” … Ma Juana  rinforzò le sue lezioni e mi diede la stoccata finale: “No, io sono grande! Quella piccola è mia sorella, che sta dormendo nella culla. Sssh! È meglio se parliamo sottovoce, così non si sveglia…”.

Rimasi immobile…confesso che per un attimo anche un po’ imbarazzata. Non riuscivo a disfarmi dell’impotenza che sentivo dopo la morte di mio padre, ma la vita d’altra parte mi aveva già messo sulla strada dell’età adulta. Ero una donna autosufficiente,  con gli strumenti necessari per andare in giro per il mondo, godevo di buona salute, ero preparata, avevo ricevuto un`educazione e possedevo un´ ideologia;  ma a quanto pare ci sentiamo tutti un po´ bambini quando perdiamo i nostri genitori, e cerchiamo disperatamente di  conservare la loro protezione ancora per un po’.

Juanita con i suoi cinque anni si sentiva grande, e con molto da dare. Poteva prendersi cura del suo coniglio giocattolo e amorevolmente proteggeva il sogno di sua sorella minore. Invece io mi sentivo persa nel labirinto del mio dolore e desideravo che tutti mi proteggessero. Rimpiangevo ciò che avevo perso e stavo perfino per credere alla mia impotenza.

Eventi concatenati? Coincidenze? Juanita ed io eravamo due orfane e la vita mi stava invitando a riflettere sulla mia posizione immatura. Le circostanze sfortunate sono solo questo: “circostanze sfortunate”, ma “per fortuna” ciò che stava accadendo fece accendere tutti i miei segnali d´allerta, e mi mostrò crudamente che stavo facendo poco per creare la mia sicurezza, dato che ero sempre stata abituata a ricevere protezione da qualcuno.

Come vedete, non fu necessario andare in cerca di niente, avevo trovato tutto sulla soglia di casa mia. Ancora una volta le lezioni della vita stavano bussando alla mia porta, e dipendeva solo da me riceverle per capitalizzarle…

Alejandra Daguerre

*Psicologa e psicoterapeuta, Buenos Aires

 

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