Diritto al sussidio di disoccupazione, alla formazione professionale e alla pensione una volta rientrati nel Paese d’origine: la nuova direttiva del Parlamento Europeo, approvata martedì 12 dicembre, garantisce agli immigrati extracomunitari pari diritti dei cittadini dell’Ue. E introduce il permesso unico di soggiorno lavoro e residenza, in modo tale da semplificare le procedure amministrative. In particolare, la direttiva obbliga i Paesi dell’Unione europea a rispondere a una richiesta per un permesso unico entro 4 mesi. Gli Stati hanno due anni di tempo per adeguarsi a quanto deciso del Parlamento europeo.
Durante il dibattito in Parlamento, la relatrice Véronique Mathieu (Ppe) ha affermato che “l’uguaglianza di trattamento è il centro di questa direttiva”. In via generale, ai lavoratori extracomunitari va garantito lo stesso accesso alla sicurezza sociale dei lavoratori europei, tra cui gli alloggi sociali, la formazione professionale, condizioni di lavoro decenti e diritto alla rappresentanza sindacale. Tuttavia i governi nazionali potranno restringere l’accesso ai sostegni familiari e di disoccupazione ai lavoratori in possesso di un permesso valido per meno di sei mesi. Si potrà rifiutare la concessione del sussidio di disoccupazione alle persone che sono state ammesse nel paese per motivi di studio. I governi nazionali avranno inoltre la possibilità di restringere il diritto all’alloggio sociale per i cittadini extracomunitari che hanno un contratto di lavoro in corso.
Inoltre, i lavoratori extracomunitari avranno il diritto di ricevere la pensione una volta rientrati nel proprio paese alle stesse condizioni e tassi dei cittadini dello Stato membro di residenza. La direttiva prevede l’accesso alla formazione professionale e all’istruzione per i cittadini extracomunitari che hanno un lavoro o sono registrati come disoccupati. Durante i negoziati, i deputati hanno respinto la richiesta dei governi nazionali di limitare tale diritto ai soli lavoratori stranieri con un contratto di lavoro. Tuttavia, gli Stati membri potranno imporre condizioni all’accesso alla formazione universitaria e professionale non direttamente collegata all’occupazione, come la conoscenza della lingua nazionale.
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