Egitto: i militari hanno spezzato le speranze dei manifestanti

La denuncia arriva da Amnesty International all’indomani delle giornate di sangue che hanno causato oltre 40 morti e centinaia di feriti in Egitto. In un rapporto dal titolo “Promesse mancate: l’erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere”, Amnesty descrive gli scarsi risultati ottenuti  in materia di diritti umani dal Consiglio supremo delle […]

La denuncia arriva da Amnesty International all’indomani delle giornate di sangue che hanno causato oltre 40 morti e centinaia di feriti in Egitto. In un rapporto dal titolo “Promesse mancate: l’erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere”, Amnesty descrive gli scarsi risultati ottenuti  in materia di diritti umani dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf), che governa l’Egitto dalla caduta del presidente Mubarak a febbraio.

Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord ha affermato “”Attraverso l’uso delle corti marziali per processare migliaia di civili, la repressione delle proteste pacifiche e l’estensione dello stato d’emergenza in vigore all’epoca di Mubarak, lo Scaf ha perpetuato la tradizione di governo repressivo da cui i manifestanti del 25 gennaio avevano lottato così duramente per liberarsi. La brutale e pesante risposta alle proteste degli ultimi giorni ricorda in pieno l’era di Mubarak”.

Luther ha proseguito: “Chi sfida o critica il Consiglio militare, come i manifestanti, i giornalisti, i blogger o i lavoratori in sciopero, viene represso senza pietà, nel tentativo di sopprimerne la voce. Il bilancio dello Scaf in materia di diritti umani dopo nove mesi mostra che gli scopi e le aspirazioni della rivoluzione del 25 gennaio sono stati fatti a pezzi”.

Nella sua analisi sul rispetto dei diritti umani in Egitto, Amnesty International rileva che lo Scaf ha rispettato pochi dei suoi impegni pubblici e ha peggiorato la situazione in alcune aree. Nell’evidente tentativo di ridurre al silenzio le critiche degli organi d’informazione nei confronti dello Scaf, decine di giornalisti e di responsabili di programmi radiotelevisivi sono stati convocati dai procuratori militari. Le pressioni delle forze armate hanno condotto alla cancellazione di alcuni popolari programmi di attualità.

Lo Scaf nelle sue prime dichiarazione aveva promesso che avrebbe “svolto un ruolo determinante nel proteggere i manifestanti, a prescindere dalle loro idee”, invece le forze di sicurezza, hanno soppresso con violenza le proteste provocando morti e feriti.
A giugno, il Segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, ha incontrato una rappresentanza dello Scaf, sollecitando la fine della Legge d’emergenza, che  dal 1981 limitava iniquamente una serie di diritti fondamentali. A settembre, tuttavia, la Legge d’emergenza è stata estesa fino a coprire reati quali “disturbo alla circolazione”, “blocco stradale”, “diffusione di voci incontrollate”, “possesso e vendita di armi” e “aggressione alla libertà di lavorare”. Le persone arrestate sulla base della Legge d’emergenza sono processate da organi speciali conosciuti come i Tribunali supremi di emergenza per la sicurezza dello stato.

“Le forze armate egiziane non possono continuare a usare la sicurezza come una scusa per mantenere in vigore le stesse vecchie pratiche viste sotto la presidenza di Mubarak. Perché ci sia quell’effettiva transizione verso il nuovo Egitto chiesta dai manifestanti, lo Scaf deve allentare la morsa sulla libertà d’espressione, di associazione e di riunione, abolire lo stato d’emergenza e smetterla di processare i civili di fronte ai tribunali militari”.

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