Giornata di studio dedicata al padre domenicano Padre Benedetto Carderi

“Timete Deum et date illi honorem”(Apoc 14,7). A un anno esatto dalla salita in Cielo, Benedetto M. Carderi dell’Ordine dei Padri Predicatori, storico e maestro di spiritualità domenicana, sarà ricordato Martedì 6 dicembre 2011 con una solenne Giornata di Studio che si svolgerà alla Banca Tercas di Teramo. Organizzano la Banca Tercas e l’Istituto Abruzzese […]

“Timete Deum et date illi honorem”(Apoc 14,7). A un anno esatto dalla salita in Cielo, Benedetto M. Carderi dell’Ordine dei Padri Predicatori, storico e maestro di spiritualità domenicana, sarà ricordato Martedì 6 dicembre 2011 con una solenne Giornata di Studio che si svolgerà alla Banca Tercas di Teramo. Organizzano la Banca Tercas e l’Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche. Alle ore 16, presso la Biblioteca Provinciale “M. Delfico” di Teramo, è prevista l’intitolazione di una sala di studio. Dalle ore 16:30 presso la Sala Consiliare della Banca Tercas, alla presenza dell’Avv. Lino Nisii, Presidente Banca Tercas, di Monsignor Michele Seccia, vescovo della Diocesi Teramo-Atri, di Luciano Carderi, Vice-Sindaco di Morlupo, di Daniele Cara OP, Padre Provinciale dei Domenicani, si svolgeranno i lavori affidati ai relatori: Luciano Cinelli OP (“Benedetto Carderi tra archivi e storia”), Vincenzo Caprara OP (“Eucarestia e studio: spiritualità domenicana in Benedetto Carderi”), professor Marcello Sgattoni (“Ricordo di Benedetto Carderi”), professor Adelmo Marino (“Il contributo di Benedetto Carderi alla storiografia abruzzese”), dott. Luigi Ponziani (“La donazione dei libri domenicani alla Biblioteca “Melchiorre Delfico” di Teramo”). Coordina Egidio Marinaro, presidente dell’Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche. È prevista la presentazione della targa con epigrafe. Padre Benedetto M. Carderi nel 1945 fu mandato nella chiesa di S. Domenico a Teramo, che era stata riaperta nel 1939. La sua presenza nella città aprutina è durata un cinquantennio fino al 1991. Gli fu conferita la cittadinanza onoraria nel 1999 dal Sindaco Professor Angelo Sperandio, per iniziativa e su proposta dell’Associazione culturale “Teramo nostra”. Grande erudito e insigne storico della cultura religiosa domenicana, strenuo difensore della presenza dei Domenicani a Teramo, L’Aquila e in tutto l’Abruzzo, Padre Benedetto Carderi fu autore di numerosi libri tra cui:“I Domenicani a L’Aquila”, “Scrittori Domenicani della Provincia Aprutina di Santa Caterina da Siena”(secc. XVI-XIX),“Testimonianze Domenicane”(dal fondo notarile dell’Archivio di Stato di Teramo, a cura del Centro di ricerche storiche “Abruzzo Teramano”) e “San Domenico di Teramo”. Autorevole membro della Deputazione abruzzese di storia patria e di altre prestigiose istituzioni scientifiche, Padre Benedetto fu l’artefice tra il 1939 e il 1945 del ritorno dei Domenicani a Teramo (dopo lo scempio napoleonico e massonico) nella chiesa di San Domenico, nel 1947 della fondazione della Cattedra Cateriniana e nel 1969 del Centro Abruzzese di Ricerche Storiche. Giovanni Battista Càrderi era nato a Morlupo (Roma) il 23 febbraio 1914. Il legame settantennale con la città di Teramo (da amico, da sacerdote e da priore del convento di San Domenico: all’ingresso accoglieva sempre i fedeli per la Santa Messa domenicale) si può sintetizzare nella parola Cultura, religiosa ma anche civile. Le sue qualità di studioso fecondo e operoso si sono espresse magnificamente in una produzione scientifica di elevato valore. Padre Carderi ha amato l’Abruzzo intero, gli Abruzzesi tutti, cattolici e laici, per i quali ha profuso tutte le sue energie come insegnante e sacerdote, dispensando a tutti una parola, un gesto, un esempio di carità evangelica illuminata dalla Verità umile e sublime quando s’incarna nella genialità di un sapere alto. Padre Benedetto sarà sempre vicino ai suoi amici. Nella Biblioteca Provinciale “M. Dèlfico” di Teramo il cospicuo fondo bibliotecario dei Padri Domenicani, alimenta la catalogazione scientifica di oltre ottomila volumi della storica Biblioteca del convento domenicano aprutino, donati alla “Delfico” dall’Ordine dei Padri Predicatori nell’Anno del Signore 2007. Poco prima della loro seconda “soppressione” (sabato 15 settembre 2007) da Teramo e dall’Abruzzo dopo sette secoli di storia. Una partenza da molti (anche dalle istituzioni) interpretata come un “grave danno in campo spirituale, morale e culturale alla nostra città, che considera i Padri Domenicani un punto di riferimento indispensabile, una colonna portante della Chiesa aprutina da sempre”. Non solo a Teramo, dunque, ma anche a L’Aquila, Atri, Penne, Pianella e Montorio: città che, come ricorda Padre Benedetto, hanno sempre ospitato un convento domenicano con i relativi priorati e fraternite. Un’eredità abbracciata oggi dai Padri Francescani dell’Immacolata di Teramo che, grazie al nostro Vescovo Mons. Michele Seccia, possono continuare, nella chiesa e nel convento di San Domenico, le attività pastorali e culturali prima promosse ed animate dai padri Domenicani: la cura del movimento Scout, la gestione e la direzione dei corsi di catechesi per adulti ed intellettuali, l’apprezzata Corale polifonica e liturgica Santa Cecilia, l’aiuto che viene costantemente prestato alle Parrocchie della Diocesi ed altre iniziative culturali, cinematografiche, editoriali, scientifiche, religiose e caritatevoli su scala locale e planetaria. Ricordiamo con particolare affetto un pensiero di Padre Benedetto, stillato ai suoi amici durante una delle sue visite periodiche agli amici teramani:“suvvia la decisione di chiudere non è assolutamente definitiva, se così fosse, saremmo dovuti già andar via da un pezzo; in realtà la decisione del Capitolo provinciale dell’Ordine potrebbe benissimo essere riconsiderata dal Capitolo Generale nei prossimi mesi; e non è questione di mancanza di vocazioni. Francamente tutto il battibecco sulla divisione delle nostre “vesti” (leggi: convento, clausura, chiesa, NdA) è del tutto immotivato analogamente al lavoro di sventramento della Cappella del Rosario: potremmo dire in un certo senso che hanno venduto la pelle dell’orso prima del tempo!”. I fedeli laici scrissero poi una missiva a Papa Benedetto XVI con le testuali parole:“Santità chiediamo che i Padri Domenicani possano rimanere nella Città di Teramo per attuare il Magistero della Chiesa tra i giovani studenti universitari”. I fedeli confidavano nell’intervento del Papa affinché la dolorosa decisione del Capitolo, assunta nel luglio 2005 e ratificata dal Superiore Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori P. Carlos Alfonso Azpiroz Costa, con la quale si disponeva la partenza dei Padri Domenicani da Teramo e dall’Abruzzo entro il 2007, fosse con somma urgenza riesaminata e modificata nella forma e nella sostanza. “E’ quanto mai urgente, con la benedizione della Santità Vostra, definire l’organizzazione a Roma ed a Teramo di un Convegno scientifico sulla Storia della presenza dei Domenicani nella Città di Teramo, con la partecipazione ufficiale di padre Benedetto Carderi O.P., cittadino onorario di Teramo, decano dei Frati Predicatori”. Una missiva scritta a testimonianza del fatto che i Domenicani sono sempre stati parte integralmente della storia d’Abruzzo in quanto hanno dato vita in Teramo e L’Aquila a una delle espressioni più importanti del nostro patrimonio culturale, sintesi del lavoro intellettuale dei nostri antenati in 700 anni. Dopo sette secoli di storia religiosa e civile nella Città di Teramo e nel Capitolo Aprutino, i Padri Domenicani lasciarono il convento e la chiesa di San Domenico, nella commozione generale di migliaia di fedeli che parteciparono alla solenne celebrazione eucaristica di sabato 15 settembre 2007, presieduta dal vescovo della Diocesi di Teramo-Atri, S.E. Mons. Michele Seccia. Per porgere l’estremo saluto ai frati predicatori di San Domenico da Guzman che nel 1939 erano ritornati in città anche grazie all’opera di Padre Benedetto Carderi. Dopo l’infelice parentesi della soppressione dell’Ordine Domenicano a Teramo decretato dalle famigerate leggi napoleoniche del 1807-09 che trasformarono chiesa e convento (cf. libro “San Domenico di Teramo” di P. Benedetto Carderi, Teramo 1990), per la verità “occupati” già nel 1805 in caravanserraglio e deposito militare! La nuova “soppressione” a Teramo dell’Ordine Domenicano agli inizi del XXI Secolo, segue dunque quella di Napoleone e della Rivoluzione Francese. Stavolta a colpire è stata, ahinoi, l’indifferenza dei Teramani e di certi frati che, digiuni di Storia e della Carità di San Domenico, avrebbero dovuto preparare e lasciare il posto ai più giovani Padri Predicatori, già responsabili della FUCI aprutina alla fine degli Anni Novanta del XX Secolo. Alla funzione religiosa e al saluto dei Padri Domenicani, sabato 15 settembre 2007, non c’era nessuno del Comune e della Provincia di Teramo e della Regione Abruzzo. Il Sindaco era a Memminghen (Germania) per impegni istituzionali. La Fraternita Laicale del Terz’Ordine Domenicano, presente alla messa con lo storico Stendardo, indirizzò ai Padri Predicatori una commovente formula di saluto insieme al Coro dell’Associazione Santa Cecilia ed al numeroso gruppo degli Scout “Teramo Primo”. Teramo nel 2007 era ancora l’ultimo avamposto domenicano superstite in Abruzzo e Molise, una “Provincia” che un tempo comprendeva alcuni centri religiosi della Campania, del Lazio e delle Marche, per un totale di 36 comunità. Cinque di esse erano nella provincia di Teramo con il capoluogo, Atri, Montorio al Vomano, Penne e Pianella. “Padre Benedetto M. Carderi, domenicano, storico insigne, benemerito per i tanti qualificati studi sul passato ecclesiastico e civile della nostra città di Teramo e della nostra provincia – scrive il professor Giovanni Di Giannatale – nato a Morlupo il 23/02/1914 e battezzato con il nome di Giovanni Battista, dopo gli studi elementari, nel1929, entrò nell’Ordine dei Domenicani, compiendo il noviziato tra il 1929 e il 1930 nel Convento di Pistoia, dove emise la professione semplice dei voti il 10/10/1930. Dopo gli studi medio-classici e teologici fu ordinato sacerdote l’8/11/1936 nella chiesa missionaria vincenziana di Roma. Successivamente, dal Superiore provinciale, fu inviato nella Pontificia Università “Angelicum” di Roma, dove, tra gli altri, ebbe come professore di teologia dogmatica R. Garrigou-Lagrange, autorevole esponente del tomismo,conseguendo la licenza con ottimi voti nel 1939”. Esercitò il suo ministero nei conventi di: Pistoia (1929-1934; 1939-1942;1991-1999); poi a Roma-Minerva(1934-1939; 1970-1980); Roma–Santa Maria Maggiore (1955-1956); a Lucca (1942-1945; 1953-1955); a Teramo(1945-1953; 1956-1970; 1980-1991); Fiesole (dal 1999 fino alla morte). “In ciascuno dei predetti conventi svolse l’ufficio di bibliotecario; fu priore nei Conventi di Lucca e di Teramo,ed archivista della Provincia Romana dal 1970 al 1980. Fu anche “lettore” di Filosofia e di Storia ecclesiastica e civile nello Studio Generale di Pistoia per tre anni scolastici, dal 1939 al 1942. Nel 1945 fu destinato nel convento di S. Domenico di Teramo, che era stato riaperto nel 1939, diventandone Priore nel 1949. La sua presenza nella nostra città, più o meno costante per circa un cinquantennio fino al 1991, essendo stato trasferito per brevi periodi in altri conventi (come quello di Lucca negli anni ’50 e di S. Maria sopra Minerva negli anni ’70), coincide con il periodo più intenso e significativo della sua attività di religioso e di studioso. Si adoperò per potenziare la «cattedra cateriniana», fondata nel 1947,con la collaborazione dei Padri Ignazio Olivetto e Gerardo Cappelluti (un altro illustre religioso, che fu solido punto di riferimento, per dottrina ed umanità, di molti liceali teramani negli anni ’60); poi per il restauro del convento di San Domenico, commissionando, tra l’altro, la pala di S. Domenico al pittore Giovanni Melarangelo; per la costituzione di una ricca biblioteca, che dotò di tutte le opere di S. Tommaso nonché dei maggiori autori della Patristica Occidentale (patrimonio acquisito da qualche anno dalla Biblioteca provinciale di Teramo, insieme con altri preziosi documenti di archivio); per la formazione della Fraternita laicale domenicana (il cosiddetto Terz’ordine), di cui fu assistente spirituale. L’attività storica, svolta senza sottrarre tempo agli impegni ministeriali e sacerdotali, che nel Quaderno di Famiglia, pubblicato nel 1977, considerò prioritari, ha avuto come oggetto prevalente di indagine le origini e gli sviluppi dei Domenicani a Teramo e in Abruzzo in genere. Tra questi studi spicca “Dal carcere alla commenda. Mons. M. Milella Domenicano, Vescovo di Teramo”(1962), che, sulla base di documenti dell’Archivio di stato e vescovile, dimostra che il Milella fu ingiustamente accusato di cospirare contro il governo nazionale per il ripristino del regime borbonico, essendo perseguito sulla base di indizi e congetture, senza nessuna prova. Trattamento non dissimile era stato riservato ad altri presuli delle province napoletane (eccetto il mons. V.D’Alfonso di Penne, che, pilotato dal suo potente vicario, mons. L. Dionisi,di orientamento liberale, plaudeva al nuovo governo, cantando puntualmente il Te Deum, per le principali ricor-renze nazionali indette dal Re)”. Il professor Di Giannatale ci ricorda che “la tesi enunciata dal P. Carderi suscitò qualche reazione di dissenso tra gli storici locali, ma non fu mai né discussa né verificata con uno studio serio delle fonti. E pertanto la sua interpretazione è destinata a campeggiare, fino a quando qualcuno avrà il tempo e la pazienza di riesaminare i documenti d’archivio, esplorando anche quelli dell’Archivio Segreto Vaticano, dai quali forse potranno venire dati utili per intendere se e in che misura il Milella fu coinvolto nei moti reazionari in atto nella nostra provincia, che avevano l’epicentro tra Ripattoni, Mosciano S. Angelo e Giulianova (dove una parte considerevole, in accordo col Vescovo, avrebbero avuto anche i Passionisti dell’Annunziata)”. A questo studio, se ne aggiunsero altri: “La Provincia domenicana d’Abruzzo detta Provincia di S. Caterina da Siena” (1969), in cui sono ricostruiti i limiti geografico-giuridici delle province religiose, con particolare riguardo a Teramo; “La soppressione dei Domenicani nell’Abruzzo Teramano. Saggio storico con appendici” (1964), in cui esamina accuratamente la soppressione stabilita dalle leggi napoleoniche dei vari conventi domenicani  abruzzesi, soffermandosi dettagliatamente su quello di Teramo; “I Domenicani nella Diocesi di Penne” (1976), che ricostruisce la presenza dei frati predicatori a Penne dalle origini (alto Medioevo) alla soppressione francese. “Tra le esplorazioni archivistiche si ricordano “Testimonianze domenicane” (1970), desunte dai protocolli notarili dell’Archivio di Stato di Teramo, assai utili per l’analisi degli aspetti civili, tradizionali e religiosi della nostra provincia; “Carrellata notarile” (1973), che rintraccia i riferimenti alla vita domenicana sempre negli atti notarili conservati nel predetto Archivio; infine il “Cartulario Aprutino Domenicano”, pubblicato tra il 1988 e il 1993, in 6 volumi, di grande rigore e precisione, dotato di un imponente corpus storico-critico, che ne fa un monumentum aëre perennius”. Tra gli altri studi di storia ecclesiastica, segnaliamo: la “Testimonianza sacerdotale aprutina nel settennio della Restaurazione” (1815-1822), pubblicata negli atti del Convegno sul II centenario della nascita di Niccola Palma (la quale contiene tre relazioni, tra cui, fondamentali, “Clero e Carboneria nel Teramano” e “Le missioni nella Diocesi di Teramo”); “Tre vescovi in mezzo secolo” (P. Tacco-ne, M. Milella, F. Trotta), “relazione presentata nel Convegno sull’Abruzzo e il teramano nella seconda metà dell’800 (1980), in cui illustra con ricca documentazione e perspicua scrittura la figura e l’operato dei presuli che dominarono la scena del Secondo Ottocento a Teramo, tornando sulla “questione Milella” per rimarcare ancora una volta l’estraneità del vescovo ai moti filo-borbonici e mostrarne la saggezza e la lungimiranza sotto il profilo dottrinale e pastorale”. Senza contare i moltissimi articoli che il P.Carderi pubblicò in riviste e giornali locali, e le comunicazioni presentate in alcuni convegni storici. “Anche questi contributi, pur limitati nell’estensione – ricorda il professor Di Giannatale –sono di notevole pregio, per l’accuratezza dell’analisi, la ricchezza delle fonti, la profondità argomentativa, e infine per il garbo espressivo, che consente di leggere agevolmente ogni suo lavoro”.

I tempi sono profondamente mutati da quando, su progetto di un vescovo, Diego d’Acerbes e su realizzazione del canonico Domenico di Guzman, all’inizio del ‘200, nacque la prima comunità domenicana. Risale al 1255 la prima fondazione di conventi in Abruzzo, quando si portarono a compimento a L’Aquila, due tesori d’arte come la Basilica di Collemaggio dei Celestiniani e il tempio di San Domenico, edificato con l’opera di maestranze di ogni dove d’Europa e in particolare dalla Provenza. L’Abruzzo, come tutto il territorio dell’antico Regno Borbonico, poi delle Due Sicilie, è appartenuto alla circoscrizione domenicana della Provincia Romana sin dagli inizi dell’Ordine e fino al 1294, anno in cui entrò a far parte della nuova circoscrizione domenicana napoletana, denominata “Provincia Regni” e distaccata da quella romana per decreto di Papa Celestino V, dietro istanza di Carlo II Re di Napoli. A Teramo, come ricordano gli scritti del grande Padre Benedetto Carderi (ripetiamo, nel 1939 il primo domenicano a tornare a san Domenico per riaprire la chiesa e il convento), i religiosi si insediarono nel 1287 dopo che centri di spiritualità erano sorti a Sulmona, Chieti, Penne, Atri, Atessa e Ortona. In verità nell’antica città di Teramo, dei Domenicani si parlava già in documenti risalenti al 1254, con la presenza di alcuni frati collaboratori del grande Inquisitore Frà Orlando da Civitella che si trasferì da Anagni a Teramo per sedare alcune manifestazioni troppo libertine che si palesavano nel nostro territorio. I religiosi si irradiarono anche nel vicino Molise con il convento di Santa Croce a Isernia nel 1494 ed a Cercemaggiore con quello di Santa Maria della Libera negli ultimi mesi dello stesso anno. Il convento di Teramo nacque dalla fede dei cittadini che si privarono di risparmi, in un epoca difficilissima, profondendo sforzi economici inauditi per far sorgere e decorare il tempio. La linea gotica della chiesa di Teramo documenta la severità, la dignità e la semplicità di un ordine mendicante, carisma profondo di un santo austero, San Domenico, molto diverso da quello francescano gioioso e di perfetta letizia. Oggi, questo patrimonio di cultura spirituale rischia di essere dilapidato se non saremo in grado di preservarlo. Perché, allora, i Domenicani sono andati via da Teramo? I fedeli vogliono capire la verità. Senza contare i nuovi interessanti sviluppi che si prospettano con la permanenza stabile, in una sede autonoma, della Fraternità Laicale Domenicana in San Domenico, aperta a tutti i cittadini che desiderano “salvare” e condividere l’eredità spirituale e culturale lasciata in eredità dai Padri Domenicani alla Città di Teramo in sette secoli di Storia religiosa, ecclesiastica e civile (Cf. Opere dello storico Niccola Palma). Sì perché oggi la secolare presenza dell’Ordine dei Padri Predicatori in Abruzzo, è ora assicurata dai laici della Fraternita Laicale Domenicana aprutina, illuminati dalla figura della santa senese Caterina che viene additata nelle opere di Padre Benedetto Càrderi quale fulgido esempio di devozione a Dio, alla Chiesa (al Papa) ed alle Anime (i Tre Amori di Caterina) dei nostri giorni. Non si può amare Cristo, se non si ama la Chiesa Cattolica Apostolica (a cominciare dal Papa) e il nostro prossimo. Santa Caterina da Siena è Patrona d’Italia insieme a San Francesco d’Assisi e Patrona d’Europa insieme a Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce. Con Santa Teresa d’Avila, Caterina ha il titolo di Dottore della Chiesa Universale. Nel 1461 Caterina da Siena fu canonizzata da Papa Pio II e nel 1866 fu dichiarata compatrona di Roma. Caterina nacque il 25 marzo 1347. Ventiquattresima figlia del tintore Jocopo Benincasa e di Lapa de’Piagenti, alla tenera età di sei anni Caterina ha la sua prima emblematica visione del Cristo in abiti pontificali. L’anno successivo nel suo cuore emette già il voto di verginità. Dopo aver superato eroicamente molti ostacoli frapposti dalla famiglia alla sua vocazione, a 16 anni Caterina ottiene d’indossare l’abito del Terz’Ordine Domenicano. Fino ai vent’anni vive una vita molto ritirata nella continua preghiera e nell’intensa penitenza. Gesù la favorisce di molte visioni ed ammaestramenti, ponendo le basi della sua ascesa spirituale, che si concentra nella conoscenza di sé (“colei che non è”) per umiliarsi, e di Dio (“Colui che è”) per crescere nel Suo Amore. Il demonio la tormenta con numerose tentazioni. Questo periodo culmina con le “nozze mistiche” e con l’invito divino ad unire alla carità verso Dio un attivo amore del prossimo. Dedicò la sua vita al raggiungimento della pace e della salvezza degli uomini ed all’assistenza ai bisognosi e dei malati. Cominciò a inviare lettere di conforto, di consigli e di esortazioni a quanti imploravano un suo intervento. Le sue lettere a sovrani, condottieri e letterati suscitarono una grande attenzione e in pochi anni Caterina riuscì ad esercitare il suo benefico influsso, contribuendo a risolvere controversie politiche. Nelle lettere ai politici suoi contemporanei ricorda che il potere di governare la città è un “potere prestato” da Dio. La politica, per la Santa Senese, è la buona amministrazione della cosa pubblica finalizzata ad ottenere il bene comune e non l’interesse personale. Per far questo il buon amministratore deve ispirarsi direttamente a Gesù Cristo che rappresenta l’esempio più alto di Giustizia e Verità. Ben presto la sua fama di “donna di pace” si estese: si recò ad Avignone e riuscì a convincere il pontefice Gregorio XI a riportare dopo 70 anni la sede papale a Roma. Scoppiato lo Scisma d’Occidente il 20 settembre del 1378, Caterina si adopera in ogni modo, con la preghiera, l’offerta sacrificale di sé, la parola, le lettere, per sanarlo e riportare la Chiesa alla coesione. Buona parte delle 381 lettere dell’Epistolario ne danno testimonianza. Per rendere più incisiva la sua opera a favore della Chiesa, papa Urbano VI la chiama a Roma, dove Caterina trascorse gli ultimi due anni della sua vita. Il testamento spirituale di Caterina è il seguente:“Tenete per certo, figlioli, che io ho offerto la mia vita per la santa Chiesa”. Spirò dolcemente il 29 aprile 1380 pronunciando le parole: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Il suo corpo, dopo cinque giorni viene sepolto nella basilica domenicana di S. Maria sopra Minerva (vicino al Pantheon) dove giace tuttora sotto l’altare maggiore. In un articolo di Diega Giunta, pubblicato sull’Osservatore Romano il 12-13 aprile 2010, scopriamo l’affermazione icastica, sintesi del pensiero di Caterina da Siena, sul mistero e sul ministero sacerdotale, severo monito per tutti i Ministri di Dio:“El tesoro della Chiesa è el sangue di Cristo, dato in prezzo per l’anima (…) e voi ne sete ministro”. L’essenza della prima lettera (la 209) che Gregorio XI riceve dalla santa senese poco dopo il suo arrivo a Roma (17 gennaio 1377). Una lettera attuale, ancora oggi sconvolgente ma necessaria per la difesa della Chiesa dagli assalti dell’inferno. Il Progetto di San Domenico è oggi la grandezza, per molti ancora ignota, di un ideale di fede, vita, azione, pensiero, speranza, gioia e carità che, nonostante la cultura laicista e nichilista imperante, non perde mai di attualità, anzi affascina, tanto che si trova in perfetta sintonia con il progetto di Nuova Evangelizzazione» che il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, ha promosso per portare agli uomini del nostro tempo, Cristo Risorto, la «Verità che libera». La Scuola di preghiera non vuole e non può essere o ridursi a un’espressione culturale di una fede “part-time” per laici impegnati o meno. La Scuola di preghiera permanente, è un dovere per ogni cristiano. Può essere utile per cercare di rispondere all’esigenza di numerose persone, che sentono il bisogno di pregare e sono alla ricerca di spazi di silenzio e di incontro col Signore. Vogliamo e dobbiamo imparare a pregare, prima di insegnare a farlo. Come? Pregando alla Scuola di un solo Maestro, Gesù, aiutati dalla Madre di Dio, Maria, la nostra Avvocata in Cielo e sulla Terra. Abbiamo chiarito che il Centro di gravità, l’anima della preghiera, è mettersi alla Presenza di Dio, di Gesù, che ci condurrà per mano nel nostro cammino di preghiera. Gesù ha parlato molto di preghiera: quasi ogni pagina del Santo Vangelo è una preghiera ed ogni incontro con un uomo o una donna è una Lezione sulla preghiera. Gesù risponde sempre a chi ricorre a Lui con un grido di Fede (il cieco di Gerico, il centurione, la Cananea, Giairo, l’emorroissa, Marta, la vedova che piange sul figlio, Maria a Cana). Gesù ha raccomandato molto di pregare incessantemente per superare i problemi e le tentazioni della vita quotidiana. Gesù ha comandato di pregare per vincere il male. Gesù pregava molto, passava intere notti a pregare, a parlare col Padre, ad ascoltarlo, per imparare a fare sempre la sua volontà. “Gesù, insegnaci a pregare!” – chissà quante volte queste parole accorate del popolo in  ascolto della Sua Parola, sono state elevate al Cielo. E Gesù ha risposto. Ha dato un modello di preghiera, il Padre nostro. Che Papa Benedetto XVI ci ha spiegato nella prima parte del suo libro dedicato alla figura storica di Gesù di Nazareth. La lettura personale e comunitaria di alcuni brani della Sacra Bibbia, la preghiera dei Salmi, la risonanza semplice e discreta, l’atteggiamento di adorazione dinanzi al Santissimo Sacramento, il silenzio assoluto, come insegnano i Dottori della Chiesa, ci permettono di creare un clima di ascolto, di adorazione, di dialogo sentito con Gesù, Signore della nostra vita. Uniti dall’unico Maestro Gesù, a pregare, possiamo contemplare, adorare, implorare aiuto, chiedere misericordia, lodare, ringraziare. Questa è stata la vita di San Domenico e di Santa Caterina e di tutti i Santi di Dio. Per questo riteniamo necessario uno spazio di preghiera comunitaria, come base e stimolo per la preghiera personale e familiare di quanti vogliono percorrere con costanza il cammino della fede cristiana oggi sempre più in pericolo nella nostra stessa Italia ed Europa. La Scuola di preghiera, animata da religiosi e sacerdoti, seguendo l’insegnamento di San Paolo, deve essere aperta a tutti: ragazzi, adolescenti, giovani e adulti, di qualsiasi movimento, ceto sociale e realtà ecclesiale. L’autoreferenzialità è sinonimo di asfissia. Dobbiamo cercare di camminare con semplicità alla luce della Bibbia, per imparare a pregare pregando, alla presenza di Gesù Maestro, meditando sulle disposizioni di “auto-governo” della Fraternita Laica Domenicana, necessarie per poter pregare con frutto in umiltà, coscienti che Dio ci ama sempre, con la volontà di ringraziare sempre Dio per l’amore e la sofferenza quotidiana. Dobbiamo meditare sui modelli che l’Antico Testamento ci offre di uomini e donne di fede e preghiera operosa (Mosè, Davide, Salomone, Giuditta, Isaia, Ester), su Gesù che prega e sul modello di Maria orante. Quindi sulla preghiera di pentimento, di implorazione, di ascolto e di ringraziamento. Scrive nel 2006 fra Carlos Azpiroz Costa, O.P., Maestro dell’Ordine dei Predicatori, nella sua Lettera giubilare:“è incominciata una novena di anni che culminerà con il Giubileo del 2016, 800 anni dalla conferma dell’Ordine dei Predicatori da parte del Papa”. I capitolari del recente Capitolo Generale di Bogotá hanno chiesto che il tempo tra questi anni di Giubileo “sia consacrato a un serio rinnovamento della nostra vita e missione di predicatori del Vangelo”. Interessa i laici domenicani, i sacerdoti, i fedeli e tutta la Chiesa.

Nicola Facciolini

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