Il cinema per infanzia ed adolescenza in provincia de L’Aquila

E’ stato scritto che oggi, il Cinema, non si limita più soltanto a lavorare sul piano didattico, formativo o clinico, ma opera direttamente sul piano esistenziale e spirituale, essendo particolarmente efficace nell’accompagnare e sostenere la persona negli eventi della vita e a superare momenti di crisi. Secondo Musatti il cinema parla direttamente all’inconscio dello spettatore, […]

E’ stato scritto che oggi, il Cinema, non si limita più soltanto a lavorare sul piano didattico, formativo o clinico, ma opera direttamente sul piano esistenziale e spirituale, essendo particolarmente efficace nell’accompagnare e sostenere la persona negli eventi della vita e a superare momenti di crisi. Secondo Musatti il cinema parla direttamente all’inconscio dello spettatore, in quanto esso (l’inconscio) ha la capacità di risuonare emotivamente di fronte alle immagini filmiche e questo per la particolare somiglianza che presentano con le fantasie inconsce. Tale risonanza è forse uno dei principali fattori della diffusione del cinema, la forma d’arte che più si rivolge ad un pubblico di massa. Molti resti diurni dei sogni sono brani filmici. Ciò viene favorito dal fatto che la situazione dello spettatore si può definire “oniroide”: durante il film lo spettatore sperimenta già una situazione onirica, che nel sogno amplifica. Lo spettatore partecipa alla situazione cinematografica attraverso i meccanismi dell’ identificazione e della proiezione. Riportando le parole di Musatti: “per effetto dell’identificazione, lo spettatore è di volta in volta tutti i singoli personaggi, mentre per effetto della proiezione i singoli personaggi sono sempre lo stesso spettatore”. Dal 15 al 20 dicembre, a L’Aquila e provincia, con eventi ad Avezzano, Castel Di Sangro e Sulmona, l’Assessorato alle Politiche Sociali e la Provincia de L’Aquila, in collaborazione con l’Istituto Cinematografico Lanterna Magica, ha realizzato quattro proiezioni dedicate alle scuole, inerenti i diritti, più o meno violati, di infanzia ed adolescenza. Quattro grandi film per parlare di temi scottanti ed attuali, con l’introduzione di neuropsichiatri e psicologi da sempre in prima linea sul tema. Si inizia il 15 dicembre al Movieplex de l’Aquila, con il dott. Sabatino Papola che commenta il film di Polansky “Oliver Twist”, secondo romanzo pubblicato da Dickens e film-evento del 2005, in cui il grande regista polacco, che si ritrovò solo e senza genitori nella Parigi della seconda guerra mondiale, mette molto delle sue più intime e profonde emozioni. Si prosegue il 16, al cinema Pacifico di Sulmona, con “Gli anni in tasca”, pellicola del 1976 di quell’acuto osservatore della’infanzia che è stato François Truffaut, film ambientato in  un piccolo paese della Francia, prevalentemente all’interno di un istituto scolastico, impregnato di ricordi personali del regista, che vi narra il rapporto con la scuola, il ruolo del cinema nella socializzazione e nell’iniziazione sentimentale dei preadolescenti, il rapporto con gli adulti, distanti e distratti dalle loro preoccupazioni quotidiane, le manie e i luoghi comuni di un piccolo paese. La pellicola, conservata dalla cineteca della’Istituto Lanterna Magica, è stata completamente restaurata e digitalizzata grazie alla elevata professionalità messe in campo dalla stessa istituzione e consente di riflettere (con il contributo dei dottori Salvatore Russo, Rosaria Caparso e Rosa Elia), i compiti d’integrazione sociale della scuola, sui diritti dell’infanzia, di cui fornisce un ritratto gustoso e asciutto, Nel film, vero e rarissimo capolavoro,  nel film Truffaut mostra i segni di un rapporto sempre più dissociato tra giovani e adulti, che non lascia speranze di reciproca comprensione.  Dove la famiglia fallisce, però, l’uomo è in grado di trovare altrove il nutrimento sentimentale che gli necessita nella sua esistenza, questo il messaggio di speranza ancora vivo nel film. Nella prima scena del film la macchina da presa, inquadra dal fondo della classe verso destra le file dei banchi da cui compare la rivista con la ragazza in copertina e poi segue la pin-up fino al primo piano del banco di Antoine, dove le sue mani le disegnano, come abbiamo visto, dei baffi sul volto. A questo gesto fa seguito, due sequenze dopo, una scena che chiaramente rappresenta la nostalgia dell’affetto della madre e nello stesso tempo il ritorno ad una tranquillizzante identificazione con lei come risposta infantile all’angoscia che accompagna il progressivo orientamento verso i rapporti extrafamiliari. Truffaut inquadra Antoine di spalle seduto alla “toletta” della madre, il punto di vista spostato verso destra ci permette di osservarlo contemporaneamente riflesso in due specchi, uno di fronte a lui e un altro di lato mentre con gli oggetti del trucco prima si spazzola i capelli poi annusa il profumo e quindi si diverte ad imitare la madre utilizzando il suo piegaciglia.  Finito di giocare con i belletti della madre Antoine sposta il piatto appena disposto sulla tavola per completare i compiti ricevuti come punizione per la pin-up e la poesia sul muro ma è interrotto dall’arrivo del genitore fuori campo mentre noi vediamo il primo piano del ragazzo. Uno stacco insolitamente brusco introduce la figura della madre che nel corridoio si toglie il cappotto per poi scomparire in cucina mentre la mdp ritorna sul primo piano di Antoine in sala da pranzo che sorpreso subisce il rimprovero per aver dimenticato di comprare la farina come lei gli aveva raccomandato. Un altro movimento di macchina verso destra ci mostra, piuttosto generosamente, le gambe della madre che ora seduta in corridoio si toglie le calze da sotto la gonna ignorando Antoine che le passa di fronte attraversando il campo. Questa parte del corpo femminile è il centro del potere di seduzione e di conseguenza del turbamento che ne deriva nella ancora non chiaramente orientata sessualità del preadolescente. Luned’ì 19 sarà la volta, all’Auditorium di Avezzano, di “Io speriamo che me la cavo”, film del 1992, diretto da  Lina Wertmuller e tratto dall’omonimo romanzo di Marcello D’Orta. A commentarlo il dott. Angelo Callese, che certamente si eserciterà sul tema del rapporto da docenti e discenti, capace di superare molte difficoltà contingenti e molte carenze strutturali. Film ingiustamente considerato minore,  è un piccolo gioiello in cui la Wertmüller mette la sordina al suo linguaggio eccitato e motorizzato, anche se ogni tanto le scappa qualche acuto dissonante, soprattutto nella colonna sonora affardellata. In chiusura, il 20 dicembre, a Cinema teatro Italia di Castel Di Sangro, “Billy Elliot”, film del 2000, scritto da Lee Hall e diretto da Stephen Daldry, con al centro un ragazzino di 11 anni che sogna di diventare ballerino. Anche se l’orientamento sessuale del protagonista non viene mai esplicitato nel film, la pellicola è una sensibile riflessione sulla propria sessualità e vocazione, come avranno modo di illustrare le dott.sse Anna Amici e Rosa Elia. Davvero attenta la scelta operata dalla Provincia e dalla Lanterna Magica, che hanno selezionato, per la rassegna, non film per bambini e ragazzini, ma film che affrontano le tematiche e le problematiche di  adolescenti e bambini. Non ha caso è stato un grande regista, presente a questa rassegna, a dare di infanzia ed adolescenza la descrizione più convincente e miliore. Ha infatti scritto Francois Truffaut :“L’adolescenza porta con sé la scoperta dell’ingiustizia, il desideri dell’indipendenza, lo svezzamento           affettivo, le prime curiosità sessuali. Dunque è l’età critica per eccellenza, l’età dei primi conflitti tra la morale assoluta e la morale relativa degli adulti, tra la purezza di cuore e l’impurità della vita. Infine è, dal punto di vista di qualsiasi artista, l’età più interessante da mettere in luce”. L’ esperienza formativa come percorso di crescita e consapevolezza personale (e professionale) ha bisogno di strumenti incisivi, che permettano riflessioni profonde per avviare un processo di cambiamento. Provenendo dal teatro e avendo inserito nei miei percorsi alcuni elementi della formazione attoriale, penso che sia naturale pensare alla valenza catartica e riflessiva del cinema, alla possibilità che offre di “osservare” i comportamenti, le conseguenze di azioni e parole, di immedesimarsi e, allo stesso tempo, di poter avere una distanza emotiva che permette l’analisi e la sistematizzazione dell’esperienza. Del resto anche Bettelheim ne “Il mondo incantato”, sottolineava quanto il racconto sia utile per nutrire l’immaginario del bambino e come sia utile per far fronte ai conflitti come strumento di crescita. A questo proposito Stern ha elaborato il concetto di “competenza narrativa” che si evolve durante l’infanzia e costituisce il fondamento del Sé. Il cinema nella sua funzione di sogno e mito collettivo è lo specchio delle rappresentazioni sociali di una società e di una cultura e in quanto tale risente del contesto socioculturale specifico di ogni epoca. E questa splendida rassegna, è stata pensate per dimostrare, una volta ancora, che attraverso la grande forza evocativa delle immagini in movimento, la potenza della narrazione filmica, il Cinema si propone come straordinario strumento di conoscenza e di auto-conoscenza, di crescita personale, e infine anche come cammino di evoluzione umana ed esistenziale, ad ogni età, ma soprattutto nelle prime, cruciali fasi della vita. Diffusa sull’intera area e sviluppata con chiari intenti didattici, la rassegna, può essere utilizzata con successo da insegnanti, docenti, educatori, per proporre tematiche successive, suggerire soluzioni facendo riferimento agli esempi narrati nel film, stimolare la discussione su argomenti relativi all’età evolutiva o alle problematiche adolescenziali e giovanili o alle dinamiche dell’adultità.

Carlo Di Stanislao

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