Da una ricerca della Fillea Cgil emerge che un’industria in crisi si regge sullo sfruttamento dei lavoratori stranieri. Il numero degli immigrati nel settore edile è molto alto, pari a 49mila unità e continua ad aumentare nonostante la crisi, ma la crescita è segnata da un forte aumento della componente irregolare: falsi part-time, lavoro nero e forme di lavoro autonomo sospette. Gli stranieri sono maggiormente vittime della dequalificazione professionale e degli infortuni, inoltre hanno paghe più basse. Sono le conclusioni del sesto rapporto Ires- Fillea Cgil sui lavoratori stranieri nelle costruzioni, riferito ai dati Istat del 2010.
I lavoratori stranieri costituiscono il 18% della manodopera totale occupata nei cantieri (22% dei dipendenti). Il settore edile si conferma così quello in cui c’è in assoluta la percentuale più alta di forza lavoro immigrata. Nel 2010, nonostante la crisi, la crescita in valore assoluto è stata di 62mila unità rispetto al 2009, di cui 52mila dipendenti. Ma è una crescita “malata”, sottlinea il sindacato. L’irregolarità, il lavoro nero è stimato in crescita del 50% in un solo anno.I part time sono aumentati del 162% tra il 2009 e il 2010. I migranti hanno salari inferiori fino al 22%, per il 60% sono inquadrati al livello più basso contro il 31% dei colleghi italiani. Crescono anche gli infortuni ed i morti sul lavoro, assegnando al settore il triste primato di “settore killer” per i lavoratori immigrati.
Senza gli immigrati, nel 2010 si sarebbero costruite 30mila case in meno, cioè il 30% del patrimonio edificato, ma sono loro i più colpiti dai fenomeni devianti che inquinano l’edilizia. Rumeni, albanes e marocchini rappresentano il 64% degli stranieri iscritti alle casse edili. Mentre i lavoratori di origine marocchina e albanese sono concentrati al Nord, i rumeni sono più distribuiti fra il centro Italia e il settentrione. Nel settore edile nel corso dell’ultimo anno è aumentato del 4,7% il numero di imprenditori stranieri contro una variazione negativa dello 0,7% tra gli italiani. Il settore è quello in cui c’è anche maggiore imprenditorialità immigrata. Infatti, il 22,2% delle imprese con un titolare straniero è nelle costruzioni, con le imprenditrici a quota 6,6%. A favorire la crescita sono il sistema del subappalto e il meccanismo del vacancy chain, la concentrazione di ditte di immigrati in settori poco redditizi. Ma soprattutto, spesso il lavoratore è costretto ad aprire partita Iva per stare nei cantieri e a lavorare da falso autonomo, svolgendo in realtà mansioni di subordinazione al datore di lavoro.
Nel 2010 gli infortuni ai danni di lavoratori stranieri sono stati 120.135 con un incremento dello 0,8% , in controtendenza con la diminuzione nazionale dell’1,9%. Il tasso infortunistico degli stranieri è di 43,1 ogni 1000 addetti del settore, contro 34,3 degli italiani.
“Ti metto in regola come dipendente ma i contributi te li paghi tu”. E’ questo il ricatto nei confronti di molti lavoratori stranieri nei cantieri, secondo Ermira Behri segretario provinciale della Fillea Perugia. “L’altra emergenza è la sicurezza nei luoghi di lavoro – continua – perché in edilizia abbiamo il più alto numero di infortuni mortali e le vittime sono per la maggiorparte stranieri, l’Umbria è la prima per infortuni mortali, solo negli ultimi due mesi ci sono stati sei morti bianche nella regione”.
Nel triennio della crisi, 2008 – 2010, i lavoratori stranieri in edilizia sono aumentati del 21%, mentre gli italiani sono usciti dal mercato con una variazione negativa di un meno 6%. Il sesto rapporto di Fillea Cgil sui lavoratori stranieri nel settore delle costruzioni, presentato oggi dagli edili a Roma, spiega questa trasformazione del lavoro nei cantieri durante la crisi. Una parte importante dei lavoratori italiani usciti dal lavoro regolare è entrata nel sommerso o nella zona grigia del falso lavoro autonomo. “ Gli stranieri sono costretti ad accettare condizioni che gli italiani non accettano a causa della mancanza dei diritti di cittadinanza, costrizione indotta da una legge folle e sbagliata come la Bossi- Fini”, commenta Walter Schiavella, segretario generale Fillea Cgil. “Assistiamo alla crescita dei lavoratori migranti in termini assoluti – spiega – il dato è positivo ma è figlio del fatto che quei lavoratori hanno molto più facilmente accettato condizioni imposte dal mercato perché costretti dalla Bossi Fini. Esiste una debolezza oggettiva determinata dalla mancanza di diritti di cittadinanza che fa di quei lavoratori i più esposti alla crisi”.
Il ricatto del permesso di soggiorno rende i lavoratori migranti nei cantieri edili una delle categorie più colpite dalla crisi. “Il salario medio si riduce ulteriormente rispetto ai lavoratori italiani, il sottoinquadramento è un fenomeno ancor più vasto fra i lavoratori migranti – afferma Schiavella – Questi dati dimostrano che l’assenza di un quadro normativo generale sulla cittadinanza, rende quei lavoratori più esposti di altri, più vittime di altri del ricatto. Il lavoratore straniero irregolare, che lavora in nero perché è senza permesso di soggiorno non ha possibilità di esercitare vertenza perché si espone a una denuncia, cioè finisce espulso, finisce recluso in un Centro di identificazione e di espulsione”.
Per questo, il segretario Fillea rilancia le ultime proposte della Cgil. “Per sottrarre dalle grinfie dei caporali questi lavoratori diciamo no all’espulsione quando denunciano chi li sfrutta e si devono punire le imprese che utilizzano il lavoro intermediato illegalmente”. Schiavella cita la manovra del governo Monti. “Se il problema è l’equità e il rigore- dichiara – il contrasto all’illegalità e all’irregolarità del lavoro non sono stati inseriti. Oggi abbiamo un sistema malato, dove in pericolo sono le imprese sane e strutturate, circondate e cannibalizzate dall’impresa irregolare o illegale”.
Secondo Schiavella “è in questo scenario che dobbiamo collocare la vita dei lavoratori stranieri dell’ediliziaquasi 350mila regolari a cui si aggiungono gli oltre 400mila fantasmi, completamente irregolari o sotto caporali “i più ricattati a causa di una legge razzista, la Bossi Fini, che impedisce a
questi lavoratori di chiedere aiuto alle istituzioni italiane per uscire dallo stato di sfruttamento e schiavitù in cui sono costretti.” La Fillea propone di rafforzare le norme contro il caporalato e contro l’evasione, regolamentando il sistema degli appalti, intorducendo il Durc per congruità e la qualificazione delle imprese. “Fillea uno dei sindacati più multietnici della Cgil, intendiamo rafforzare questa nostra caratteristica – conclude il segretario – cresce il numero di lavoratori migranti iscritti”. La percentuale degli iscritti alla Fillea sul totale degli occupati del settore è del 24,8% tra gli stranieri e del 22,8% tra gli italiani.
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