Vendere senza svendite e razionalizzare

Lo spread fra Bund e Btp a 10 anni ha aperto a quota 505,79, in lieve ribasso rispetto alla chiusura di ieri a 507,66 punti, per poi ripiegare sotto quota 500 e toccare un minimo di 486 punti, con il rendimento del BTp decennale che scende al 6,8%, dal 7% della partenza. Oggi il Tesoro […]

Lo spread fra Bund e Btp a 10 anni ha aperto a quota 505,79, in lieve ribasso rispetto alla chiusura di ieri a 507,66 punti, per poi ripiegare sotto quota 500 e toccare un minimo di 486 punti, con il rendimento del BTp decennale che scende al 6,8%, dal 7% della partenza. Oggi il Tesoro mette sul mercato 20 miliardi di titoli, con il primo appuntamento, da nove miliardi, in tarda mattinata, mentre domani ci sarà la “carta” italiana a medio e lungo termine. Intanto Mario Monti, riprendendo uno spinoso tema già abbozzato da Tremonti, sta studiando come abbattere di 100-150 miliardi il debito del Tesoro, valorizzando il meglio del patrimonio pubblico. Sono stati ascoltati gli sherpa di Mediobanca, Deutsche Bank e Bnp Paribas, incontri che richiamano quelli di venti anni fa tra l’allora ministro del Tesoro, Piero Barucci e il banchiere Enrico Cucci, a per studiare la fusione Eni-Iri o alle presentazioni ufficiali delle privatizzazioni, come quella avvenuta nel 1992 sul panfilo reale Britannia. Il fatto è, scrive il Corriere sulla pagina economica, che dal seminario del 5 ottobre gli ottimisti avevano estratto stime del patrimonio pubblico pari a 1.800 miliardi, stime che ora si rivelano del tutto fuori dalla realtà commerciale. Da allora sino all’inizio di dicembre, il Paese si era cullata nella falsa illusione di domare il proprio enorme debito pubblico tornando agli anni 90, quando il bilancio statale chiudeva con un avanzo di qualche punto percentuale prima degli interessi sul debito e il Tesoro privatizzava società e partecipazioni in quantità senza precedenti in Occidente. Ora Monti deve fare i conti con la dura realtà e con i soldi veri e non ipotetici. Sin’ora, con lui, l’Italia ha avuto rigore e non crescita ed è urgente fare quelle riforme che ci portino fuori dalle secche recessive che stiamo vivendo. La Bce a prestato quasi mezzo trilione di euro all’1% alle banche, scontandone gli attivi ed ora ci si attende che tali denari vadano alle imprese per contrastare la recessione. Tornando al patrimonio immobiliare, occorre in primo luogo occorrerà r convincere gli enti locali a conferire case ed ex municipalizzate e, ancor più, per avere il consenso dell’Unione Europea, a far uscire i nuovi debiti dal perimetro del debito pubblico. C’è poi la questione di Mediobanca che pretende la costituzione di una società, anche pubblica, alla quale Tesoro ed enti locali dovrebbero cedere partecipazioni e immobili appetibili per 100 miliardi. Questa società pagherebbe emettendo obbligazioni a un tasso assai più basso dei Btp perché garantite non solo dallo Stato ma anche dagli attivi. Invece Deutsche Bank (e questo piace molto ai tecnici ministeriali) suggerisce di importare dagli Usa il modello dei Real estate investment trust: grandi fondi immobiliari con benefici fiscali ai sottoscrittori, con partecipazione dei cittadini. Comunque sia il passo va fatto ma senza imprudenze o svendite sotto costo, per portare l’Italia ad emanciparsi, in tutto o in part,e dai colossali e pericolosi rinnovi di titoli di Stato, nel biennio di ferro 2012-13. Molto atteso il Consiglio dei Ministri di oggi, da cui dovrebbero uscire indicazioni più chiare sulla cosiddetta fase due: investimenti, infrastrutture e lavoro. E siccome di soldi ve ne sono pochi, occorrerà avere molte idee ed anche molto buone. Sin’ora Monti, anche se con grande stile, ha operato tagli che tutti sarebbero stati in grado di fare. E’ adesso che si misuerà davvero la sua statura di timoniere di una grande nave in pericolo naufragio. Il rischio è, dice malignamente Il Giornale, è che anche l’attesissima fase seconda, incominci con tasse, aumenti e qualche tensione nel governo: ad esempio un provvedimento che porterà a un rincaro delle tariffe autostradali. Nel governo c’è la consapevolezza che il tempo a disposizione non è molto e l’agenda è davvero molto fitta, con vari punti sul tappeto e tutti da discutere e sbrogliare con saggezza ed in breve tempo. Riordino del sistema fiscale e intensificazione della lotta all’evasione, avvio della revisione della spesa pubblica, riordino del mercato del lavoro, riduzione del cuneo fiscale, liberalizzazioni, infrastrutture. Di questo oggi e nei prossimi giorni si dovrà discutere e prendere decisioni, nette ed assolutamente innovative. A parte la riforma fiscale e la lotta alla evasione, temi cruciali saranno il lavoro e le infrastrutture. Per il primo, l’intenzione è discutere i vari passaggi con le parti sociali, con messa, almeno momentaneamente, in secondo piano l’articolo 18 e focus è su ammortizzatori sociali e flessibilità. In parallelo il governo conta di procedere all’alleggerimento del cuneo fiscale, a beneficio dei lavoratori dipendenti, anche se le stime trapelate da Confindustria ci dicono che, già nei primi mesi del prossimo anno, si rischia di bruciare altri 200.00 posti. Quanto alle infrastrutture, poi, servirà una scelta delle opere su cui puntare, privilegiando quelle più immediatamente fattibili e dunque in grado di generare lavoro. C’è infine il nodo della spesa, tema non più rinviabile secondo molti cittadini che stanno facendo sacrifici e non vedono analogie nella politica, sempre pronta, anche in caso di crisi, a garantirsi e difendere se stessa. Pare che presto il Parlamento riceverà (ma la cosa si trascina da novembre, con continui rinvii) un programma di spending review, mentre, per ora, l’indirizzo è quello di razionalizzare i vari ambiti statali in cui sono presenti inefficienze e doppioni ed anche passare al setaccio le circa 25 mila autorizzazioni di spesa presenti nel bilancio pubblico, molte delle quali concepite in momenti storici diversi, con finalità ormai almeno in parte superate. Ieri, Marco Annunziata, dalla fine del 2010, a soli 45 anni di età, Capo Economista del Gruppo General Electric, terza azienda al mondo per fatturato, ha detto agli imprenditori e dirigenti del cesenate, nell’incontro promosso dall’IDE, associazione che riunisce gli Imprenditori e Dirigenti Europei, che l’Italia “ce la può fare” ed anzi dovrebbe “uscire dalla crisi entro il 2012”. Secondo Annunziata, infatti, il patrimonio delle famiglie in Italia è saldo e questo pone la Nazione in una posizione diversa da quella di tutte le altre: Germania e Francia Comprese. Il problema italiano è, secondo l’economista, la mancanza di crescita ed il ritardo infrastrutturale e su questi temi occorrono scelte immediate, coraggiose e razionali.

Carlo Di Stanislao

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