Dall’universale al particolare; dalla staffetta al femminile fra generazioni alle vicende tragiche e dolorose di una donna che combatte contro una società collusa e permissiva; dall’etica della realtà statunitense al decadimento del contrasto all’illegalità strisciante che incancrenisce l’Italia. Tutto questo è “Gran Bazar Universale”, autobiografica opera prima di Assunta Parrella (Graus editore) che inaugura la collana “Le Erinni”, storie di donne forti e vincenti.
E forte e vincente Assunta lo è. Le scorre nelle vene il sangue della madre e della nonna, che hanno dovuto fronteggiare tanti momenti difficili, in una cittadina del Sud che ancora oggi, a 150 anni di distanza, mostra le ferite di un assedio che segnò la fine del Regno delle due Sicilie e della dinastia borbonica regnante. Guardandosi intorno, s’intravedono ancora nei muri i segni delle cannonate che ne fiaccarono la lunga resistenza.
Il libro è un canto d’amore deluso per una città che si è adeguata al border line, a confini piuttosto elastici della liceità. E di cui Assunta ha percezione netta soltanto al suo ritorno dagli Stati Uniti, dove vive 39 anni, sin da quando, a 18 anni, s’innamora di un bell’ufficiale di Marina americano che la porta dall’altra parte del mondo. La sua vita oltreoceano la fa pienamente integrare nella società WASP, con due mariti certo non di origine italiana, tre figli che trovano il loro futuro lì e lei che assume un posto di responsabilità nell’amministrazione finanziaria dello Stato del New Jersey.
Se torna indietro, Assunta, lo fa per raddrizzare un grave danno economico che patisce la madre, e poi, dopo la morte della donna, la sua famiglia. Perché Assunta già per natura non sopporta le ingiustizie; poi, la lunga esperienza americana le ha insegnato che c’è un confine netto fra torto e ragione; fra lecito ed illecito; fra giusto e sbagliato.
Tutto si incentra sull’antico Fondaco del Sale, un edificio storico al centro del sea front di Gaeta, dove dapprima il nonno materno Giuseppe Collaro aveva insediato ai primi del ‘900 il “Gran Bazar Universale” del titolo, una sorta di embrionale grande magazzino dei nostri avi; poi, i suoi genitori lo avevano fatto diventare un bar accorsato, scenario del coup de foudre fra Assunta ed il giovane primo marito marinaio alla base navale USA che ancor oggi è insediata a Gaeta.
Arrivati all’età della pensione, i genitori di Assunta, avendo i sette figli tutti preso una strada diversa, pensano di locare l’immobile. E mal gliene incolse: il locatario si rivela un personaggio inaffidabile, moroso, dedito a traffici e alleanze al limite della legalità. La lotta dell’Autrice contro di lui, che si allea con un ufficiale giudiziario – padrino e scampa sempre allo sfratto con le alchimie giuridiche dei documenti nascosti, delle ingiunzioni volutamente ritardate e di tutto il carniere a disposizione di chi la legge dovrebbe applicarla ma la piega alla convenienza dei propri clientes.
Non hanno fatto i conti con la perseveranza e la ferrea convinzione di Assunta di fare giustizia; di essere un cittadino che ha diritto a vedere tutelati i propri diritti. E’ una storia italiana che solo per un filo non ha un esito tragico: al momento dell’esecuzione dello sfratto, l’inquilino inadempiente, che appena la notte prima aveva perso al gioco tutto il denaro che aveva rastrellato presso gli usurai per tamponare la situazione, e dunque è con l’acqua alla gola, affronta Assunta ed il gruppo di persone recatosi a farsi restituire l’immobile con un coltello a serramanico sardo, quasi ammazzandola e ferendone il secondo marito, il fratello e due poliziotti.
Una strage mancata; che, stranamente, a distanza di otto anni non ha neanche avuto quale esito un processo penale; ci si chiede per quali inconfessabili complicità giustizia non è stata fatta. Un libro-denuncia di grande potenza ed incisività che, abilmente si intreccia a ricordi ora nostalgici della giovinezza, ora tragici, perché, al di là di questa vicenda così cruenta, anche la vita non ha risparmiato all’Autrice metaforiche coltellate che non l’hanno mai fiaccata e scoraggiata.
Un’Erinni, dunque: la prima Erinni che positivamente vuole dare una lezione di coraggio e positività. Perché per Assunta Parrella nulla è impossibile. Persino rinascere come scrittrice a 60 anni, scoprendo dentro di sé il canto di un’ispirazione potente e pedagogica, persino catartica.
Annamaria Barbato Ricci
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